Rudolf Nureyev le fou de danse. La mostra presenta 26 fotografie inedite, insieme ad un video reportage dedicato al ballerino: immagini scattate al Theatre du Chatelet di Parigi nel 1982, in occasione della performance di Nureyev con il Ballet de Nancy.
Un giorno, nel 1982, Rudolf Nureyev mi passò davanti e lo fotografai.
Con queste parole il fotografo francese Jean-Claude Asquié racconta come ha avuto inizio il suo reportage dedicato al ballerino più famoso del mondo e introduce la mostra di 26 fotografie inedite che insieme ad un video, realizzato per l’occasione, saranno esposte a Pesaro nella mostra Rudolf Nureyev le fou de danse.
La mostra giunge nelle Marche grazie a Proartis produzioni artistiche associate, in collaborazione con Atelier Danza Hangart e con il Patrocinio del Comune di Pesaro, e sarà allestita dal 12 marzo al 12 giugno 2011 presso gli spazi Proartis di via Ponchielli 87.
Il visitatore potrà immergersi in una affascinante carellata di immagini scattate al Théâtre du Châtelet di Parigi nel 1982, in occasione della straordinaria performance di Nureyev, con il Ballet de Nancy e la regia di Serge Golovine, nella riedizione di tre capolavori storici: Petroucka e Le Spectre de la Rose del 1911, su musica di Stravinsky e coreografia di Michel Fochine, e L’après midi d’un Faune del 1912, sull'omonimo preludio di Debussy; i titoli più innovativi creati dalla troupe di Sergei Diaghilev nella prima fase di vita e di successo dei Balletti Russi. Protagonista di allora, il grande Vaslav Nijinsky, danzatore e pure coreografo rivoluzionario nel Pomeriggio di un Fauno.
Rudolf Nureyev (1938-1993), altro talento fuoriuscito dalla Russia, divenuto subito leggendario per le sue capacità artistiche ed espressive, era perfetto nella parti che furono di Nijinsky e lo riconosciamo in tutto il suo carisma nelle fotografie di Asquié.
Vediamo Nureyev ritratto nella parte del buffone con il trucco triste, Petroucka; personaggio-marionetta di un teatrino nel teatro dove è ambientata un’antica e grottesca fiera di Carnevale a San Pietroburgo. Innamorato della Ballerina e ucciso dal Moro, rivale in amore, il suo spirito è così liberato e può aleggiare beffardo. Emozionanti anche le immagini che lo hanno immortalano ricoperto di petali ovvero nei panni dello Spirito della rosa regalata a una fanciulla dal suo giovane amore. Si presenta in sogno alla ragazza e dopo un ultimo valzer se ne va come è arrivato, attraverso la finestra con un salto mozzafiato. Strepitose infine le fotografie con Nureyev interprete del Fauno invaghito di una ninfa al bagno che spaventata fugge via ma la sciarpa da lei dimenticata diventa per lui fonte di immaginazione e oggetto del desiderio. Lo spettacolo, che alle origini suscitò scalpore per la sensualità della trama, per l’audacia dei movimenti evidenziati dal costume maculato, quasi una seconda pelle, disegnato da Leon Bakst, e soprattutto per il linguaggio totalmente anti-classico con svolgimento orizzontale ideato da Nijinsky, rivive pienamente sul palco solcato da Nureyev e tramite gli appunti fotografici di Asquié si rivela a noi nel suo fascino senza tempo.
La magia delle immagini fotografiche di Asquié, rigorosamente in bianco e nero, riportano immediatamente a quelle straordinarie performance ma anche qualcosa di meno esplicito. Fotografo e ballerino si conoscono proprio in questa occasione ed è dal fortunato incontro tra due sensibilità artistiche che nasce l’ispirazione del primo a cogliere l’emozione fortuita e l’attimo fuggente ogni volta che l’icona sacra della danza si trova sotto il suo sguardo, sulla scena, alle prove, ma anche nei momenti di relax.
Così scrive Viana Conti nel suo testo di presentazione: “Il mondo sotto i riflettori della star della danza si incrocia con quello in penombra, dietro l’obiettivo, del fotografo: l’esito ha l’imprevedibilità, l’improbabilità di un altrove, di un’icona che si forma e si dissolve... È così che le fou de danse si incrocia con le fou de lumière: quel giorno si fissa nel tempo una scrittura di luce.”
Il video firmato Asquié integra l’esposizione con uno sdoppiamento creativo della coreografia che esprime il non-detto delle motivazioni di fondo della sua ricerca sull’immagine del corpo e sul design della luce, eppure il non-visto della danza. Spiega la Conti: “…il palcoscenico, disegnato geometricamente dal colore, dissolto nella luce, attraversato dalle scie lasciate dai danzatori, ora si sospende nel vuoto ora diventa campo di neve su cui ballerine appaiono come statuine di un carillon. Attraverso la videocamera di Asquié il palco diventa una figura mutante, sotto le evoluzioni aeree della danza, diventa scacchiera su cui pedine umane assolvono al loro impegno, si dispongono come al tavolo dell’Ultima Cena di Cristo, rientrano, inconsapevolmente, nell’economia minimale di un quadro deciso altrove. Ci sono immagini d’insieme, delle dissolvenze incrociate dei corpi, che rinviano a un’estetica, sdrammatizzata, di Francis Bacon, a dischi di luce e ombra di Kenneth Noland, a segni gestuali di attraversamento del corpo di Arnulf Rainer, ma soprattutto a configurazioni di rettangoli di luce, del palcoscenico e del fondale, che rinviano all’Espressionismo Astratto di Mark Rothko.”
Jean-Claude Asquié è fotografo e lighting designer e da oltre trent'anni - esordisce a Bruxelles con il Ballet du XXième Siècle diretto da Maurice Béjart - collabora con registi e coreografi in tutto il mondo per spettacoli di danza, opera, teatro. Esperienza che rielabora altresì attraverso installazioni video - ha partecipato a mostre ed eventi di arte contemporanea in tutta Europa - in cui il punto fermo è la ricerca sulla luce e laddove la danza si rivela un tema ricco di suggestioni.
E così con la fotografia esplora “attimi interstiziali, fuggevoli, irrappresentabili, non fissabili, - continua la Conti - al punto da restituirci, frange di luce che, come veli, avvolgono il danzatore e la danzatrice, quasi a sottrarne la corporeità al pubblico, che rapito e ammutolito, continua a emozionarsi davanti allo splendore inafferrabile della loro aura”.
Nota di Jean-Claude Asquié
Danza e Fotografia. L’antagonismo perfetto
E’ ragionevole fotografare la danza? Come si può affrontare questo inevitabile dilemma?
Le migliaia di immagini ricevute dal pubblico ad uno spettacolo sono tradotte immediatamente in sensazioni e sentimenti, queste immagini sono altrettanta concorrenza per il fotografo.
Si delineano, quindi, due opzioni. La prima è fissare il passo di danza come un documento, come una testimonianza dell’evento, senza interpretazione personale – questa è già una scommessa –, l’apparecchio fotografico è una piccola macchina che serve a fissare un’immagine fedele alla realtà, portarla all’altezza dell’occhio, guardare nel visore, lo spazio è già definito. La seconda opzione è strettamente legata alla natura interiore della danza: la danza tesse una tela immaginaria nello spazio, rilegando il detto e il non detto di ognuno di noi e una buona fotografia di danza è, forse, la restituzione di questo immaginario.
Ufficio Stampa Proartis
Alessandra Zanchi 328 2128748 ufficiostampa@proartis.it
Inaugurazione: Venerdì 11 marzo ore 18
Proartis produzioni artistiche associate
via Ponchielli, 87 - Pesaro
Orari: Primo e ultimo sabato del mese 10 - 13 / 16 - 19
Tutti gli altri giorni su appuntamento
Ingresso libero