La mostra di Farkas - la prima in Italia dalla sua partecipazione alla Biennale di Venezia nel 1928 - include 52 opere ad olio e tempera, disegni, e acquerelli che abbracciano le varie fasi nello sviluppo dello straordinario ed unico stile espressionista di un artista considerato uno dei maestri indiscussi della pittura ungherese del secolo scorso.
L'inaugurazione della mostra del geniale e spesso inquietante pittore ungherese István Farkas (1887-1944) fa parte dell'attuale Stagione Culturale Ungherese in Italia e del programma culturale Budapest-Roma. La mostra di Farkas - la prima in Italia dalla sua partecipazione alla Biennale di Venezia nel 1928 - include 52 opere ad olio e tempera, disegni, e acquerelli che abbracciano le varie fasi nello sviluppo dello straordinario ed unico stile espressionista di un artista considerato uno dei maestri indiscussi della pittura ungherese del secolo scorso.
La mostra, che include molte delle sue opere più rappresentative, è organizzata in ordine cronologico. Purtroppo i lavori del suo periodo cubista (1912-14) non sono sopravvissuti e quindi non sono qui rappresentati. Ma anche se essenzialmente più naturalistiche, le tele dal 1920-24 sono comunque indicative dell'influenza cubista acquisita da Farkas durante il suo primo soggiorno a Parigi, che venne bruscamente terminato dallo scoppio della Grande Guerra. La maggior parte delle opere di questo secondo periodo sono ritratti.
I suoi anni più felici sembrano essere quelli fra il 1925 e il 1929, quando l'artista cominciò ad usare tempera su legno anziché olii, specialmente in dipinti di nature morte e paesaggi sottomarini astratti. Le rare figure, in questo periodo, sono anch'esse astratte e i colori puri e brillanti.
Il periodo più significativo è tuttavia quello degli anni 1929-32, quando i colori, pur restando puri, si fanno più tenui. I soggetti quasi espressionistici dei suoi quadri rivelano qui il dramma della solitudine umana - ricordi, sogni e visioni che Farkas fa rivivere sulla superficie del legno.
Mentre lo spettro del nazi-fascismo comincia ad alzarsi sull'Europa, Farkas realizza la serie dei grandi quadri 'tragici' del 1941, che con la loro atmosfera profeticamente cupa, catturano tutta la drammatica ineluttabilità di una società in marcia verso il baratro. Dopo questa parentesi il pittore fugge ancora dal mondo e torna all'intimità della sua casa-studio di Szigliget, vicino al Lago Balaton e alle nature morte.
La vita e la sorte di István Farkas sono indissolubilmente legate alla storia d'Europa nella prima metà del XX secolo e sono costellate da partenze improvvise - da Parigi nel 1914, da Budapest nel 1925, ed ancora da Parigi nel 1932.
Il suo destino, dopo la persecuzione e la deportazione, avrà il suo tragico epilogo ad Auschwitz.
Durante il suo secondo periodo di permanenza a Parigi, dal 1925 al 1932, Farkas fu molto apprezzato dai critici d'arte (inclusi Andrè Salmon, Géo Charles e Pierre Louis Flouquet) e dai collezionisti privati (Le Corbusier, Auguste Perret ed altri). I primi paragonarono il suo talento a quello di Matisse, Dufy e degli altri membri dell'École de Paris.
Ma il successo e l'acclamazione riscontrati a Parigi tra la fine degli anni '20 e l'inizio degli anni '30 furono quasi completamente cancellati al suo ritorno in Ungheria. Come ha scritto lo storico d'arte Eugene Kolb (1898-1959), 'In Francia Farkas era visto come un tipico ungherese... mentre in Ungheria era considerato del tutto francesizzato'.
L'artista non fece mai parte di gruppi o movimenti e la sua opera, prematuramente interrotta dal nazismo, fu quasi interamente soppressa nei primi decenni successivi alla sua scomparsa da un regime che la bollò come 'l'espressione di valori decadenti e borghesi'.
Una monografia che include la riproduzione a colori delle opere principali di István Farkas è stata tradotta in italiano e sarà presentata a corredo della mostra. La biografia è stata redatta da S. Nagy Katalin, curatrice della mostra insieme ad Attila Zsigmond. La pubblicazione è sponsorizzata dal Ministero Ungherese del Patrimonio Culturale.
La mostra viene inaugurata il 14 settembre alla ore 11.00, alla presenza del sindaco di Roma Walter Veltroni e del sindaco di Budapest Gabor Demszky.
Orario d'apertura: tutti i giorni, dalle 9.30 alle 19.30
Complesso del Vittoriano
Via di San Pietro in Carcere, Roma