Calice Torino Andata e Ritorno. In mostra le tele del pittore mostrano i muri di anonimi edifici, fabbriche, scuole, case tipiche degli insediamenti periferici popolari e stadi di calcio.
a cura di Edoardo Di Mauro
Chi scrive ha sempre guardato con occhio il più possibile attento l’evoluzione fenomenologica delle arti, arrivando alla convinzione che il progresso della tecnologia gioca da sempre un ruolo centrale in quello che è l’adeguarsi del linguaggio a nuove impostazioni formali.
Così come la modernità venne contrassegnata in origine dall’elaborazione della prospettiva come metodo di inquadramento spaziale, dove l’opera veniva delimitata nel recinto bidimensionale della tela, all’interno della quale l’artista dava sfogo alla sua inventiva in relazione al rapporto intercorrente tra figura ed ambiente circostante, che troverà piena applicazione con la visione aeriforme ed il gioco di luci ed ombre tipico dell’arte barocca, di pari la contemporaneità non può essere interpretabile od addirittura concepibile senza tenere presente la rivoluzione scatenata dall’avvento delle tecnologie fondate sull’elettromagnetismo. Dopo l’ultima grande invenzione moderna, la fotografia, che libera l’artista dall’onere di essere l’unico possibile riproduttore della realtà, dando il via alla fase dell’espressionismo e dell’astrazione, la stagione della contemporaneità tende all’ambizione di far fuoriuscire l’arte dal suo classico confine, fosse esso lo spazio pittorico, od il classico monumentalismo, per invadere lo spazio circostante, esaltando il procedimento mentale e scapito di quello manuale, con l’arte vista come evento cerebrale ed immateriale e l’artista come lo sciamano in grado di “virgolettare” artisticamente l’universo mondo. La non rinviabile necessità di violare tutti i dogmi e tutti i tabù, che troverà il suo culmine con la stagione del Concettuale degli anni ’60 e ’70, dove si arriverà al “grado zero” dell’espressione artistica e dove la manualità, e quindi la pittura, verranno messe ignominiosamente al bando, porterà ad una fase successiva di grande libertà formale dove questi valori, affiancati da altri, torneranno decisamente in auge.
Questi primi anni del nuovo secolo, esauritisi fortunatamente gli eccessi di disordine teorico e produttivo degli anni ’90, fase decadente del primo ciclo del post moderno, stanno permettendo, nell’ambito di una scena sempre estremamente affollata di sollecitazioni visive, ed è ormai inevitabile sia cosi, ma più fluida e contrassegnata, specie da parte dei giovani artisti, da un maggiore tasso di umiltà e rigore progettuale, momenti di importante verifica ed aggiornamento di fasi importanti dell’arte degli ultimi decenni del Novecento, sia rispetto ai flussi generazionali che alle singole personalità, di cui ora si può verificare con calma il progetto e l’attualità dello stile. L’eclettismo stilistico che, come ho ripetutamente affermato, è vigente nella scena italiana ed internazionale a partire dalla seconda metà degli anni ’80, dopo l’entusiasmo a volte enfatico degli esordi, denso però di promesse di futura evoluzione e maturazione delle proposte, e l’irrisolutezza autoreferenziale degli anni ’90 dove, particolarmente in Italia, gli autori dotati di una maggior carica di estrosa originalità, e non ne sono mancati, hanno subito un tentativo di oscuramento ed emarginazione, questi primi anni del nuovo millennio, pur in presenza di un sistema ancora caotico e fin troppo affollato, anche se la moltiplicazione dell’offerta e della proposta non rappresenta di per sé un fattore negativo, denunciano, stilisticamente parlando, un clima di maggiore interesse. Ho avuto modo di parlare di recente di “nuova contemporaneità” per siglare l’attuale condizione, dove pare che la ormai ventennale volontà di formulare i postulati di una nuova estetica, che sommi la rilettura citazionista delle esperienze del Novecento ad un rapporto consapevole e disinibito con le nuove tecnologie ed il clima complessivo della società post industriale, stia trovando iniziale e non più rinviabile compimento.
Il lavoro di Enzo Gagliardino, nella circostanza allestito presso la Galleria Punto Due di Daniele Decia, sita in un luogo artistico per eccellenza come Calice Ligure, riesce nella non facile impresa di sintetizzare armonicamente aspetti centrali del dibattito artistico della post modernità riuscendo ad oltrepassare il dilemma, relativo alla ri-definizione della pittura come genere dopo il temporaneo abbandono della stessa nella fase più radicale dell’ondata Concettuale, se privilegiare la raffigurazione naturalista o rifugiarsi nelle più rassicurante pieghe dell’astrazione vista come cifra stilistica della contemporaneità intesa in senso culturologico. . L’artista piemontese vanta una invidiabile coerenza relativamente ad un progetto formale che, in un lasso di tempo ormai trentennale, ha conosciuto solo lievi variazioni iconografiche mantenendosi fedele al dettato di una personalissima ed originale aniconicità.
Si tratta di veri e propri “luoghi dell’anima”, scenari che rappresentano simbolicamente l’interiorità dell’artista. Il tema centrale quasi ossessivo sviluppato da Gagliardino è quello dei muri di anonimi edifici, fabbriche, scuole, case tipiche degli insediamenti periferici popolari, od anche stadi di calcio, simboli di una passione sportiva che ci accomuna, emblemi esemplari di un paesaggio metropolitano anonimo ma non angosciante, in fondo tedioso nella sua banale ripetitività, rappresentati con il tramite di una pittura nitida ed essenziale, volumetrica al punto da far assumere alle composizioni la nitidezza dell’iconografia metafisica, a sua volta ispirata dalla “pre - modernità” del primo Quattrocento, quanto il dettato Albertiano della prospettiva prediligeva la compostezza della geometria ed una relativamente ridotta profondità spaziale che favoriva l’ermetismo e la sospensione magica della composizione. Differenza sostanziale la parete metropolitana che prende il posto dell’uomo al centro dell’inquadratura. Come ho sottolineato introducendo il lavoro dell’artista all’interno della quarta ed ultima edizione della Biennale d’Arte Contemporanea del Piemonte, non a caso dedicata al rapporto intessuto dalla ricerca artistica con la grafica e l’immagine pubblicitaria, definivo il lavoro di Enzo Gagliardino all’interno di una originale linea di ricerca dove composizioni armonicamente in equilibrio tra astrazione e figurazione si caratterizzavano per l’assenza di qualsiasi richiamo diretto alla realtà naturale od alla figura umana, con lo spazio della tela rigorosamente squadrato con un sistema di griglie visive ortogonali che propongono inquadrature di architetture metropolitane proposte come provenissero esclusivamente dal punto di vista dello spettatore.
Edoardo Di Mauro, dicembre 2010
Inaugurazione: Sabato 18 dicembre 2010 alle ore 18
Galleria Punto Due
piazza IV Novembre, 7 - Calice Ligure (SV)
dal lunedì alla domenica 16-20, sabato fino alle 23