In mostra 28 fotografie di oggetti 'trovati', immortalati in un disordine simulato, ossessivo ed ossessionante, e al centro della stanza un catalogo fotografico con le didascalie esplicative di tutti gli attrezzi usati dall'artista.
Dopo una breve pausa estiva, lo spazio di Franz Paludetto, nel quartiere di San Lorenzo (RM) , è pronto per presentare il primo appuntamento della stagione 20102011:
si riapre con Hermann Pitz, artista tedesco originario di Oldenburg, nella Germania occidentale.
Stavolta il volume minimale della vetrina verrà invaso in questi termini: sulle pareti verranno disposte 28 fotografie di oggetti “trovati”, immortalati in un disordine simulato, al limite dell’ ordine nevrotico, ossessivo ed ossessionante; al centro della stanza, invece, sarà sistemato un leggìo, reggente un catalogo fotografico –farcito di adeguate didascalie esplicative- di tutti gli attrezzi usati dall’ artista.
Ciò che nelle immagini rompe, però, lo schema costruttivo rigoroso, sono delle lampade, apparentemente in posizioni bizzarre, ma tali da permetter loro di entrare in relazione con i materiali metallici cui sono vicine, creando effetti di riflessione dei fasci luminosi: si tratterebbe, però, di un fenomeno non solo meramente fisico.
Stando alla poetica di Pitz, che ha un approccio di tipo concettuale all’ arte, la frammentarietà di visione degli oggetti (siano essi filtrati da lenti, specchi, gocce d’ acqua, luce o deformati dall’ inganno della fotografia) altro non sarebbe che –oltre a fenomeno fisico- sintomo delle molteplici possibilità –e libertà di ciascun individuo- di interpretare il reale.
Il ruolo del mezzo fotografico, qui ampiamente impiegato, non va sottovalutato, poiché costituisce un punto fermo in tutta la produzione dell’ artista: è il 1985 l’ anno in cui Pitz, sovvertendo la propria poetica, definisce la fotografia come <> , aggiungendo che fosse, inoltre, un elemento deformante del reale, visto che ostacolava la percezione dei caratteri fisici di un dato oggetto (es. volume, consistenza, odore).
Se si tiene, però, da conto che anche la distorsione fotografica possa essere soggetta a molteplici interpretazioni, se ne dedurrà, anche in questo caso, che tutti i punti di vista nell’ interpretazione della medesima siano ammessi.
Si aggiunga, poi, che l’ installazione di Pitz sia pari ad un microcosmo, una riduzione in scala del mondo reale, cosparso di punti di riferimento , in primis dell’ artista, ma estesi, anche, a ciascun osservatore: il singolo è quindi libero di credere ad un’ individuale visione del mondo, proprio perché può comprendere
ogni deformazione, riflesso o filtro, sulla base delle proprie sensazioni; è, inoltre, doppiamente libero, perché non ha da confrontarsi con la tirannide di un paradigma interpretativo imposto dall’ artista. Se ogni punto di vista è lecito, se non esiste un modello al quale si debba forzatamente ricondurre il pensiero , allora il mondo è “possibile” e nessuno può smarrirvisi. E’ solo necessario trovare una propria chiave logica.
Tertium datur, sempre. Pitz ha divorziato da Aristotele.
Ilaria Baldini
Inaugurazione: Venerdi 8 ottobre, ore 19.00
Franz Paludetto
via degli Ausoni, 18 - Roma
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