Double V. L'esposizione, una vera e propria retrospettiva, coinvolge tutti gli spazi della galleria e comprende, oltre a proiezioni video, lavori fotografici e acquarelli, una serie di dipinti a olio realizzati appositamente per questa occasione, ''Jardin. C'est Ce pourquoi nous nous battons''.
ARTRA è lieta di ospitare, dal 20 settembre al 22 ottobre 2010, la mostra di Koka Ramishvili, Double V. L’artista, nato a Tbilisi e ora residente a Ginevra, ha partecipato alla Biennale di Venezia del 2009 come rappresentante dello stato della Georgia.
L’esposizione, che assumerà la veste di una vera e propria retrospettiva, coinvolgerà tutti gli spazi della galleria e comprenderà, oltre a proiezioni video, lavori fotografici e acquarelli, una serie di dipinti a olio realizzati appositamente per questa occasione, JARDIN. C’est Ce pourquoi nous nous battons.
Nel lavoro di Koka Ramishvili l’uso di media differenti è funzionale a una inesausta volontà di affrontare i problemi relativi alla formazione delle immagini e alla loro pretesa aderenza alla realtà fenomenica. L’interrogazione sul percorso che intercorre “dal documento all’immagine”, in un incessante movimento di verifica, diventa per l’artista una parola d’ordine e una dichiarazione d’intenti che compendia il senso della sua procedura creativa. Egli parte da un’osservazione sul reale per interrogarsi sulla messa a punto dei modi della sua documentazione e comunicazione in termini visivi, investigandoli attraverso un filtraggio critico che ne evidenzia tutte le ambiguità ed aporie.
Come ha scritto Viktor Misiano, “tutto il percorso dell’artista non è solo lavoro con le immagini, ma anche una conseguente e infaticabile ricerca su queste immagini in quanto fenomeni”. E il meccanismo di formazione delle immagini viene incessantemente decostruito, smascherando allo stesso tempo l’arbitrarietà delle convenzioni rappresentative e l’illusione di una percezione immediata e incontaminata della realtà.
Così nel video Drawing Lessons, l’atto del disegnare viene preso nel vortice di una frenesia motoria, di una disturbante sequenza di scosse elettriche, come se dalla punta della matita partissero scariche capaci, nell’arco di frazioni di secondo, di delineare e cancellare il segno senza posa, lasciando balenare nella nostra retina nient’altro che la sua traccia incenerita.
Fotografia e pittura, video e disegno sono legati da una continua simbiosi e nello stesso tempo separati da un’insanabile inaderenza. Se il documento si duplica nell’immagine, questa continua poi a sdoppiarsi per conto suo, in un movimento sempre imperfetto, o forse semplicemente inconcluso e inconcludibile, mettendo in evidenza, ogni volta, la sua alterità, la sua alterazione.
Soggetti che in precedenti cicli erano stati indagati attraverso fotografie e video e recepiti in modo “documentario”, vengono ora tradotti e duplicati attraverso il medium pittorico, lasciando scoperti, in questi passaggio, avanzi di senso e pieghe d’incomprensione.
Si tratta di soggetti volatili, gesti irrilevanti, falsi movimenti, atti mancati, bersagli falliti, tutta una sequenza di azioni che si rispecchiano in un’ottica bipolare e sghemba, e che inducono a riflettere sul mistero che separa la percezione dei fenomeni da una loro inattingibile realtà ontologica e sull’arbitrarietà delle rappresentazioni in cui questi vengono tradotti.
Ramishvili, che, standosene all’interno del suo appartamento, aveva documentato in una memorabile serie di fotografie gli avvenimenti epocali che si svolsero nella capitale del suo paese all’epoca della guerra civile seguita al collasso del regime comunista, trasporta ora queste atmosfere di sospensione e di insicurezza in un ambito più privato, avendo sempre di mira quelle che sono le sue tematiche ricorrenti: le crepe del nostro agire, le interruzioni e le disfunzioni nel flusso degli accadimenti, le crisi di identità, la relatività dei processi di percezione…
L’atto del dipingere, lungi dal voler essere indagato come linguaggio espressivo a sé stante, funziona, per Ramishvili, come un dispositivo ibrido, filtrato da foto e video, nonché adulterato dalle varie esperienze di natura sociale, politica, economica ed ecologica.
Nel processo di sdoppiamento che coinvolge la ricezione di un’immagine è come se le nostre sicurezze risultassero repentinamente opacizzate, con punti di vista che saltano e mutano orientamento, volumi pieni che si svuotano di consistenza, porzioni di gesti che si liquefano nello spazio del loro agire, disfacendosi in vane campiture d’ombra colorata. La pittura sembra essere contagiata da una virale incompiutezza, e ne esce come assiderata e solarizzata, innescando una trama di rispecchiamenti devianti e impercettibili diffrazioni, in cui soggetto e oggetto della visione si giocano una posta che si definisce senza posa nel suo stesso raddoppiarsi.
Alberto Mugnaini
Inaugurazione 20 settembre 2010 ore 18.30
Galleria Artra
Via Burlamacchi 1, 20135 Milano
Orario: da martedì a sabato dalle 15.30 alle 19
ingresso libero