Galleria l'Affiche
Milano
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02 86450124 FAX 02 862866
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Federico Guerri
dal 17/11/2010 al 8/12/2010
mar-sab 16-19
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Galleria l'Affiche




 
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17/11/2010

Federico Guerri

Galleria l'Affiche, Milano

Sentieri interrotti. Per la sua prima mostra personale a Milano l'artista presenta grandi lavori graffiati su ardesia e intrecci a grafite su tela: sono paesaggi, citta', architetture, cattedrali sospese nel vuoto, geometrie, strutture, mappe.


comunicato stampa

a cura di Valerio Dehò
contributo critico di Roberta Bertozzi

“Memoria senza nostalgia: questa è in fondo la chiave per entrare nell’universo glaciale, ma affascinante e coinvolgente, di Federico Guerri. Lo spettatore dei suoi quadri diventa il visitatore di una città sconosciuta, un abitante del senso, qualcuno che si trova a vivere dentro una dimensione straordinaria... Le città escono dall’invisibile, l’arte... rende visibile ciò che non lo è, e in questo Federico Guerri non è secondo a nessuno con un’arte appartata, minimale, dolcemente costruttiva, come un sogno trascritto al mattino” (dal testo di Valerio Dehò).

Con grandi lavori graffiati su ardesia, grandi intrecci a grafite su tela, Federico Guerri si propone nella sua prima personale a Milano.

L’autore ha da anni superato l’esperienza più classica di pittura e scultura e ha elaborato questa sua tecnica, trasformando il disegno a matita, e poi il segno su ardesia, in trame che sono paesaggi, città, architetture, cattedrali sospese nel vuoto, geometrie, strutture, mappe. “Mappe che non riproducono ma evocano, tra disegno e pittura, tra incisione e scultura, i confini di un mondo che sembra ancora poter ancora essere immaginato”, e nel quale “la complessità nasce ancora e sempre da un’esigenza di semplificare...”.

Sentieri interrotti
di Valerio Dehò

Da anni l’attività di Federico Guerri insegue il sogno del mondo disegnato, cioè di un’aderenza totale tra quello che s’immagina e quello che è. Il disegno, che nella nostra fragile cultura artistica è considerato propedeutico solo alla pittura, assume in pochi autori l’assolutezza della poetica di riferimento. Senza legami con un post o con un contesto che possa essere l’architettura, il design o la scultura, la disciplina da cui Guerri proviene, disegnare sembra una pratica sussidiaria e arcaica, qualcosa di fuori dal tempo economico dell’arte. Un disegno è un’opera incompiuta, qualcosa che è in attesa di essere terminato. Strano destino per la pratica fondamentale di tutte le arti, che è alcontrario qualcosa che riesce veramente a connettere i giovani artisti con una tradizione secolare.

Guerri dà alla grafite la stessa forza del pennello, non ha bisogno del colore per andare oltre, per essere convincente, ma affida al tratto argenteo una produzione che ha lo spirito analitico della precisione concettuale e nello stesso tempo l’abbandono della dimenticanza. Sulla tela non preparata e trattata con una base d’acqua e grafite in sospensione, elabora delle forme che coniugano la mano alla progettualità, l’informe del supporto con la logica di sentieri che s’interrompono per riprendere all’improvviso o spegnersi nel nulla. Le sue visioni di città invisibili o di topografie dell’immaginario hanno, infatti, spesso nella fitta trama dei segni urbani, delle lacerazioni che appaiono come ferite. Strano effetto e anche bizzarra combinazione cronologica, perché i lavori di Federico Guerri sanno mettere d’accordo una riflessione sulla tecnica e sull’arte in generale con delle forme che appartengono alla memoria, alle sue falsità, alle sue censure. Proprio il disegno, che anche secondo Jean Clair appartiene al regno dell’intimo, del personale, della verità, in questo caso s’arricchisce di uno strappo, di un vuoto, voluto e ricercato. Non sempre e non per forza, ma Guerri sa disseminare queste pause nei ritmi urbani come se fossero delle aree bianche da lasciare così in eterno. È come se nelle nostre topografie personali si attivassero dei vuoti che sono delle forme di bilanciamento inconscio dell’horror pleni, di quelle masse di segni che sono le città. Sembra quasi di assistere ad un’azione repentina del tempo che in pochi anni brucia le memorie, scolora i supporti, aggredisce le fitte trame di grafite. Federico Guerri costruisce qualcosa che ha già in sé il virus della dimenticanza, ma lo fa non per ispirare tenerezza verso un alzheimer visuale, quanto per accentuare la differenza tra disegno e no, tra vuoto e pieno, tra segno e cancellazione, tra sogno e ricordo. Quando invece la topografia diventa città, le trame si alleggeriscono, ma la tensione si arricchisce di memorie, Klee su tutti, ma anche di prospettive schiacciate, di zoomate sentimentali, perché la realtà è sempre distante, in attesa di un cenno per entrare nell’arte.

Ma senza insistere sulla poeticità dell’effetto traforato di leggerezza, è preferibile accentuare in questa prospettiva il rapporto con quello che manca. Il colore innanzitutto, perché il colore caratterizza non solo la normalità delle città, e sappiamo che perfino Berlino qualche colore pallido lo possiede, ma anche lo stesso linguaggio delle mappe viene azzerato in una prospettiva in cui contano le forme reticolari, le innervature, i contrasti e le ipotesi su cosa ci poteva essere e non c’è.
Memoria senza nostalgia: questa è in fondo la chiave per entrare nell’universo glaciale, ma affascinante e coinvolgente, di Federico Guerri. Lo spettatore dei suoi quadri diventa il visitatore di una città sconosciuta, un abitante del senso, qualcuno che si trova a vivere dentro una dimensione straordinaria, ma con una memoria da viaggiatore alla Benjamin, in cui il ricordo del conosciuto e del già visto aiuta ad orientarsi nel nulla dell’intensità avvolgente della trama.
Questa ha delle caratteristiche particolari, ricorda, al di là dell’evidenza, l’idea della screpolatura, del cracklé, di uno sfaldamento della materia per una tellurica interna e lenta, però anche progressiva. Ma vi è in queste opere anche qualcosa dei cristalli, non le geometrie regolari, forse, anche se a tratti emergono, quanto l’idea di una geometria che regoli le forme dall’interno. Del resto le città sono organismi viventi, cambiano, collassano, si espandono, e ormai la visione satellitare di un Google maps ci ha fatto prendere confidenza con una visione in cui la topografia catastale si riempie di contenuti viventi.
Probabilmente lo straordinario contenuto nei lavori di Guerri consiste proprio nell’aver saputo mettere insieme un discorso sulla rete simbolica della mappe con il fatto che queste sono e restano immagini mentali, metafore del cervello, dei suoi percorsi, delle sue strade, dei suoi punti d’intersezione e di scambio. Le pinete delle città, le orografie di lacerti del pianeta, sono solo una pelle aggiunta, qualcosa che sollevandola svela l’indifferente o il nulla. Questo è il reale. Il resto è arte o artificio, qualcosa che resta però, che non scompare al minimo cambiamento. Quel che resta,
in altre parole, e che non è sovrastruttura o mancamento di ragione, piuttosto è l’iperbole dell’intelligenza, in quanto comprensione. E per tornare al discorso iniziale sulle trame dei ricordi e le pause/censure relative, ritorna l’organo del pensiero e della vista, in quanto questi disegni sono letteralmente immagine mentale di quello che siamo e produciamo continuamente come strategie di orientamento psicologico. Queste opere sono veri e propri imprinting, che non a caso ricordano linguisticamente altre tecniche parallele di Guerri, come l’incisione in acquaforte o su lastre di ardesia, materiale per eccellenza riconducibile all’apprendimento e nel contempo alla costruzione. È proprio l’edificare un’attività che pareggia il disegno come capacità di sovrapporre le idee alla realtà. Accade lo stesso anche nelle cancellazioni, nelle modifiche, si tratta di due universi paralleli. Come a dire che la complessità nasce ancora e sempre da un’esigenza di semplificare, di rendere comprensibile, di chiarificare qualcosa cheappartiene alla mente ma ne è già fuori. Le città escono dall’invisibile, l’arte, come voleva proprio Paul Klee, rende visibile ciò che non lo è, e in questo Federico Guerri non è secondo a nessuno con un’arte appartata, minimale, dolcemente costruttiva, come un sogno trascritto al mattino.
Valerio Dehò

FEDERICO GUERRI
Cesena, 1972. Vive e lavora a Cesena.

PERSONALI RECENTI
2010 Sentieri interrotti, a cura di Valerio Dehò. Galleria l’Affiche, Milano
2010 Simboli politici – Ho trovato un ordine nel dominio dei nervi, con Mattia Vernocchi, a cura di Gian Ruggero Manzoni. Galleria Gasparelli, Fano
2008 Mappa Mundi, a cura di Sabrina Foschini. Galleria Gasparelli, Fano
2007 Bisso Marino, a cura di Sabrina Foschini e Giancarlo Papi. Galleria Pieri, Cesena
2006 Fuori di se, con Germano Sartelli, a cura di Stefania Vecchi. Casa Rossini, Lugo di Romagna

COLLETTIVE RECENTI
2010 Amor sacro, a cura di Sabrina Foschini e Alessandro Giovanardi. Galleria Percorsi, Rimini
2009 A wonderful world, a cura di Viviana Siviero. Galleria Pieri, Cesena
2009 Liberi libri – carte e libri d’artista. Galleria Weber &Weber, Torino
2009 Abracadabra. Galleria Pieri, Cesena
2008 Doppio sogno, a cura di Sabrina Foschini. Galleria comunale, Palazzo del Capitano, Cesena
2008 Do it yourself, a cura di Stefano Castelli. Galleria delle Battaglie, Brescia
2008 Premio San Fedele, a cura di Matteo Galbiati. Galleria San Fedele, Milano
2007 Premio Campigna, workshop con Anne e Patrick Poirier, a cura di Rosalba Paiano. Santa Sofia
2007 Collective Thinking, a cura di Stefano Castelli. Galleria delle Battaglie, Brescia
2007 Trilogia, a cura di Alberto Zanchetta. Galleria delle Battaglie, Brescia
2007 Insediamenti, testi di Claudia Casali. Rocca di Ravaldino, Forlì
2007 Per filo e per segno, a cura di Sabrina Foschini. Galleria Dellapina, Pietrasanta
2007 Gemine Muse, a cura di Maria Rita Bentini. Oratorio di San Sebastiano, Forlì
2007 Selvatico, a cura di Gian Ruggero Manzoni. Palazzo Sforza, Cotignola
2006 Sagge sono le muse, a cura di Flaminio e Massimo Balestra. Teatro Petrella, Longiano
2006 Labirinto, a cura di Marisa Zattini. Galleria Il Vicolo, Cesena

Catalogo in galleria. Testo di Valerio Dehò, contributo critico di Roberta Bertozzi

Inaugurazione: giovedì 18 novembre dalle ore 18.30

Galleria l'Affiche
via dell’Unione, 6 - Milano
Orari: mar-sab 16-19

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Francesco Bocchini
dal 13/12/2014 al 30/1/2015

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