Abitart
Carpi (MO)
piazza Martiri, 33
059 680816 FAX 059 688537
WEB
Ferdinando Capisani
dal 10/12/2010 al 30/12/2010
Mar-Ven 17-19 Sab-Dom 16-20

Segnalato da

Abitart




 
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10/12/2010

Ferdinando Capisani

Abitart, Carpi (MO)

Improbabili equilibri 2005/2010. In mostra opere di matrice gestuale nelle quali i segni non sono mai schegge irrazionali ma perseguono un percorso interiore.


comunicato stampa

E' chiaramente delineato il percorso artistico di Ferdinando Capisani. E proprio nel de-lineare che si riconosce con chiarezza la coerenza di un pensiero che da piu' di 50 anni cerca sempre nuove derive espressive pur rimanendo ancorato ad una caparbia coerenza formale. La linea, appunto, agisce da trait d'union in tutte le esplorazioni dell'artista che non ha cessato di indagare le risorse ultime della materia, riconoscendo anche nei rottami di scarto un ultimo generoso lacerto di poesia.

La linea nella sua produzione coincide con la forza del segno, ora essenziale e sintetica propaggine della figurazione ora intento programmatico che volge all'astrazione, al depauperamento realistico per un esito puramente gestuale. In Capisani, pero', nulla e' casuale: i segni non sono mai schegge irrazionali ma perseguono un tracciato interiore, un alfabeto precisissimo che da anni sta formulando un racconto del tutto personale, fatto di stratificazioni geologiche, naturalistiche, temporali ed emotive.

Ogni intervento si incunea in un saper fare che attinge dal bacino della grafica, delle tecniche di incisione e stampa e, soprattutto, dall'abile sfruttamento della duttilita' semantica dei piu' svariati materiali. Nell'operato di Capisani si avverte l'urgenza di de-costruire gli impianti formali tradizionali, sia nei supporti che nella codifica dei formati che nell'elaborazione delle tecniche, per costruirne, generarne di inediti. Cosi' il telaio ligneo puo' divenire elemento in vista che compartecipa all'estetica del tutto, cosi' come la cornice, normalmente riquadro estetizzante e decorativo, diviene in parte sostegno a cui issare la tela. C'e', insomma, un atteggiamento che potrebbe apparire irriverente quanto invece, nel suo sostanziarsi, e' al contempo rivoluzionario e ludico. Cosi' pure il ricorso al digitale, che farebbe mormorare gli oltranzisti dell'accademismo, si fa strumento col quale avventurarsi in contemporanei siti di sperimentazione. Si riscontra nell'osservare le sue opere una sostanziale giovinezza di sguardo, sempre disponibile al rinnovamento e al lasciarsi stupire da tecnologie ed espedienti innovativi.

Fatta questa premessa non si rimane disorientati di fronte alla disinvoltura con cui l'artista manipola pellicole sintetiche provandole col fuoco, che catarticamente le libera dalla funzione originaria per restituire loro una impensata dignita' estetica, o davanti a opere stampate su pellicola di acetato e adese a supporti di alluminio dal perimetro volutamente irregolare. Anche il corrugarsi delle superfici che rivelano una ricaduta libera e gioiosa di pieghe, selettivamente individuate dall'artista, rimanda a una poetica decisamente anticonvenzionale.Se si osserva la storia pittorica di Capisani si riscontra un altro elemento distintivo, quasi ossessivo: lo stratificarsi delle linee e dei materiali, metafora del transito temporale e della permanenza della memoria, unitamente al ricorso alla modularita' di molte opere, pensate in multipli successivi, in tappe diverse ma complementari di un discorso che pare ancora non essersi esaurito. La passione per la geologia e dunque per le inclusioni minerali e fossili ha certamente contraddistinto molta della sua produzione, ma pure l'indagine sulla natura e sul migrare delle stagioni, dei colori e delle luci. Del tempo, in una parola.

E ancora quest'ultimo pare abbia generato nella curiosita' dell'artista un ulteriore approdo: il tempo dell'abbandono e del rifiuto, dell'inutile e della negazione. I rottami della discarica divengono percio' palestra della fantasia, strumenti ginnici dell'inventiva dell'artista che li recupera, li rielabora e consegna loro un futuro nelle lande dell'arte. Le lastre tipografiche esaurite del loro uso, sono ripercorse dal paziente lavoro di acidi e smalti e divengono opere ora bidimensionali ora tridimensionali, cosi' i tondini di acciaio inox sono piegati a disegnare alberi dalle chiome di acetati dipinti o di acetati incisi da voluttuosi profili femminili. Capisani nella scelta programmatica di oggetti di scarto, di carcasse abbandonate mi rivela una riflessione piu' profonda, non meramente stilistica: in un mondo nel quale campeggiano di giorno in giorno disastri naturali e causati dall'uomo, recuperare metaforicamente il danneggiato, il distrutto significa restituire speranza e nuova linfa vitale ad esso oltre a residuarne un barlume di poesia.

Seppur anticonformista, Capisani rimane ancorato alla nostalgia del disegno, che si esprime dagli anni '60, in una ricca galleria di nudi femminili. Visto, come si e' detto, che l'artista non ama replicare se stesso, allora i nudi, alcuni di quel periodo giovanile altri odierni, divengono segmenti figurativi incisi con puntasecca su fogli di acetato, insolite matrici per una serie di stampe realmente inedite, nelle quali alla precisione netta del segno fa da contrappunto il risentirsi della superficie in pieghe, che si evidenziano anche sulla carta. A queste desuete matrici viene data una insperata zattera estetica: divengono diafane presenze sospese nel vuoto e appese, come frutti da cogliere, allo stelo metallico che, in giravolte di contorsioni, ostende una rara e peculiare chioma. La forza della linea, devota all'eloquio della pittura vascolare, si manifesta in queste opere doppiamente: nell'esito scultoreo del fusto metallico piegato e nel segno incisorio denunciato dalle matrici. Un'oscillazione costante si avverte pure tra il legame alla natura e alla descrizione accurata di essa, quasi da rigore filologico da erbario, e la tentazione all'astrazione, tra la solidita' del figurativo e l'irrequietezza dell'informale. In Capisani questa dualita' stridente ha trovato un giusto equilibrio, una sorta di compromesso, di patto di non-belligeranza, tale per cui gli esiti sono paradossalmente armonici, visivamente impegnativi ma intrinsecamente completi.

Una riflessione la merita pure il concetto di stratificazione che nelle opere dell'artista ha subito con evidenza una evoluzione o, meglio, una trasformazione sintomatica di un ritorno all'essenzialita'. Se cioe' inizialmente lo stratificarsi era sicuramente sostanziato di costrutti segnici ma pure di materiali, in una sorta di collage e decollage articolati, che tendevano a sfondare nella tridimensione, man mano la stratificazione e' divenuta impalpabile alternanza di strati e memorie, stampata su acetati lasciati cantare al riverbero della luce o su pellicole adagiate in un sistematico accartocciarsi su lastre irregolari di alluminio o su tele fotosensibili.

In sostanza la stratificazione non e' piu' tangibile sovrapposizione ma diviene evidenza immateriale, o quasi, di un processo che l'artista ha realizzato concretamente per poi epurarlo delle scorie materiali, restituendo ad esso l'integrita' del pensiero, l'essenzialita' autarchica dell'idea. L'espediente individuato dall'artista si potrebbe definire con un ossimorico "stratificare nel togliere". Quello che rimane e' l'eco, l'onda di risonanza, che se non si esplicita piu' nel sciabordare rigoglioso dei materiali, acquisisce nerbo nella pura affermazione in superficie di tracciati segnici cromatici e mentali. Capita pero' che, a volte, la tentazione ultima dell'artista, quella cioe' di siglare l'opera attraverso la tradizionale manualita' del gesto, abbia il sopravvento e allora l'intervento finale con smalti ne sancisce ulteriormente, se mai ce ne fosse bisogno, la paternita' e l'unicita'.Infine e' senz'altro da segnalarsi l'importanza della fotografia, intesa sia come mezzo strumentale di riproduzione dell'esistente sia come scrittura di luce. La fotografia nel senso canonico e' inclusa nelle rielaborazioni dell'artista ma pure la luce si fa elemento sinergico e complementare nelle sue opere e viene, in tal senso, a scrivere e descrivere storie figurate ed emozioni di cromie. Non e' un caso che tanto spesso i materiali privilegiati siano trasparenti e permettano cosi' l'azione performativa della luce e dello spazio.

In conclusione, il percorso artistico di Ferdinando Capisani e' in realta' non solo un tracciato di pigmenti e linee ma soprattutto un racconto, i cui segni si sono di volta in volta modificati ora incatenati in sovrapposizioni di materiali ora rasserenati in linee essenziali, secondo un dictat interiore e formale assai coerente, che ha fatto della fedelta' alla purezza del segno e della sperimentazione a oltranza il proprio fiero carattere distintivo. -Elisabetta Pozzetti

Inaugurazione sabato 11 dicembre ore 17

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piazza Martiri, 33 - Carpi (MO)
Orari: Martedì - Venerdì 17-19 Sabato - Domenica 16-20
Ingresso libero

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