Cantieri Teatrali Koreja
Lecce
via Guido Dorso, 70
0832 242000 FAX 0832 242000
WEB
Dario Agrimi
dal 8/4/2011 al 25/4/2011
lun-ven 15.30-18 e nelle serate di spettacolo

Segnalato da

Paola Pepe - ufficiostampa Koreja




 
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8/4/2011

Dario Agrimi

Cantieri Teatrali Koreja, Lecce

Il lavoro di Agrimi si muove sul crinale accidentato delle esperienze collettive connesse a vicende sociali e culturali, prelievi esistenziali che esplorano un terreno pieno d'interrogativi, costellato di mosse dissacratorie. Un lavoro da iconoclasta che si concentra su immagini s-gradevoli.


comunicato stampa

A Koreja il panorama della giovane arte pugliese se ne discute con Lia De Venere
Il male che vince sul bene, le ingiustizie sociali e la continua migrazione delle forme nelle installazioni di Dario Agrimi

Sesto appuntamento nel foyer dei Cantieri Teatrali Koreja per SENSO PLURIMO, la seconda edizione della rassegna curata da Marinilde Giannandrea giornalista, critica e docente presso il Liceo Artistico “V. Ciardo” di Lecce.

Si svolgerà sabato 9 aprile 2011 alle ore 18.00 presso il foyer dei Cantieri Teatrali Koreja di Lecce un Focus sul panorama della giovane arte pugliese: incontro con Lia De Venere, docente all'Accademia di Belle Arti di Bari e critica d'arte coordinato da Marinilde Giannandrea e Lorenzo Madaro, storico e critico d’arte.
 
Mentre alle ore 19.00 (visitabile fino al 26 aprile 2011) si inaugura ilcriminenonpaga la mostra di Dario Agrimi. Trentunenne abruzzese d’origine ma pugliese d’adozione, Dario Agrimi spazia dalla pittura, all’installazione, con sperimentazioni in campo fotografico, plastico e video.

Il suo lavoro si muove sul crinale accidentato delle esperienze collettive connesse a vicende sociali e culturali, prelievi esistenziali che esplorano un terreno pieno d’interrogativi, costellato di mosse dissacratorie.
La gazza “ladra”, nonostante la sua sottile bellezza, è simbolo indiscusso del crimine e di una parte oscura e poco rassicurante dell’essere umano. Senza falsi moralismi l’artista, che da sempre manipola materiali organici e residui materiali, organizza un’esplicita dichiarazione d’intenti all’interno di un gioco ironico intorno alla “naturale” essenza delle cose. Mette in scena un’azione che ha che fare con la natura della morte e della conservazione dichiarando senza sotterfugi che l’happy end (in senso moralistico) non esiste e che il male prevale inevitabilmente sul bene.

Un lavoro da iconoclasta che si concentra su immagini s-gradevoli (gli animali imbalsamati), quasi a dichiarare una sensibilità poco incline al piacere estetico ma diretta al gesto sensibilmente impegnato nei confronti delle ingiustizie sociali. Un’azione che, in questo caso, attinge alla tradizione del trofeo di caccia e della moda piccolo borghese degli uccelli impagliati appollaiati sulle mensole di oscure biblioteche, figure a cavallo tra interesse scientifico e status sociale tra le quali Agrimi si muove con un leggero atto terroristico e con riferimenti illustri (Jan Fabre) in un gioco che senza mezzi termini connette “crudeltà e sincerità” .
L’opera di Agrimi diventa un vero e proprio paradosso, in bilico tra visibilità e discorso, la messa in scena di un processo sociale nel quale l’animale non è un testimone né per l’accusa né per la difesa ma piuttosto un tassello di una grammatica creativa tesa alla continua migrazione delle forme, perché un quadro, una scultura o un’installazione non cambiano solo in un ambiente nuovo, ma assumono anche un significato nuovo nella relazione con il visitatore, con le sue idee, i suoi preconcetti e il suo sistema di valori.

[…] Anche nel caso di Dario Agrimi, così come per molti artisti e in particolar modo per i suoi coetanei, rimane valido un assunto che Germano Celant ha più volte precisato e che qui è d’obbligo ribadire. «Oggi l’arte si fa con tutto e ovunque, senza confini linguistici e territoriali. Gli artisti entrano e agiscono nel campo dell’immagine con un’attitudine leggera e plurale, muovendosi senza istanze univoche nella panoramica di tutti i media».

Questa “attitudine leggera”, ormai ampiamente diffusa nelle arti visive e da tempo unanimemente accertata da chi ne analizza le linee di ricerca, non esige, almeno nel caso di Agrimi, un’indagine legata a cronologie determinate e a conclusioni nette. Nel suo lavoro si avverte senza indugio un continuo contatto e distacco nei confronti di tecniche espressive e parabole riflessive. Un’operatività disinvolta che, come spesso accade, affonda le proprie origini nella pratica pittorica. Gli smalti su PVC, in particolar modo i ritratti, testimoniano difatti un approccio figurativo mai retorico e al contempo una qualità d’esecuzione che molto deve, evidentemente, ai suoi studi d’accademia e alla capacità di manipolazione delle immagini tramite la fotografia. Amici, conoscenti e silhouette patinate, ispirate alla carta stampata e quindi a certa pubblicità, divengono immagini riconoscibili, globali – proprio perché accomunati da comuni ossessioni, portamenti, stati d’animo – che fanno avvertire un non celato interesse dell’autore per l’iconografia pop, naturalmente quella strettamente attuale.

L’interesse per il ritratto, ricollocato però in un’atmosfera rarefatta, a tratti intima, si ravvisa poi in tutta quella produzione ricavata mediante un processo quasi rituale – il paziente accostamento di peli e capelli su piccole lastre di vetro –, attraverso il quale sono ricostruite le reali fattezze fisionomiche del modello di turno. Come annunciato, il percorso di Agrimi è “plurale”, soprattutto per i medium espressivi adottati. Si pensi a Métà proposta nel 2008 in piazza Trieste a Trani – un’installazione verticale, quasi totemica, composta dall’accostamento di dodici quintali di scarpe usate – che chiarisce un altro interesse dell’artista, quello per la memoria collettiva racchiusa in queste reliquie che stanno a configurare il «viaggio che l'individuo compie durante l'esistenza, verso il divenire, verso ciò che si è». Immagini e considerazioni che nelle sue opere si celano spesso dietro apparente ironia – Dattero d’oro, una possente incudine con su scritto “fragile”, una croce realizzata con i brandelli di un vecchio metro di legno, solo per citare alcuni tra i suoi più interessanti interventi – che lo accomunano d’altronde a tutta quella cultura – anche barese, perché no – che ha dato splendidi frutti anche in tempi recenti e che non può che attribuirsi in qualche maniera al conterraneo genio di Pino Pascali […]
Lorenzo Madaro

Dario Agrimi (Atri, 1980)
Lavora dal 2001 e spazia dalla pittura all’installazione, con sperimentazioni in campo fotografico, scultoreo e video. La sua opera è caratterizzata da un approccio concettuale e si muove ironia dentro una dimensione che ibrida generi e linguaggi. Ha esposto in numerose mostre personali e collettive e nel 2008 ha allestito sulla banchina del porto di Trani Mètà, 12 quintali di scarpe spaiate con le quali invita «a vivere la vita un passo alla volta, perché ogni passo ha una storia da raccontare». Vive e lavora a Trani.

UFFICIO STAMPA
Paola Pepe
Ufficio Stampa
cell. 328/8912211
Cantieri Teatrali Koreja - Lecce
ufficiostampa@teatrokoreja.it

Inaugurazione sabato 9 aprile 2011 alle ore 18

Cantieri Teatrali Koreja
via Dorso, 70 - Lecce
E' possibile visitare le mostre nelle serate di spettacolo e dal lunedì al venerdì dalle ore 15.30 alle ore 18.00
ingresso libero

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