Galleria d'arte Il Saggio
Mantova
Via della Mainolda, 19
0376 321045

Stefano Marocchi
dal 11/3/2011 al 25/3/2011
10-12.30 e 15.30-19.30

Segnalato da

Maria Panizza




 
calendario eventi  :: 




11/3/2011

Stefano Marocchi

Galleria d'arte Il Saggio, Mantova

Sospiro. 'L'essenza delle opere risiede tra il libro sacro, i suoi significati dalla forte carica emotiva e il discreto intervento dell'autore (Elena Alfonsi)'.


comunicato stampa

L’anima, la dimensione più profonda e segreta dell’uomo, misteriosa a tal punto da non poter essere descritta o raccontata, si lega al silenzio. Quando la sofferenza giunge a segnare la vita, e persiste conservando la sua validità ed effi cacia oltre i consueti limiti di tempo, per l’artista è il momento di superare lo scoglio dell’inesprimibile, dando corpo all’indicibile.

La violenza sulle necessità essenziali della struttura psicologica, conduce la ricerca ad addentrarsi in configurazioni spesso lontane da prospettive unilaterali, aprendo involontariamente la comunicazione con il divino. Ma chi crede, non vive contemporaneamente l’esperienza del paradosso e del contrasto? Se chi crede ha in sé la passione per “l’altro”, non viaggia misteriosamente verso l’amore? L’opportunità data dall’improvviso desiderio di approfondire una relazione, non pone l’uomo ad incontrare dietro “l’altro” se stesso? In questa vitalità sperimentale, il riferimento alla pratica del readymade, dell’oggetto scelto e ricontestualizzato, sul quale si compie un’operazione di spostamento del significato oggettivo, con la conseguente attribuzione di una nuova identità, non si limita al mero trasferimento. La connessione tra l’espressione artistica e la vita materiale, dalla quale l’autore non può scindersi, ma della quale si compenetra, per reazione, concreta, nella nuova congiunzione dei termini di devozione, una fisicità liricamente trasfigurata. Le composizioni si fondano sul potere evocativo e suggestivo di testo e colore, prospettandosi per superare la visione, e giungere direttamente alla mente. Il dubbio se credere o non credere, mobilita l’artista in un viaggio di trasformazione delle conoscenze in testimonianze, evolvendosi inaspettatamente in comunicazione del divino. L’essenza delle opere risiede tra il libro sacro, i suoi significati dalla forte carica emotiva, e il discreto intervento dell’autore. La ricerca concettuale indaga sul rapporto tra l’oggetto d’uso e il suo assurgere a nuova corporeità, dove il sottile legame con la pittura è nel ricorrere all’anilina nera, al colore bianco, nero e rosso.

Idealizzare l’amore, significa porsi a confronto con l’inesplicabile, e l’opportunità di possedere sempre il privilegio di poter avere uno spazio aperto alla creatività, dove liberare le emozioni, diviene la dimensione ideale in cui confidare i più intimi segreti. Il racconto in frammenti, richiede obbligatoriamente la nostra partecipazione per congiungere le parole, appartenenti al testo originale e condivise con il personale vocabolario interiore, che riunendosi in una nuova stabilità, annullate mentalmente le pause, nell’estensione non interrotta, formulano un nuovo linguaggio. Se la materia è sempre stata presente nella produzione di Stefano Marocchi, in questa ricerca la scelta è un testo integro, per il quale tiene, benché smembrato, il suo ordine, mantenendo quelle leggi che ne hanno determinato il nascere. Ogni foglio è il risultato di un dialogo concluso, tra l’autore e i suoi strumenti, un denso vissuto non legato alla mancanza di persone, ma paradossalmente alla loro presenza. Quando il contatto con chi non suscita in noi vicinanza e solidarietà si fa più assiduo, queste “necessità”conducono al silenzio. In questo “luogo” si ottengono le risposte che gli altri non sono stati in grado di dare, e malgrado possa sembrare impossibile l’incapacità di capire le nostre reali necessità, solo in questo stato di frustrazione si attiva la fantasia creativa, e la consapevolezza della propria interiorità. Essa permette di individuare quale sia la verità personale, che nella comunicazione, si esprime “raccontando” l’immateriale. In ogni uomo, in ogni artista, l’incontro con il divino è connaturato ad accadimenti legati ai trascorsi più dolorosi. Ma è esattamente questa la condizione ideale e propulsiva alla descrizione dell’universo interiore, perfetta per dare un corpo alla propria comprensione di ciò che ci circonda, oggettivando il desiderio di uno stato di equilibrio. In silenzio e solitudine, si evita ogni forma di indottrinamento, manifestando la cosciente rinuncia alla funzione protettiva e consolatoria dell’esterno, dove l’affannosa conquista dei beni terreni, può essere interpretata come la reazione al timore di rimanere soli. L’atteggiamento di rifiuto della protezione e consolazione di un mondo strumentalizzato dal potere mediatico, negando lo scambio verbale, rivela una condizione estremamente scomoda per una società che sottopone a un continuo martellamento ideologico. Compiendo questa scelta, l’artista diventa portatore di una insopprimibile individualità, allontanandolo dall’essere idoneo a inserirsi nell’ambito di un discorso collettivo o sociale, perché il rumore che lo circonda è il frastuono della falsità del mondo in cui vive, in grado di contaminare tutti coloro che evitano il silenzio, o più probabilmente, che del silenzio hanno grande paura.

Il testo sacrale presentato da Stefano Marocchi è l’opportunità di stabilire un collegamento con parole dal forte potere espressivo. Appartenendo alla pratica del credere, è tramite di sentimenti profondi, e in questo lavoro, malgrado nell’inquieta società contemporanea sempre più spesso assistiamo a squallide testimonianze dissacratorie di testi religiosi, lontano dal violarne la sacralità, viene fatto oggetto di un nuovo esame, in cui l’artista possa manifestarsi. Il testo non è un pretesto, ma il veicolo più espediente per esprimere i valori individuali. È interlocutorio, perché permette di aprire un dialogo con la speranza che questo possa continuare a rimanere aperto. È nesso relazionale, perché ha in sé la capacità di porre in relazione l’essenza del pensiero espresso con la realtà umana. Una motivazione alla sua scelta la troviamo nello studio della natura dei fenomeni culturali, nel loro manifestarsi nelle diverse società. In tutte le culture esiste un Dio, e la religione, nel suo dinamismo di rapporto variamente identifi cabile in regole di vita e venerazione, crea diversi tipi di legami, responsabili nella storia, di aver agitato pensieri e impulsi, sconvolgendo il sapere e il vedere di artisti che hanno concepito abbandonandosi all’impeto dell’ispirazione.

La dimostrazione alla legittimità della presentazione di un testo sacro, a cui il colore si associa facendo da contrappunto alla selezione di parole, e costituendo lo sviluppo di un progetto di presentazione al pubblico, è riconducibile alla fondamentale importanza di stabilire rapporti autentici, nei quali il vero scambio esiste solo se le parole hamio potere espressivo, perché si comunica un profondo sentimento. I pensieri dell’autore sono la verità del suo essere, liberata e messa a nudo su quei fogli di carta. La gestualità pacata, in cui testo e colore si ordinano seguendo una concreta e organica distribuzione degli elementi, esprime valori assolutamente individuali, essendo noi stessi unici testimoni delle nostre esperienze. Vivere intensamente è uno sforzo senza fine alla continua ricerca dei propri itinerari da percorrere, consapevoli della contraddizione che sia possibile raggiungere gli stessi obiettivi da direzioni diverse. Ottenere l’appagamento dell’animo nell’esclusivo coinvolgimento sentimentale, presupporrebbe un cambiamento della comunicazione che solitudine e silenzio non possono permettere. Ottenere lo stesso appagamento abbracciando un’idea religiosa che neghi tutte le altre è pericoloso, perché porterebbe inevitabilmente all’intolleranza. La soluzione, nella dimensione creativa di Stefano Marocchi è proprio nella doppia ambivalenza, dove l’ininterrotta coesistenza di sentimenti diversi mai posti in contrasto, tende a intrecciarsi sforzandosi quotidianamente di comporre con ordine i fili sottili dell’esistenza. Egli, nel ruolo di un interprete della verità profonda, benché sempre contraddittoria, attinge all’interno di se stesso per aprirsi al mondo, riferendosi sempre a quel codice che ritiene più valido per inviare il proprio messaggio: l’amore.

Testi di Elena Alfonsi

Catalogo Studioventisei

Spazio d'arte il saggio
vicolo della mainolda, 19 - Mantova
Orario: 10-12.30 e 15.30-19.30
Ingresso libero

IN ARCHIVIO [3]
Arte e Pensieri
dal 30/5/2014 al 27/6/2014

Attiva la tua LINEA DIRETTA con questa sede