Le opere di Marco Lodola le ho amate subito. La semplicità , la stravagante eleganza del suo linguaggio giungono immediatamente piacevoli, un po' come la prima volta che ascoltai i Velvet Underground, da subito morbidi e seducenti.
Vorrei, come avveniva in passato, che la
musica lirica tornasse a coinvolgere le
masse, uscendo dai confini eccessivamente
elitari in cui si trova ora, ridotta a un evento
per pochi cultori e non più divertimento
popolare.
Le opere di Marco Lodola le ho amate subito. La semplicità , la stravagante eleganza del suo
linguaggio giungono immediatamente piacevoli, un po' come la prima volta che ascoltai i
Velvet Underground, da subito morbidi e seducenti.
Ama la musica Marco, è rocker nell'anima. Stones e Hendrix il suo patrimonio sonoro.
Curiosamente, però, la sua forza si nasconde dove l'elemento rock-pop incontra il
romanticismo del vecchio continente.
Usa ed Europa, equilibrio e movimento si rincorrono alla ricerca di una serenità perduta, le sue
forme mi "arrivano" più che gli Stones, come le traballanti geometrie dei Talking Heads, la
malinconia comicità di Woody Allen, l'America sì, ma quella di Wenders.
Figlio della ricca e operosa provincia pavese, Lodola proietta il suo viaggio sull'incerta via
dell'arte: la sua Lombardia diventa la Trieste di Svevo, la Lubecca di Mann o, perché no, la
Brescia dei Timoria.Un angolo nebbioso come osservatorio del mondo. In questo sì, ho trovato
sentimento vicino al mio: il punto di partenza per un percorso comune.
Teatro Massimo di Palermo, Sala Pompeiana, Piazza G. Verdi, tel info 091-6053253
ore 10-16, e ore concerti