Il velo rivelatore. Le foto di Zaccaria operano una sorta di 'decentramento visivo': ritraggono infatti la vita nel suo accadere ma mai in maniera descrittiva. Nello spazio indagato e' riconoscibile la citta' di New York, con le sue strade, la sua vita frenetica e ricca, i suoi grattacieli, polo imprescindibile del nostro immaginario moderno e metropolitano.
Le foto di Fernando Zaccaria operano una sorta di “decentramento visivo”: ritraggono infatti la vita nel suo accadere ma mai in maniera descrittiva. Nonostante non vi sia mai ricorso a elaborazioni digitali, negli scatti esposti la vita compare con le sue “impronte”, le sue “tracce”, che operano una sorta di “decentramento visivo”: lo spettatore, di fronte alle inquadrature di Zaccaria, coglie in modo immediato colori, disegni, e linee di movimenti; poi, però, scorge qualcosa di nascosto, è indotto a spostare lo sguardo, a renderlo obliquo per poter leggere nei riflessi. Inizia così quel processo riflessivo che sposta lo sguardo al di là del meramente visibile.
Zaccaria cerca di vedere ciò che, perlopiù, si sottrae all’esperienza quotidiana. Attraverso accorgimenti e pazienti appostamenti, rende visibile ciò che potrebbe essere, se solo si sospendesse la corsa del tempo.
Per questi motivi, alcune foto, di ampie dimensioni, saranno esposte a ridosso delle vetrate del Foyer dello Spazio Oberdan, così che lo spettatore esterno, occasionale, avrà modo di riflettersi in esse, e magari di riconoscersi. Potrà crearsi un paradossale intreccio di straniamento e avvicinamento, che dà molto da pensare, oltre che da vedere.
Nei lavori di Zaccaria (tutti su pellicola, non ricorre ad elaborazioni digitali di nessun genere) si può riscontrare lo sforzo di mostrare il frutto di quelle che l’autore chiama “ricerche intorno all’uomo” mirate a cogliere segni come materiale per i sensi, dove i contorni e gli effetti cromatici ripresi dalla vita nel suo accadere, si propongono agli stimoli percettivi in una dimensione altra rispetto all’ambito di attenzione quotidiano.
Nello spazio indagato da Fernando Zaccaria è riconoscibile la città di New York, con le sue strade, la sua vita frenetica e ricca, i suoi grattacieli, polo imprescindibile del nostro immaginario moderno e metropolitano.
Ma come tutte le grandi metropoli del moderno, anche New York ha una vita propria e un volto che cambia con il trascorrere del tempo. Di questa metamorfosi, cominciata con il trauma dell’ 11 settembre 2001, la raccolta vuole indagare anche un Paese, una società, le impressioni e le sensazioni dell’artista, in un incontro imprevisto tra uomo e architettura, natura e progresso.
La mostra “Il Velo Rivelatore” è accompagnata dal catalogo “New York City LIGHTPRINTS” (Ed. Silvana Editoriale), con un contributo di Markus Ophälders, docente di Estetica all’Università degli Studi di Milano.
La mostra “Il velo rivelatore” inaugura il progetto più vasto de “Il paguro e l’avatar. L’immagine spaesata”, a cura di Salvatore Stornaiuolo, che ha per scopo la creazione di una simultaneità di eventi culturali in comunicazione tra di loro, capaci di interagire con il territorio circostante e di proporsi come modello anche per gli altri ambiti, politico, economico e sociale. Tuttavia, il progetto prevede di svilupparsi anche nel corso del tempo: gli allestimenti artistici e teatrali, la presentazione di libri, lo svolgimento di conferenze e di incontri, le proposte di concerti musicali, le proiezioni video possono non solo avvenire contemporaneamente, ma anche rinviarsi, riprendersi, riproporsi mutati e arricchiti dell’apporto del pubblico in un gioco di riflessi e di riflessioni, tale da creare uno stile di vita solidale e riflessivo che, mentre preserva e rigenera tradizioni e comunità, si apre a nuove possibilità sociali, a nuove identità tramite l’adozione di un avatar.
La mostra di Fernando Zaccaria, costituisce inoltre la “cornice” degli altri appuntamenti in programma per la rassegna “L’immagine spaesata”: il ciclo di incontri “Quattro libri quattro autori” (Sala Proiezioni Spazio Oberdan, 17 e 24 gennaio; 7 e 14 febbraio 2011), , lo spettacolo teatrale della Compagnia Formelinguaggi “Shakespeare a pezzi” (Teatro Dal Verme, 28 gennaio 2011) e la mostra “Blacklight” con installazioni di Diego Bianchi. (Foyer Spazio Oberdan, 2 – 20 febbraio 2011).
Fernando Zaccaria è nato il 20 Giugno 1970. È un fotografo che si divide tra New York City e l'Italia dove vive. Si occupa di fotografia artistica e prosegue negli studi filosofici.
Nei suoi lavori si può riscontrare lo sforzo di mostrare il frutto di quelle che l’autore chiama “ricerche intorno all’uomo” mirate a cogliere segni come materiale per i sensi, dove i contorni e gli effetti cromatici ripresi dalla vita nel suo accadere, si propongono agli stimoli percettivi in una dimensione altra rispetto all’ambito di attenzione quotidiano.
La Fotografia non è per lui uno strumento privilegiato, piuttosto una delle “pratiche” di vita concreta che sposta nel suo proprio ambito la quotidianità stessa. Cosi, la quotidianità ne risulta in rallentamento verso una stasi dinamica.
La circostanza che portò l’artista al suo primo servizio artistico sulle Twin Towers lega in modo indiretto la sua attività alla World Trade Center Memorial Foundation di New York che nel museo dell’11 Settembre accoglie alcune delle sue opere e collabora con lo stesso per la produzione di materiale vario a disposizione del museo.
Pubblicazioni: “New York City September 10th” 2002 GRIBAUDO editore Torino, “New York City LIGHTPRINTS” 2008 Silvana editoriale Milano.
Alcuni eventi: Mostra “SPAZI VISIVI ISTANTANEI - lo sguardo obliquo” Castello di Pico della Mirandola, 30 Agosto 2008; Mostra “SOUL CAGES” Milano 24 Settembre 2009;Mostra “New York City LIGHTPRINTS” Verona 6 Novembre 2009.
Inaugurazione 11 Gennaio 2011
Spazio Oberdan
viale Vittorio Veneto, 2 - Milano
orario: da mercoledì a domenica 10-23 - lunedì e martedì 10-19.30
ingresso libero