Diverse sedi
Spilimbergo (PN)

Spilimbergo Fotografia 2010
dal 23/7/2010 al 2/10/2010
0427 91453
WEB
Segnalato da

Craf Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia




 
calendario eventi  :: 




23/7/2010

Spilimbergo Fotografia 2010

Diverse sedi, Spilimbergo (PN)

Il tradizionale evento curato dal Craf (Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia) per quest'anno presenta un fitto programma di incontri, premiazioni, workshop e una mostra mercato. Cinque le esposizioni organizzate che inaugurano nel corso dell'estate a Silimbergo e in cittadine vicine: 'Elio Luxardo. La Potenza del corpo umano', 'Henry Fox Talbot. De luce primigenia', 'La Donna in Fotografia in Friuli, 1950 - 2010', 'Luigi Crocenzi. Le borgate romane' e 'Silvio Maria Bujatti e i Maestri del Paesaggio Friulano'.


comunicato stampa

Se Spilimbergo Fotografia è il fulcro dell'attività espositiva del CRAF, grazie alla Galleria John Phillips e Annamaria Borletti - spazio espositivo stabile collocato nella sede di Lestans - e alla collaborazione con altri Enti Nazionale e Internazionali sono state realizzate oltre 100 mostre e prodotti oltre 70 libri di fotografia. A partire dai materiali fotografici relativi al Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia, si sono potute vedere le fotografie di John Phillips, Stephen Shore, e molti altri, oppure le collezioni di Charles-Henri Favrod o di Italo Zannier. Le mostre, pensate e realizzate dal CRAF o in collaborazione con altri Enti, si sono succedute trovando a volte accoglienza nell'archivio del Centro a volte riprendendo il loro cammino.

La mostra Sguardi sull’Africa (1º luglio / 31 ottobre, Chiesa di S. Lorenzo, San Vito al Tagliamento), realizzata in collaborazione con prestigiosi Musei italiani ed europei, e di seguito l’esposizione open air delle opere premiate al concorso Photo for Peace-Photo for Tolerance (15 luglio-15 settembre, Viale Venezia, Lignano Sabbiadoro), apriranno la rassegna Spilimbergo Fotografia 2010, alla sua XXIV edizione.

Il 24 luglio avrà luogo la cerimonia (Palazzo tadea, Spilimbergo, ore 19.00) di consegna dell’International Award of Photography alla fotografa etiope Aïda Muluneh, del Premio Friuli Venezia Giulia Fotografia a George Tatge e, per un Autore regionale, a Massimo Crivellari, del Premio Amici del CRAF a Nevio Martinuzzi e Gianpaolo Pauletto, nonché l’inaugurazione della mostra Elio Luxardo e la potenza del corpo umano (24 luglio-3 ottobre, Corte Europa, Spilimbergo) dall’Archivio della 3M Italia. Domenica 25 luglio si apriranno La donna in fotografia in Friuli, 1950-2010 (25 luglio-3 ottobre,Villa Ciani, Lestans),Silvio Maria Bujatti e i Maestri del paesaggio friulano (25 luglio-29 agosto, Museo dell’Arte Fabbrile e Coltellerie, Maniago),1947: Luigi Crocenzi, le borgate romane (31 luglio-5 settembre, Sala polifunzionale Il caseificio, Spilimbergo), Henry Fox Talbot-De Luce primigenia (13 agosto-3 ottobre, Villa Sulis, Castelnovo del Friuli).

Sono previsti inoltre incontri serali con Aida Muluneh (Teatro Arrigoni, San Vito al Tagliamento, 22 luglio, ore 21.00) George Tatge (Villa Ciani, Lestans, 23 luglio, ore 21.00), Giuliano Borghesan (Villa Ciani, Lestans, 26 luglio, ore 21.00) e Walter Liva (Villa Ciani, Lestans, 27 e 29 luglio, ore 21.00), due Workshop su Il Paesaggio in fotografia tra storia e ricerca contemporanea (docenti: Fabio Amodeo e George Tatge 19-23 luglio, /Cesare Genuzio e Massimo Crivellari 26-31 luglio) e la tradizionale Mostra Mercato degli apparecchi fotografici e del libro di fotografia (24-25 luglio, Palestra di Via Mazzini, Spilimbergo).

Appendici del già nutrito programma della rassegna, le mostre Americhe - fotografie di Francesco Nonino (19 giugno-18 luglio, Frisanco / 23-30 luglio, Maniago), Il Neorealismo in fotografia, 1945-1965 veicolata in Canada e Stati Uniti (luglio, Columbus Centre di Toronto /New York Film Academy, 4-23 agosto), infine, in settembre, Il Paesaggio Italiano in Fotografia, 1950-2000 (Sale espositive della Provincia di Pordenone).

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Elio Luxardo e la Potenza del corpo umano
Spilimbergo, Corte Europa
24 luglio – 3 ottobre

Considerato il fotografo delle dive, Elio Luxardo (1908 – 1969), nella sua carriera si dilettò a costruire immagini “perfette”: niente paesaggi, situazioni, denunce, solo corpi e volti, famosi o sconosciuti, dove ciò che più contava era l'armonia, nella piena celebrazione dell’ estetica. Cultore del cinema ed atleta, rivolse la sua attenzione al corpo umano e al dettaglio, alla composizione dell'immagine e alla definizione della luce. Attivo già dal 1932, si trasferì a Roma e nel corso degli anni, nel suo atelier, passarono sia dive affermate che giovani attrici, affascinate dal suo modo utilizzare sapientemente le luci. Nel 1944 Luxardo lavorò a Milano come ritrattista, influenzato dai fotografi di Hollywood. Primogenito di quattro fratelli aveva vissuto, in gioventù, una vita nomade e avventurosa. Il padre Alfredo, fotografo pisano emigrato in Brasile in cerca di fortuna, si era specializzato nella riproduzione e nel ritocco delle immagini dei defunti da collocare sulle steli funerarie. Elio, grande appassionato di sport, aveva cominciato da adolescente a farsi notare in campo agonistico, nei diecimila metri e nella maratona, conseguendo ottimi risultati e soprattutto avviandosi verso una brillante carriera di operatore cinefotografico e documentarista sportivo.

Nel 1930, dopo il congedo militare la famiglia decise di rimpatriare stabilendosi a Roma, dove Alfredo aprì un laboratorio fotografico a poca distanza dallo studio del famoso fotografo di Casa Reale, Sem Bosch, ed Elio si iscrisse al Centro sperimentale di cinematografia facendosi notare per il suo talento. Già nel dicembre 1932 fu segnalato infatti, fra trecento partecipanti italiani e stranieri., alla Prima Biennale Internazionale di Arte Fotografica. Aprì un suo atelier: primi clienti furono le coppie delle sale da ballo e giovani sposi che, con l’acquisto di una camera matrimoniale alla Rinascente, ricevevano in omaggio una foto nello studio Luxardo. Frequentatore dell’ambiente borghese e aristocratico della capitale, amico di molti giovani aspiranti attori e registi destinati a diventare di lì a poco protagonisti del cinema italiano, iniziò a collaborare con servizi di moda e di cinema per le riviste più prestigiose. Sfilarono davanti al suo obiettivo gli accademici d’Italia, Filippo Tommaso Marinetti e Luigi Pirandello, fresco di Nobel, le grandi dive del momento e l’ allora campione del mondo di boxe Primo Carnera. Nelle sue fotografie riuscì a conferire ai suoi soggetti un’aura esclusiva, unica: il segreto stava nell’uso sapiente e sofisticato della tecnica fotografica in studio, con uno sfondo scuro e decisi tagli di luce, che scolpivano i volti e conferivano alle sue immagini uno stile inimitabile. Nei primi anni della sua attività Elio Luxardo utilizzò ancora una macchina fotografica a cassetta in legno, di produzione artigianale, con lastre di vetro a châssis 18x24 (solo nel dopoguerra la sostituì con una Rolleiflex da cavalletto con pellicola a châssis dello stesso formato). Le fotografie venivano stampate con la tecnica ai sali d’argento, su tipi diversi di carta o cartoncino matt, semi-matt e mille punti, mentre la carta lucida veniva usata quasi esclusivamente per le fotografie destinate alla riproduzione tipografica, su riviste e giornali patinati. I ritocchi, le velature, i contrasti venivano realizzati a mina direttamente sul negativo, dove prima era steso un velo di trementina e gomma lacca.

Ma era nella preparazione del soggetto, nella sua ambientazione luministica, che Luxardo poneva le basi per la realizzazione dei suoi capolavori, trasformando lo sfumato pittorico e celebrativo del ritratto fotografico tradizionale in un rilievo scultoreo a tutto tondo. Uno spot proiettato alle spalle lasciava il soggetto in controluce e lo faceva emergere in primo piano; altre lampade lo illuminavano di fronte, creando un effetto plastico e seducente, misterioso e iconico, tipico del cinema internazionale di quegli anni. A fianco delle più mature dive del cinema muto, apparirono, giovanissimi, i lineamenti di Valentina Cortese, di Clara Calamai, di Alida Valli e di altre adolescenti, dai nomi più o meno noti, ognuna trasfigurata in un alone idealizzante. Negli anni ’30 nacquero i nudi, ricerca assolutamente privata, che sperimentò con passione. A differenza del ritratto, dove con il massimo dell’artificio (il trucco, l’illuminazione, il ritocco in fase di stampa) idealizzava la figura fino a trasformala in icona, attraverso il nudo, vedeva nel corpo umano lo strumento migliore per cogliere l’azione scultorea della luce. Corpi lucidi come macchine da guerra ripresi in pose plastiche, esaltati da luci e chiaroscuri. Muscolature enfatizzate dall'occhio fotografico che fissa particolari anatomici a svelarne l'intrinseca bellezza e decretarne l'immortalità: questa serie viene ampiamente presentata nell’esposizione, accanto ai ritratti degli Accademici d’Italia (Luigi Pirandello, Pietro Mascagni, Guglielmo Marconi…) e a dive quali Clara Calamai, Luisa Ferida, Clara Petacci. Mariella Lotti. Luxardo fu grande amico di Rinaldo Geleng, allora diciassettenne, con una carriera di pittore tutta da costruire, e di Federico Fellini. Quando, il 4 giugno 1944 le truppe angloamericane entrarono a Roma, si trasferì a Milano e si arruolò con il grado di tenente nella Xa MAS, in servizio presso la Sezione Fotocinematografica, mentre lo studio di Roma, rimasto nelle mani della famiglia, grazie alla fama raggiunta realizzò cospicui guadagni con le truppe americane.

Con i profitti di Roma, Luxardo aprì un nuovo studio a Milano. Apparvero nelle sue foto, in uno stile più soft e sfumato, i volti nuovi di Gina Lollobrigida, Eleonora Rossi Drago, Vittorio Gassman, Giorgio Albertazzi, Claudia Cardinale. La prima rivista italiana dedicata alla fotografia, Ferrania, nel 1953 lo incaricò di realizzare un espositore pubblicitario capace di accattivare l’attenzione del pubblico verso i prodotti fotografici dell’azienda: nasceva così la donnina Ferrania, sexy e ammiccante, sul modello delle pin-up americane. La mostra dedicata a Luxardo, il cui archivio è conservato alla 3M Italia, che si è resa disponibile al prestito delle opere, vedrà per l’occasione pubblicato un catalogo a cura di Fabio Amodeo.

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Henry Fox Talbot. De luce primigenia
Castelnovo del Friuli, Villa Sulis
13 agosto – 3 ottobre

Il CRAF conserva nei suoi archivi una preziosa collezione di 50 calotipi realizzati dallo Science Museum di Bradford dai calotipi originali di Fox Talbot prodotti in occasione del 150° anniversario dell’invenzione della fotografia. I primi esperimenti di William Fox Henry Talbot (Melbury, Dorset, 11 febbraio 1800 – Lacock Abbey, Wiltshire, 17 settembre 1877) nel campo della riproduzione di immagini furono portati a termine nella primavera del 1834 a Lacock Abbey. Coprì dei fogli di carta da scrivere con una soluzione di sale comune e nitrato d'argento, rendendoli sensibili alla luce. Fu sufficiente posare una foglia sulla carta ed esporla alla luce per rendere scure le zone non protette dalla luce. Ottenne così un negativo della foglia. Chiamò questa tecnica shadowgraph, sciadografia. A Ginevra Talbot scoprì che l'immagine poteva essere stabilizzata (quindi non più ricettiva alla luce) lavando il foglio con dello iodato di potassio oppure con una forte concentrazione di sale. Questa procedura fu chiamata fissaggio, termine proposto da Herschel.

L’unione delle sue ricerche sulla luce gli fruttarono l'invenzione che lo rese famoso, la Calotipia detta anche Talbotipia, dal suo nome. Si tratta di un procedimento fotografico che permetteva la riproduzione delle immagini con il metodo negativo / positivo. Fu presentata alla Royal Society sette mesi dopo quella di Louis Daguerre, il dagherrotipo. Questo ritardo assieme alla laboriosità del procedimento rispetto a quello presentato da Da guerre, svalutò la calotipia. Per le sue scoperte nel campo della fotografia ricevette nel 1842 la medaglia Rumford dalla Royal Society. Nel 1844 pubblicò il volume The Pencil of nature, contenente 24 calotipi. In seguito però la calotipia guadagnò credito perché utilizzata per l'illustrazione a stampa: il negativo era inciso su lastre di rame e l'immagine riprodotta su una rotativa.

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La Donna in Fotografia in Friuli, 1950 – 2010
Villa Ciani, Lestans
24 luglio – 3 ottobre

La mostra presenta immagini tratte dall’archivio fotografico del CRAF, realizzate da autori di chiara fama e rappresentative del profondo cambiamento della donna in quasi settant’anni di storia del Friuli Venezia Giulia, con particolare attenzione alla sottile linea di confine tra vita pubblica e privata strettamente legata alla contemporaneità. Trovano rappresentazione non soltanto la vita privata, o il costume, che limiterebbero le donne alla sfera domestica, ma anche momenti di maggiore protagonismo politico, in cui esse hanno conquistato visibilità pubblica, donne eccezionali, che spesso hanno anticipato, in solitudine e a caro prezzo, comportamenti con il tempo assimilati dalla consuetudine. Nel loro cambiamento, le donne, hanno trasformato la società e i rapporti tra i sessi. Raccontare di storia delle donne significa metterle al centro del nostro immaginario obiettivo fotografico, senza dimenticare però che vivono e si muovono all'interno di reti di relazioni in cui uomini e donne interagiscono reciprocamente. Le donne hanno popolato sin dall'inizio la fotografia. In modo particolare, prima dell'avvento di altri media, come il cinema e la televisione, la fotografia ha svolto un ruolo fondamentale nella costruzione di modelli e stereotipi, rivelandosi uno strumento indispensabile per cogliere i mutamenti della rappresentazione del femminile.

Il documento fotografico tende a cristallizzare nella rappresentazione una precisa identità sociale o un mondo di relazioni dove i ruoli sessuali sono rigorosamente definiti, ma ci invita anche a porre un'ulteriore domanda: oltre alla rappresentazione che la foto mette in scena, è rintracciabile una autorappresentazione delle donne ritratte, una loro interpretazione del ruolo assegnatogli? La prima parte della mostra presenta immagini del mondo contadino friulano, nel quale le donne angeli del focolare, partecipavano attivamente al duro lavoro nei campi oltre che alla cura e all’educazione dei figli. Grande testimonianza degli anni ’50, contestualmente all’apparire di un nuovo modello di sviluppo incentrato sulla fabbrica e la produzione di beni di consumo (frigorifero, televisione, lavatrice…e l’automobile), è stata realizzata dal Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia (Gianni e Giuliano Borghesan, Italo Zannier, Aldo Beltrame, Toni del Tin, Carlo Bevilacqua, Italo Michieli). Degli anni ’60, accanto alla crescita economica che ha trasformato progressivamente la realtà sociale, la consapevolezza di sé della donna legata alla possibilità di intraprendere un percorso professionale e rendersi economicamente indipendente. Quegli anni sono documentati da fotografi come Aldo Missinato, Tullio Stravisi, Arduino Altran, Sante Trus, Claudio Ernè – che documenterà ampiamente anche i funerali di Pasolini, soffermandosi in particolare sull’immagine della madre e testimonierà il post terremoto in Friuli, sottolineando il valore aggregativo familiare delle figure femminili nelle tendopoli. Dagli anni ’80 emerge prepotente un nuovo modello di vita del Paese: la moda, nuovi valori etici e sociali e una sempre più marcata autonomia femminile, in famiglia e comunità.

Francesca Spanio “parla” di moda, Ulderica Da Pozzo e Aldo Martinuzzi presentano le donne della Regione oramai protagoniste nei vari campi della vita, dal lavoro allo sport, Carlo Innocenti e Massimo Cetin trattano le situazioni di marginalità dei rom a Udine e l’arrivo dei profughi dalla Bosnia a Opicina, mentre Guido Guidi ha ritratto le donne nella quotidianità, diventata anch’essa momento di espressione artistica per i fotografi.
Negli anni sono mutate anche le condizioni lavorative della donna: diversi la fatica, la sofferenza, il modo di pensare, vestirsi, vivere insieme, fare gruppo. Oggi, infatti, si constata quanto il lavoro sia spiccatamente individuale, frenetico e stressante, con un importante impegno psicologico più che fisico. Denis Molinari e Sara Corsini le hanno fotografate in posa, contestualizzate e in quella fiction che è la contemporaneità, e Cesare Genuzio le ha immortalate all’opera nell’Ospedale Burlo Garofalo, mentre Roberta Valerio, fotoreporter formatasi alla scuola del CRAF ed oggi attiva a Parigi , si è dedicata alla figura delle badanti. Un numero sempre più consistente di donne straniere abitano infatti le nostre case per svolgervi quelle mansioni che tradizionalmente erano delegate alle figure femminili della famiglia, in particolare la cura e l’assistenza agli anziani che, il progressivo ingresso delle donne italiane nel mercato del lavoro, l’evoluzione della famiglia, divenuta mononucleare, e l’endemica carenza dell’offerta pubblica di servizi, rischierebbero di lasciare nell’abbandono. L’esperienza di queste donne si trasforma a volte nell’approdo ad una condizione di solitudine e straniamento, che a sua volta si rispecchia nell’altra forma di solitudine quale è – oggettivamente – quella dell’anziano, anello debole delle società occidentali. Il reportage di Roberta Valerio non intende analizzare da un punto di vista sociale o statistico un fenomeno complesso e in continua crescita, ma lo evoca, con pudore e rispetto, attraverso l'esperienza di quattro donne dell’Est che ora lavorano in provincia di Udine.

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Luigi Crocenzi, Le borgate romane
Spilimbergo, Il Caseificio
31 luglio – 5 settembre

Fotografate nel 1947 da Luigi Crocenzi (già collaboratore di Elio Vittorini ne Il Politecnico) negli anni di studio di cinematografia a Roma e quindi in pieno clima neorealista, le Borgate Romane rappresentano un lavoro ancora inedito, uno spaccato delle periferie di Roma che proprio in quegli anni diventarono non solo terreno privilegiato dell’emergente cinema italiano ma anche luogo frequentato da poeti e scrittori del tempo. La mostra presenta una selezione di 50 stampe dai negativi originali conservati al CRAF. All’inizio degli anni Quaranta, Luigi Crocenzi (1923 – 1984) si iscrisse alla Facoltà di Ingegneria, a Milano, e nel 1946 su Il Politecnico, diretto da Elio Vittorini, pubblicò i suoi primi fotoracconti, Italia Senza Tempo e Occhio Su Milano. L’esperienza de Il Politecnico voleva creare in sostanza un linguaggio basato sull’integrazione di immagini e parole attraverso una sapiente impaginazione, allora affidata ad Albe Steiner; che da parte sua riprese i modelli del Bauhaus, proponendo una “griglia” di impatto diretto sul lettore. La fotografia della seconda metà degli anni ’40 – peraltro marginalmente considerata nella sua mediaticità – al pari di tutte le forme espressive visive e letterarie, assunse dal nascente cinema neorealista nuove modalità linguistiche, tali da esprimere la presa di coscienza e la volontà di mutamento, ottenendo così una nuova estetica della realtà, nella quale non era l’inquadratura a determinare e conformare l’unità del racconto, ma il fatto narrato.

E il senso del racconto appariva a posteriori, poiché si trattava comunque di un linguaggio metaforico, educativo. E proprio svolgendo uno studio accurato sia delle modalità proprie del montaggio cinematografico, sia degli esempi importanti offerti dalla fotografia realista americana degli anni ’30 (quella di Walker Evans, per fare un esempio, che Crocenzi ebbe modo di vedere nella vittoriniana antologia Americana), il fotografo marchigiano un’interessante e nuova, per quanto riguarda il panorama italiano dell’epoca, riflessione sulla fotografia come specifico mezzo comunicativo attraverso l’accostamento delle immagini. Non, dunque, la singola fotografia scelta nella sua esemplarità di evento emblematico ed isolato, quale poteva essere l’utilizzo che ne faceva il fotoreporter, o in base a parametri estetici precostituiti, ma la realizzazione di un vero e proprio racconto per immagini fotografiche che si costituisca come “un film immobile sulla pagina stampata”, come amava sottolineare Crocenzi in molte sue lettere. La fotografia di Crocenzi intendeva cioè assumere, al pari del cinema neorealista e attraverso i suoi piani di ripresa, nuove modalità espressive tali da evidenziare metaforicamente la volontà di mutamento sociale del Paese ed ottenendo così una nuova estetica della realtà, nella quale non fosse tuttavia l’inquadratura a determinare e conformare l’unità del racconto, ma il fatto narrato.

E il senso del racconto appariva a posteriori poiché si trattava comunque di un linguaggio metaforico, quindi educativo. Il procedimento riguardava così non solo la sequenza cinematografica nella quale ogni fotogramma è obbligatoriamente in funzione di quello successivo, ma anche la fotografia, se la sequenza diventava racconto, come appunto intendeva Crocenzi. Negli anni successivi la sua idea di racconto fotografico si sviluppò invece nel nazionalpopolare fotoromanzo, come su Sogno e Bolero, basato al pari dei film su scene costruite con gli attori in posa (e su Bolero iniziò così la sua carriera di regista Damiano Damiani) e contemporaneamente le riviste illustrate, portando in Italia il modello inaugurato nel 1936 da Life, la rivista creata da Henry Luce, che riprendeva lo stile della stampa illustrata tedesca degli anni ’20 da cui si originò il fotogiornalismo, avviavano il loro ventennale “boom”. Nel corso del 1946 e del 1947, Il Politecnico pubblicò poi i fotoracconti di Crocenzi Andiamo In Processione e Kafka City accanto alle picture-stories di fotografi come Weegee e Bishof. Fu quello, per l’Italia, l’inizio vero e proprio di una dialettica tra testo letterario e testo visivo, e in questo modo, dal vecchio dibattito tra arte e fotografia si passò all’immagine intesa come testimonianza e “vista ulteriore”. Nel 1947 Luigi Crocenzi si iscrisse al corso di Regia al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma dove si diplomò l’anno successivo con il documentario Pescherecci. Risale a quel periodo il prezioso e inedito lavoro fotografico su Roma e sulle Borgate Romane, raccolto in oltre 100 negativi mai presentati in una mostra o in un libro e conservati al pari del suo archivio dal CRAF. Ebbene, a 62 anni di distanza quegli scorci di Roma e quelle periferie che poi divennero l’habitat umano per eccellenza scelto anche da Pasolini (oltre che il laboratorio linguistico della dialettica pasoliniana tra lingua alta e lingua bassa raffigurato nel discorso libero indiretto) in una interpretazione fotografica che appunto anticipò la stessa lettura dello scrittore, potranno indubbiamente diventare un grande evento culturale non solo nazionale.

Nel 1950 si recò in Sicilia con Elio Vittorini per il servizio che serviva ad illustrare il romanzo Conversazione In Sicilia, che uscì come edizione illustrata per Bompiani nel 1953. Crocenzi però aveva realizzato fotografie della Sicilia nella sua secolare miseria e abbandono che rendevano pienamente lo spirito sia del libro di Vittorini, che della Sicilia stessa, al punto che storici della fotografia come Giuseppe Turroni lo considerarono a ragione “il punto più alto” raggiunto dal neorealismo in fotografia, una fotografia talmente “povera” da sembrare artefatta, ma che invece nasceva da una vera motivazione culturale, e non certamente dalla casualità.

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Silvio Maria Bujatti e i Maestri del Paesaggio Friulano
Maniago, Museo dell'Arte Fabbrile e delle Coltellerie
25 luglio – 29 agosto

Dopo aver compiuto il suo apprendistato nello studio fotografico di Pietro Modotti (lo zio della più nota Tina Modotti) Silvio Maria Bujatti (Udine, 1890 – 1984) non ancora ventenne lavorò nel 1909 al Pathe Journal, di Monaco di Baviera, dove conobbe anche Rudolph Duhrkoop, esponente della Fotografia artistica tedesca e dove apprese ed iniziò ad applicare la tecnica del bromolio, i viraggi in seppia, la gomma bicromata, le carte al carbone e l’uso degli obiettivi sfocati o d'Artista che producevano l'effetto flou e nel 1910 alla Nordische Film di Copenhagen. Fu un pioniere della fotografia e ingegnoso ricercatore di tecniche fotografiche, aderendo tuttavia al pittorialismo d’inizio ‘900, al quale rimane fedele soprattutto nei ritratti, che palesarono le sue singolari capacità di penetrazione psicologica, ma fu con i suoi paesaggi carichi di Arcadia che divenne un riferimento dell’iconografia friulana dalla prima metà del Novecento agli anni ‘50.

Nel 1924 ottenne il primo Premio al Salone Internazionale di Londra, nel 1930 a Varsavia e nel 1932 a Parigi e alla Biennale d’Arte fotografica di Roma, nel 1933 la medaglia d’oro al concorso nazionale organizzato dalla federazione delle Comunità Artigiane e nel 1934 fu primo assoluto alla mostra fotografica del paesaggio triveneto. Sul versante dell’Arcadia fu parimenti attivo Attilio Brisighelli (1880 – 1966) che lavorò fino al 1903 nella oreficeria di suo padre Valentino e quell’anno aprì uno studio fotografico a Udine attivo fino al 1966: dal 1957 divenne socio dello stabilimento anche il figlio, Giuseppe (1914 – 1988) e la ditta prese il nome Brisighelli A. & figlio Giuseppe. La mostra presenta una ampia selezione di fotografie originali che fanno parte della collezione di Carlo Innocenti e di altre collezioni acquisite dal C.R.A.F. e viene presentata in anteprima a Maniago.

PROGRAMMA DELLA RASSEGNA

SGUARDI SULL’AFRICA (1 luglio-31 ottobre)
Inaugurazione: giovedì 1 luglio, ore 18.00, Chiesa di S. Lorenzo, San Vito al Tagliamento

PHOTO FOR PEACE - PHOTO FOR TOLERANCE, (15 luglio- 15 settembre)
Mostra open air, Viale Venezia, Lignano Sabbiadoro
Inaugurazione: giovedì 15 luglio, ore 18.30, Centro Civico di Lignano Sabbiadoro, via Treviso, 2

ELIO LUXARDO E LA POTENZA DEL CORPO UMANO, (24 luglio-3 ottobre)
Inaugurazione: sabato 24 luglio, ore 18.00, Corte Europa, Spilimbergo
LA DONNA IN FOTOGRAFIA IN FRIULI, 1950-2010 (25 luglio-3 ottobre)
Inaugurazione: Domenica 25 luglio, ore 17.30, Villa Ciani, Lestans

SILVIO MARIA BUJATTI E I MAESTRI DEL PAESAGGIO FRIULANO (25 luglio-29 agosto)
Inaugurazione: domenica 25 luglio, ore 11.30, Museo delle Coltellerie, Maniago

1947: LUIGI CROCENZI, LE BORGATE ROMANE (31 luglio-5 settembre)
Inaugurazione: sabato 31 luglio, ore 18.00, Associazione Culturale Il Caseificio, Spilimbergo

HENRY FOX TALBOT. DE LUCE PRIMIGENIA, (13 agosto-3 ottobre)
Inaugurazione: venerdì 13 agosto, ore 18.00, Villa Sulis, Castelnovo del Friuli

CERIMONIA

Sabato 24 luglio
Palazzo Tadea, Spilimbergo
Aperura della rassegna e consegna dei premi:
International Award of Photography ad Aïda Muluneh
Premio Friuli Venezia Giulia Fotografia a George Tatge e, per un autore regionale, a Massimo Crivellari
Amici del CRAF a Nevio Martinuzzi e Gianpaolo Pauletto

INCONTRI DI FOTOGRAFIA

Giovedì 22 luglio
Teatro Arrigoni, San Vito al Tagliamento
ore 21.00: Aida Muluneh e la fotografia africana contemporanea (relatrice: Aida Muluneh)

Venerdì 23 luglio
Villa Savorgnan, Lestans
ore 21.00: George Tatge e il paesaggio metaforico (relatore: George Tatge)

Lunedì 26 luglio
Villa Ciani, Lestans
ore 21.00: Dall'esperienza neorealisti negli anni '50 alla fotografia in Marocco (relatore: Giuliano Borghesan)

Martedì 27 luglio
Villa Ciani, Lestans
ore 21.00: Il paesaggio italiano in fotografia, 1950-2000 (relatore: Walter Liva)

Giovedì 29 luglio
Villa Ciani, Lestans
ore 21.00: Uno sguardo alla storia della fotografia (relatore: Walter Liva)

FOTOMERCATO - XVIII edizione
24-25 luglio, ore 08.00-19.00, Palestra di Via Mazzini, Spilimbergo

SEDI:

Villa Sulis
Castelnovo del Friuli (PN)

Borgata Costa
Castelnovo del Friuli (PN)
Villa Ciani
Lestans (PN)

Villa Ciani
Lestans (PN)

Il caseificio
Piazza Pertoldo - Spilimbergo (PN)
Orario: lun-ven 8.30-12.30, 14.30-18.30, sab 17-19, dom 10.30-12.30, 17-19

Museo dell'arte fabbrile e delle coltellerie
via Maestri del Lavoro, 1 - Maniago (PN)
Orario: ven-sab-dom e festivi 9.30-12.30 e 15.30-18.30

IN ARCHIVIO [4]
Spilimbergo Fotografia 2011
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