Mito & ironia. L'artista, nella sua pittura, concilia la fascinazione per il mito e per l'antico con la propria disincantata modernita'.
a cura di Silvia Pegoraro
Si tratta della prima mostra personale(a cura di Silvia Pegoraro)del giovanissimo artista della provincia di Roma (Pomezia, 1985), che studia pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Il mito del mediterraneo, protagonista della cultura europea degli ultimi tre secoli, continua ad esserlo in alcune ricerche artistiche fra le più attuali, come quella di Stefano Alfieri, svelandosi in tutta la sua potenza metamorfica: oltre le istituzioni e la storia, un luogo della mente, un mondo possibile.
Nella pittura di Alfieri - memore di una certa dimensione della transavanguardia - il mito appare come forma aurorale di conoscenza della realtà, grazie alla quale il giovane artista tende ad eliminare la dicotomia tra spazio sacro e spazio profano, e sembra ristabilire un legame tra il mondo del già vissuto e il mondo della possibilità, rendendoci consapevoli di come il mito stesso possa innescare un processo di fantasia linguistica in grado di produrre nuove forme. Ma il mito della mediterraneità è anche il mito della perdita di un passato “mitico”: come prendere sul serio una nuova mitologia, se da tempo abbiamo perso il senso dei miti? Stefano Alfieri ha trovato una convincente soluzione espressiva per conciliare la fascinazione per il mito e per l’antico con la propria disincantata modernità, che gli impedisce di cullarsi acriticamente nelle suggestioni del passato. Ha così sviluppato una lucida, acuta ironia, che a sua volta mantiene lucido e acuto lo spettatore: ne tiene viva la coscienza critica , lo induce al pensiero, vietandogli l’ingresso totale e incondizionato, stupefatto e sognante, nelle magie coloristiche di questa pittura, dove davvero “il disegno altro non è che un moto profondo del colore” (Delacroix, De la peinture). Nell’epoca dell’elettronica e della telematica, Alfieri conserva un intenso rapporto con il “primario” proprio della sfera del mito, e con lo spessore simbolico della materia e della forma. La sua rilettura della dimensione mitica si fonda su un particolare mélange di ironico concettualismo, di amore per l’antico, di erotismo e di straordinario piacere della manualità, che si esprime in una complessa tecnica pittorica basata sull’uso degli smalti e del supporto “arcaico” delle tavole . Una tecnica da cui trae origine la forza visionaria dei suoi colori “ansiosi” e febbrili, spesso intrisi di una strana, sottile inquietudine, o di un’altrettanto strana malinconia: verdi come alghe, rossi bruciati, ocre accese, blu cobalto, blu oltremare…
Inaugurazione 7 aprile ore 18.30
Galleria d’arte Marchetti
via Margutta, 18/A - Roma
orari: 10.30-13 e 16-19.30
chiuso domenica e lunedi mattina