Dario Zaffaroni
Giovanna Pesenti
Lucio Perna
Aurelio Gravina
Daniela Arnoldi
Marco Sarzi-Sartori
Luciano Mereghetti
Giovanni Gurioli
Francesca Magro
Gianfranco Testagrossa
Giuseppe Giacobino
Mario de Leo
Gabriele Poli
Bruno Cali'
Donatella Violi
Bianca Visentini
Enzo Silvi
Paolo Basevi
Giordano Morganti
Lamu
Andrea Che Issa
Roberto Cosimi
Paolo Valle
Sabrina Miconi
Kazuto Kategami
Max Marra
Cesare Giardini
Melina Scalise
La mostra 'Giochi visivi' di Zaffaroni presenta una selezione di opere a partire degli anni '70 che riassumono gli sviluppi del suo lavoro. La collettiva Nativita' 2010, riunisce 26 artisti che interpretano il tema natalizio.
Dario Zaffaroni
“GIOCHI VISIVI”
La mostra “giochiVISIVI” di Dario Zaffaroni presso SPAZIO TADINI a Milano, presenta una accurata selezione di opere a partire degli anni ’70 che bene riassumono gli sviluppi del suo lavoro.
Dario Zaffaroni possiede un percorso artistico che fonda le sue radici dai fermenti culturali/creativi degli anni ’60 / ’70 e la percezione visiva è l’elemento fondamentale del suo lavoro.
Nei primi anni ’70 Zaffaroni inizia una ricerca artistica sul colore definita Cromodinamiche Fluorescenti in cui non solo l’opera d’arte si allontanava sempre più dalla raffigurazione della realtà, ma l’osservatore perdeva la sua passività per entrare in relazione dinamica con l’opera: egli stesso poteva diventarne complemento e completamento tanto che il suo modo di interagire con essa poteva cambiarla o modificarle senso.
Zaffaroni si lascia affascinare da questo modo di fare arte e in Cromodinamiche Fluorescenti lavora con forme, rilievi geometrici e carta ritagliata dai colori fluorescenti. Esclude a priori qualsiasi forma di miscelazione del colore. La fluorescenza assume un ruolo di forte stimolo visivo, agisce quasi da richiamo dell’attenzione. Catturato lo sguardo dell’osservatore, lo affascina e lo sorprende invitandolo a un “giocoVISIVO” di variazioni di toni, di luci, ombre e forme che sono il risultato del movimento dell’osservatore rispetto al lavoro artistico.
Dopo le Cromodinamiche Fluorescenti Zaffaroni intraprende un nuovo percorso artistico in cui la percezione dell’opera abbandona l’aspetto solare e ludico e diventa più enigmatico. L’artista cambia strumento espressivo e utilizza il computer attraverso il quale cattura e rielabora immagini nelle forme possibili. Questa scelta nasce dall’analisi del nuovo contesto sociale in cui la tecnologia, in particolare gli strumenti informatici, diventano sempre più il mezzo attraverso il quale l’uomo riceve gli stimoli percettivi.
Zaffaroni prosegue la sua esplorazione nel digitale e arriva a produrre la serie Digital Textur. In questi lavori non c’è più nessuna forma precostituita alla quale l’osservatore possa relazionarsi ed è costretto ad affrontare l’indeterminazione.
Digital Textur raffigurano miriadi di pixel cromatici apparentemente caotici dai quali, come magicamente, fa apparire e svelare parole e frasi famose (Arte, I have a dream, Yes we can…) che fanno parte del patrimonio culturale collettivo. Le frasi sono celate quanto basta per non dare la sensazione a chi guarda di trovarsi nell’assenza di un oggetto o di una forma. Per scoprire la frase nascosta è inoltre importante il movimento dell’osservatore, chi guarda deve allontanarsi per avere una percezione d’insieme dell’opera.
Un percorso scelto dall'artista sicuramente non solo per giocare sulla percezione, queste opere sono la restituzione e lo svelamento di alcuni principi e valori ai quali si può decidere di appartenere. Sono l'invito al superamento dell'"indeterminatezza" sottolineando, ancora una volta, il gusto della ricerca e del gioco visivo tipico dello stile di Zaffaroni.
Proprio la ricerca diventa il suo fulcro importante negli ultimi lavori intitolati Codice Cromatico Indeterminato, perchè, come un ricercatore al microscopio, il suo guardare va oltre i pixel computerizzati e sembra raggiungere un nuovo virtuale: una sorta di codice genetico che sottende il linguaggio visivo cibernetico, tanto quanto il codice genetico è struttura del corpo umano e le molecole e le sinapsi generano pensieri e azioni.
Zaffaroni in questo microcosmo di pixel trova terreno fertile per ricercare combinazioni di colori, strutture e architetture invitando a una riflessione sul linguaggio e sul colore.
---------------------
Nativita’ 2010
26 ARTISTI INTERPRETANO IL PRESEPE
a cura di Melina Scalise
Giovanna Pesenti, Lucio Perna, Aurelio Gravina, Daniela Arnoldi e Marco Sarzi-Sartori, Luciano Mereghetti, Giovanni Gurioli, Francesca Magro, Gianfranco Testagrossa, Giuseppe Giacobino, Mario de Leo, Gabriele Poli, Bruno Calì, Donatella Violi, Bianca Visentini, Enzo Silvi, Paolo Basevi, Giordano Morganti, Lamu, Andrea Che Issa, Roberto Cosimi, Paolo Valle, Sabrina Miconi, Kazuto Kategami, Max Marra, Cesare Giardini.
Qual è il senso della nascita? Cosa significa venire alla luce come individui, come componenti di questa società? Cosa significa nascere oggi? Cosa ci evoca oggi l’immagine di un neonato o di una nascita? Spazio Tadini in occasione del Natale 2010 ha chiesto a un gruppo di artisti contemporanei di rileggere la scena della Natività oggi, sotto una luce che non è più quella della “stella cometa”. Questa può essere quella di una lampadina a basso consumo energetico, quella di una sala parto supertecnologica dove si rischia di perdere il rapporto con l’essere umano che sia la madre o il nascituro. Anche Maria e Giuseppe non sono più gli stessi, perché possono essere padre e madre non biologici e non per merito dello Spirito Santo o i genitori possono appartenere allo stesso sesso. Inoltre, se qualcuno si sente “mai nato” può decidere di rinascere su Internet in Second Life o altrove nella virtualità.
Arriva il Natale e il pensiero di ognuno di noi è impegnato a risolvere la scelta dei regali, a organizzare le cene di lavoro, a ordinare gli omaggi per i clienti, a organizzare pranzi e cene suggerite da ricette complicate e con ingredienti doc che ambiscono a vedere seduti attorno alla stessa tavola spesso parenti annoiati e desiderosi di fuga. Una celebrazione che spesso culmina nell’impegno a cimentarsi in una teatralità rappresentata dalla frase: “E’ Natale vogliamoci tutti bene”, mentre in televisione ritorna in onda l’immancabile: “Natale in casa Cupiello” di Eduardo de Filippo.
Spazio Tadini vuole proporre una pausa, un percorso alternativo, una mostra sulla Natività oggi con linguaggi nuovi, con riflessioni nuove.
Qual è il senso della nascita? Cosa significa venire alla luce come individui, come componenti di questa società? Cosa significa nascere oggi? Cosa ci evoca l’immagine di un neonato oggi?
A Natale si festeggia la nascita di un uomo di nome Gesù che con il suo pensiero e i suoi valori ha segnato il corso della storia e l’evoluzione della società occidentale. Un singolo che, da solo, ha fatto una rivoluzione grazie alla sua determinazione, alle sue idee, al suo credo, al suo Dio. La nascita, a prescindere dall’appartenenza religiosa, è un momento che racchiude in sé tutte le potenzialità dell’essere umano. E’ il trionfo dell’essere, un momento primitivo. Un corpo produce un altro corpo e questo è possibile perché è esistito un pensiero, un desiderio che si è tradotto in azione e relazione tra due sessi opposti, tra due individui diversi.
Nella scena della Natività così come descritta da Luca, il terzo Evangelista, c’è il trionfo della semplicità, la dominanza dell’essere sull’avere: una mangiatoia, un bue, un asinello, Maria e Giuseppe. Nell’era in cui non esistevano giornali, televisione o internet la società apprendeva del nuovo nato, Gesù, grazie alla comunicazione di una stella e tutti accorrevano a rendere omaggio. La collettività era costituita da individui la cui identità sociale era rappresentata dal loro essere lavoratori: contadini, artigiani, rappresentati politici ed istituzionali.
Alla descrizione di Luca si sono ispirati tutti gli artisti che nei secoli hanno ritratto, con più o meno varianti, la scena della Natività. L’interpretazione della nascita attraverso l’arte ha posto, in modo evidente, l’accento su aspetti diversi in relazione al vissuto dell’epoca di riferimento. Sono state apportate modifiche nella relazione tra i personaggi, aggiunte o cambiate le presenze, variata la luce, modificate le simbologie, alterato il contesto e il paesaggio e sempre, grazie agli artisti, è stata proposta una chiave di lettura diversa della stessa scena e l’osservatore è stato invitato a guardare in modo nuovo.
Spazio Tadini in occasione del Natale 2010 ha chiesto a un gruppo di artisti contemporanei di rileggere la scena della Natività oggi, sotto una luce che non è più quella della “stella cometa”. Questa può essere quella di una lampadina a basso consumo energetico, quella di una sala parto supertecnologica dove si rischia di perdere il rapporto con l’essere umano che sia la madre o il nascituro. Anche Maria e Giuseppe non sono più gli stessi, perché possono essere padre e madre non biologici e non per merito dello Spirito Santo o addirittura appartenere allo stesso sesso. L’essere umano viene accolto alla vita in famiglie spesso divise, con fratelli di altri padri e altre madri. Si arriva al mondo con già un debito da pagare verso la società a causa dell’inflazione e un codice fiscale che serve da passepartout. Non c’è bisogno del censimento di Erode per uccidere il bambino perché teme possa prendere il suo posto. E non ci sono più uomini come lui pronti ad uccidere perché temono il bambino che si farà uomo, ma uomini interessati solo ai corpi, pronti a fare compravendita di bambini per soddisfare bisogni di genitori mancati o di mercati illegali.
Il confort elementare e agreste di una mangiatoia oggi può essere ritrovato forse in un parto nell’acqua. Il bue e l’asinello, quali animali al servizio dell’uomo, che per secoli hanno permesso lo spostamento, il trasporto delle merci, il lavoro nei campi, il sostentamento delle famiglie, oggi sono lontani dal nostro mondo del lavoro e dell’economia dove aerei e tecnologia offrono nuovi strumenti di comunicazione, dove il terziario e non l’artigianato domina il mercato.
L’individuo non ha più un’identità sociale riconosciuta per ciò che sa fare, ma per ciò che la società gli permette di fare per vivere. Dove la povertà è cambiata e non è solo “non possedere”, ma anche “non essere”. Una società in cui cerchiamo di esistere a tutti i costi e se ci sentiamo mai nati decidiamo di rinascere su Internet in Second Life, su Facebook o altrove nella virtualità.
Gli omaggi che accolgono i nuovi nati perdono sempre più le simbologie auguranti per essere rappresentazione e ostentazione di ricchezza attraverso marche di prodotti per l’infanzia. Persino i Re Magi che, con i loro doni rappresentavano un’accoglienza “ internazionale” al nuovo nato Gesù oggi, nell’era della globalizzazione, sembra sempre più difficile accogliere neonati di nazionalità diverse a casa propria. Paradossalmente questo accade nell’era in cui sono aumentate a livello esponenziale le possibilità di comunicazione e le multinazionali tendono a uniformare consumi e gusti.
L’immagine di un neonato oggi, più che un simbolo di vita e creazione, è oggetto di un target pubblicitario. Ma allora il presepe, termine derivante dal latino praesaepe, cioè mangiatoia, è ancora una celebrazione sociale della nascita, dell’essere umano, della vita che continua, dello spirito che si è fatto carne? Una celebrazione delle potenzialità dell’essere e, come tale, fonte di ispirazione e riflessione e “mangiatoia”, del rispetto verso l’uomo? Oppure oggi è una scenetta da ricostruire all’ingresso del centro commerciale dove la mangiatoia siamo noi?
Melina Scalise
Catalogo in galleria
Spazio Tadini, via Jommelli, 24 Milano
Tel. 022619684-3664584532
Immagine: Dario Zaffaroni, Codice Indeterminato
Inaugurazione 1 Dicembre 2010, ore 18
Spazio Tadini
Milano- Via Jommelli, 24
Aperto dal martedì al sabato dalle ore 15.30 alle 19.
A dicembre aperto anche domenica 5,12,19
ingresso libero