Geometrie e allegorie. All'interno del progetto 'Balconata romana', una personale dell'artista che giunge alla pittura tramite l'architettura: "un linguaggio a meta' fra la decorazione e alterazione, rovistando la profondita' della superficie".
a cura di Carlo Franza
Ha preso il via, all’interno dell’Anfiteatro della Cultura del “CENTRALE” di Roma il nuovo progetto, annate
2008/2009/2010/2011, dal titolo “BALCONATA ROMANA”, un percorso artistico internazionale ideato e diretto dall’illustre
storico dell’arte di piano internazionale Prof. Carlo Franza, che segue i precedenti progetti “Strade d‘Europa” (2004),
“Belvedere” (2005) e “Icone Contemporanee” (2006-2007). Questa mostra dal titolo “Geometrie e allegorie” è la
diciassettesima del nuovo percorso, ed è già una novità in quanto si veicolano a Roma nomi dell’arte contemporanea di
significativo rilievo, ma essi evidenziano e mettono in luce gli svolgimenti più intriganti del fare arte nel terzo millennio.
L’esposizione curata dall’illustre Storico dell’Arte Contemporanea di fama internazionale, Prof. Carlo Franza, che firma anche
il testo in catalogo dal titolo “ Geometrie e allegorie ”, riunisce circa quaranta opere dell'artista Maura Zonta (Libe), apparsa
agli occhi della critica italiana come una delle più interessanti e propositive figure dell’arte nuova contemporanea per via
della dinamicizzazione di forme e costruzioni allagate da un colore luminoso e decorativo.
Scrive Carlo Franza nel testo: “Maura Zonta (Libe) giunge alla pittura tramite l’architettura e ciò potrebbe
essere anche nel suo senso inverso, così per chiarire come il rapporto con il mondo sia diretto, giacchè vi
concentra esperienze e le illustra per sottometterle alle strutture del quadro. La sua arte pare quindi una
citazione postmodern di quei nuclei astratto-geometrici che hanno anche declinato il secondo novecento.
Così facendo si producono processi di esemplificazione, che allo stesso tempo sono un chiarimento. Non
si può però parlare veramente di semplicità delle forme, ma questa semplicità occorre valutarla nella sua
sovrapposizione contenutistica come astrazione dell’esperienza razionale ed allo stesso tempo come
complessità del quadro. Ella stessa riduce le immagini per poterle contenere nei limiti del motivo da
riprodurre. Concentra piuttosto che disperdere, portandosi verso un punto che muove l’osservatore ad una
visione totale, punto che conferisce ai quadri una grandezza immaginaria. Tant’è che i quadri iniziano da
qualche parte ma terminano al di fuori della tela, giacchè essa è la concentrazione frammentaria di un
avvenimento, di un’idea, di una riflessione in crescita e tuttavia completa. Queste forme astratto-
geometriche, queste scansioni matematiche di spazi liberi di tolleranza,tanto da far parlare di “opere
aperte” spiegano un nuovo senso del possibile che deve esistere, esattamente come il senso del reale.
Lontana ormai da copie di natura, la Maura Zonta (Libe) vive e chiarisce le impressioni ottiche che sono
esperienze visuali, che si possono trasferire sulla tela semplificando, arricchendo di colori, rafforzando
qualità immanenti al quadro, perché l’arte può essere capita come qualcosa di artificiale, come decisione
emotiva o spirituale alla ricerca di un’armonia di vita.
La Maura Zonta (Libe) porta a maturazione, come poche altre volte è significato in pittura, lo spazio,
quella dimensione attraverso cui l’artista da sempre tenta di catturare la dimensione temporale, una sorta
di luogo finito in cui è possibile organizzare il sistema dei segni, e arrivare a una definizione del
linguaggio. D’altronde la spazialità è l’unica dimensione capace di affrontare il tempo che fugge.
La nostra artista movimenta lo spazio con un linguaggio a metà fra la decorazione e l’alterazione,
rovistando la profondità della superficie, la prospettiva, l’illusione di una dimensione interna allo spazio,
la vibrazione di esso che s’apre a un’ulteriore dimensione che è quella della vertigine. Geometrie,
paesaggi stellari, satelliti, spazi infiniti, tutto gioca su strette simmetrie, su corrispondenze, su frontalità e
giochi di anamorfosi; splendori bidimensionali, geometria piegata e geometria emotiva, scacchiere, ritmi
preordinati, imperfezione e imperfezione costruita. Una pittura di confine che produce una coscienza
metalinguistica che segna un’astrazione giocata tra descrizioni e riprese, tanto che aumentando il processo
di astrazione, inevitabilmente la Maura Zonta (Libe) rende sempre più forte il bisogno di dare centralità al
fattore luminoso, astratto per eccellenza in quanto lo spazio materiale delle forme trova la sua
celebrazione proprio per il protagonismo della luce che irradia ogni cosa.
Luce e colore, talvolta anche squillanti, fatti di travestimenti, insinuazioni, esplosioni, affermazioni
atmosferiche, sono al servizio di queste costruzioni formali, e il processo di crescita via via arriva
all’affermazione di timbri stellari, bloccati e raffreddati come un magma rappreso. E’ un processo quello
della Maura Zonta (Libe) che lascia intravedere un’arte capace di rendere visibile l’invisibile, un corpo a
corpo con la natura materializzata attraverso un metodo di contenimento e costruzione che ne potenzia la
presenza. Questa sua necessità creativa evidenzia ogni fantasma, rispettandone l’astrazione, un corpo a
corpo dell’esistenza di un mondo o di mondi che riemergono come un dialogo permanente
nell’artificiosità delle immagini. L’artista giuliano-milanese vede il mondo in maniera poetica, dopo aver
teorizzato in modo kleiniano la sua ricerca della bellezza, e la destrutturazione delle forme porta a un
segno più arcaico, a una ricostruzione della storia interna alla vita stessa, giacchè, come per Ben
Nicholson, le categorie geometriche sono l’esperienza filtrata dalla ragione. I percorsi, le tracce, ogni
rigorosa abituale geometria, soggiacciono a una tensione emotiva che fa meditare il ripensamento e
l’appropriazione di strutture spaziali, rendendo questo lavoro opera “in divenire”, dove velo e materia,
forza del segno ed equilibrio cromatico, grafie e tralicci compositivi, sono linguaggi personalissimi di
una severa coscienza, architetture rigorose quanto palpitanti.
Biografia dell’artista
Maura Zonta (Libe) è nata a Monfalcone (GO) nel 1959. Si è laureata in Architettura al Politecnico di Milano con
una tesi su Frank Lloyd Wright. Vive a Milano dove esercita tutt'oggi la professione di architetto nei settori della
progettazione residenziale, industriale, terziaria, funeraria e restauro di edifici religiosi e civili, ed ha vinto per
l'Architettura il Premio delle Arti - Premio della Cultura, edizione XXII, 2010. Svolge attività di ricerca artistica in
ambito pittorico e plastico. “Un alfabeto diverso” è la sua prima mostra personale a Milano al Creative Council,
presentata dall'illustre Storico dell'Arte Contemporanea Prof. Carlo Franza, che ne aveva scoperto il suo lavoro
artistico nel 2010 e l'ha candidata anche alla XXIII edizione del Premio delle Arti Premio della Cultura 2011. Nel
2011 è presente con un'altra storica mostra personale al Centrale Ristotheatre di Roma. Tra il 2011 e il 2012
ulteriori tappe saranno Firenze e Berlino. Del suo lavoro hanno scritto critici illustri tra cui Carlo Franza.
Biografia del curatore
Carlo Franza, nato ad Alessano (Le) nel 1949, è uno Storico dell’Arte Moderna e Contemporanea, italiano. Critico
d’Arte. E’ vissuto a Roma dal 1959 al 1980 dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La
Sapienza (Lettere, Filosofia e Sociologia). Si è laureato con Giulio Carlo Argan di cui è stato allievo e Assistente.
Dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Professore Straordinario di Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea,
Ordinario di Lingua e Letteratura Italiana. Visiting Professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e in
altre numerose Università estere. Docente nel Master Universitario “Management e Valorizzazione dei Beni
Culturali” allo IED di Milano. E’ stato indicato dal “Times” fra i dieci Critici d’Arte più importanti d’Europa.
Giornalista, critico d’arte dal 1974 a Il Giornale di Indro Montanelli, oggi a Libero fondato da Vittorio Feltri e
diretto da Maurizio Belpietro. E’ fondatore e direttore del MIMAC della Fondazione Don Tonino Bello. Ha al suo
attivo decine di libri fondamentali e migliaia di pubblicazioni e cataloghi con presentazioni di mostre. Si è
interessato dei più importanti artisti del mondo dei quali ne ha curato prestigiosissime mostre. Dal 2001 al 2007 è
stato Consulente del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Ha vinto per il Giornalismo e la Critica d’Arte, il
Premio Città di Alassio nel 1980, il Premio Barocco-Città di Gallipoli nel 1990, il Premio Cortina nel 1994, il
Premio Saint Vincent nel 1995, il Premio Bormio nel 1996, il Premio Milano nel 1998, e il Premio delle Arti
Premio della Cultura nel 2000 (di cui è presidente di giuria dal 2001) e il Premio Città di Tricase nel 2008.
Immagine: Metropoli II, tecnica mista su tela, cm.40x80, 2010
Inaugurazione: sabato 5 marzo 2011 alle ore 18.00
Centrale Ristotheatre
Via Celsa 6 (Piazza del Gesu') - Roma
Orario: dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 18.00