Percorsi di confine. Nelle fotografie il Marocco e' interpretato come spazio concreto di quel conflitto tra uomo e uomo/uomo e natura, che indichiamo con il nome di civilizzazione.
A cura di: Mario Sillani Djerrahian
Le fotografie di Elio Germani si articolano intorno ad un nucleo forte e compatto: il rapporto tra il tempo storico, segnato dalle trasformazioni che gli uomini operano sugli altri uomini e sulla natura, e il tempo soggettivo, che l'individuo oppone all'indifferenza e alla violenza del tempo storico. Questo rapporto, intrinsecamente conflittuale, trova nella fotografia il modo più efficace per manifestarsi, poiché la fotografia, atto soggettivo che arresta il tempo storico, ne rappresenta allo stesso tempo il trionfo, proclamato dinanzi ai nostri occhi attraverso gli strumenti della luce, dell'ombra o del colore, e soprattutto dall'inquadratura, che conferisce all'immagine la sua icasticità, poiché ferma il processo di trasformazione della realtà di cui l'immagine stessa è sintomo e testimone. Attorno a questo nucleo concettuale si sviluppano le serie fotografiche che Germani ha realizzato durante il suo anno di lavoro in Marocco.
Il paese africano è interpretato come spazio concreto di quel conflitto tra uomo e uomo/uomo e natura, che indichiamo con il nome di civilizzazione: un processo drammatico, che irrompe nell'equilibrio immutabile del tempo cronologico con la dinamica mobile e irregolare del tempo storico della modernità e che spesso agisce nei modi della prevaricazione e della distruzione. L'immagine fotografica diventa il campo in cui questo conflitto si manifesta nelle forme visibili, senza le quali è impossibile la sua comprensione e il suo racconto. Tutte le immagini sono marcate dal rigore con cui l'autore sceglie le sue coppie tematiche. Innanzitutto la città e le case, in cui il tempo quotidiano degli uomini si intreccia con quello sociale e dove si scontrano costumi antichi, pressanti esigenze contemporanee e profondi condizionamenti culturali. Ma anche l'uomo e il paesaggio, marchiati dai segni dominanti dell'ideologia monarchica, patriottica e musulmana del Marocco, incisi nel paesaggio con scritte e slogan di pietra o cemento come in una sorta di opera di land art, che si presenta come il linguaggio capace di dialogare con la tradizione antifigurativa islamica. Anche se nell'apparenza privo di ogni connotazione estetica di tipo drammatico, le fotografie di Germani mettono in primo piano, nella chiarezza della luce e nell'evidenza dell'inquadratura, il confine tra la qualità dell'immagine e la qualità del soggetto, spingendoci a riflettere sul ruolo della fotografia nella rappresentazione di situazioni di scontro culturale, politico, religioso. Nel percorso critico di questo confine risiede il valore di una fotografia vissuta come dialogo tra esigenza artistiche individuali e necessità di conoscere e documentare la condizione contemporanea.
Laura Safred
Inaugurazione 11 settembre ore 18.00
Studio Sillani
via da Palestrina, 1 - Trieste
Ingresso libero