Ottavo appuntamento di Manifesti d'artista. Gli spazi d'affissione pubblicitaria si trasformano in due immagini d'arte, diversamente intense, appartenenti a due personalita' tra le piu' significative della rassegna. A cura di Maria Campitelli ed Elisa Vladilo.
a cura di Maria Campitelli ed Elisa Vladilo
Lunedì 11 ottobre, ottavo ed ultimo appuntamento di MANIFESTI D’ARTISTA nel solito luogo di via Fabio Severo, angolo Foro Ulpiano, alle ore 18. Promozione del Gruppo78 a cura di Maria Campitelli in collaborazione con Elisa Vladilo.
A questa uscita ha collaborato anche Matija Plevnik.
Due gli artisti che partecipano : Paolo Ferluga e Tomaz Crnej, triestino il primo, sloveno l’altro. A conclusione di questa IV edizione appaiono nei grandi impianti pubblicitari due espressioni antitetiche, nei linguaggi innanzitutto, e nei contenuti, a ribadire una volta di più l’ampiezza di possibilità di racconto e di modalità per farlo di cui gli artisti d’oggi dispongono nella loro comunicazione.
Il manifesto del fotografo sloveno Tomaz Crnej è una somma di immagini che ci rimandano ai lager nazisti, alla tenebra che allora ha avvolto il mondo. Si tratta in qualche modo di paesaggi con prospettive di binari cosparsi di neve che conducono ai luoghi di sterminio, alberi, recinzioni, filo spinato, pali elettrici che si perdono nella nebbia, il tutto in bianco e nero, con immagini di qualità superba, nella loro infinita tristezza. Sono state scattate in Polonia nel 2009 – riconducendoci a Treblinka - salvo l’ultima che riprende un luogo vicino a Celje dove,dopo la seconda guerra mondiale sono state fatte delle esecuzioni giudicate come “sbagli”.Da qui il titolo ripetuto in tre lingue “Sbaglio napaka mistake” scritto in rosso divenendo così parte integrante, sul piano estetico, dell’intera composizione, giocata in bianco e nero. Sono dunque luoghi accomunati da fatali errori, che vanno oltre la credibilità al punto che qualcuno ritiene che l’olocausto non sia mai accaduto. L’autore non intende parlare con queste immagini di ebrei, o di tedeschi, di nazioni, religioni, politica. E’ un osservatore che scatta immagini “malgrado tutto”, citando il filosofo francese Georges Didi-Huberman. E riflette sulla società che noi abbiamo creato, violenta, crudele, corrotta, immorale, generatrice di discordia. Le sue immagini riflettono io suo sentire che può mutare a seconda delle circostanze, salvo l’essere onesto con se se stesso
D’altra parte Paolo Ferluga si diverte con “Trst je vas”. Uno slogan alterato che ironicamente ci riconduce anche a tempi difficili, nella ex Jugoslavia quando si diffuse alla fine della seconda guerra mondiale e subito dopo. Nei 65 anni trascorsi da allora, un’aspirazione politica può anche trasformarsi in uno scherzo, in una pseudo-provocazione, in una risibile offerta - “Trst je vas” – scritta a caratteri cubitali rosa sul vassoio della bandiera italiana. Provocazione nella provocazione: lo slogan politico rovesciato assume gli abiti della femminilità, si addolcisce, decadendo dalla forza dell’affermazione iniziale, perché non può avere alcuna forza. Non deve persuadere nessuno. Ironizza semplicemente con la sostituzione di una parola. Di un aggettivo possessivo: Trieste non più nostra, ma inaspettatamente vostra! Come a dire, ora che il mondo slavo non aspira certo ad impossessarsi di Trieste, come nel 1945, l’Italia ve la può anche concedere questa benedetta città! Ovviamente si fa solo per dire.
Immagine: Paolo Ferluga, Trst je vas
Inaugurazione 11 ottobre alle ore 18
Via Fabio Severo
via Fabio Severo (angolo Foro Ulpiano) - Trieste
Sempre visibile