Artificial Devices. Le videoinstallazioni e le fotografie esposte sono concepite come strumento per documentare le performance di cui l'artista si rende protagonista.
a cura di Marta Cannoni
Affascinata dall'intricata rete di convenzioni sociali e dalla influenze che queste esercitano sugli aspetti più elementari dell'atteggiamento e le abitudini di ogni individuo, Roberta Ceresa ha deciso di porre tali meccanismi al centro di un'indagine sviluppata attraverso l'utilizzo di diversi media. Le sue video installazioni e le fotografie, concepite più come strumento per documentare le performance di cui l'artista si rende protagonista che come prodotto visivo autonomo, mostrano situazioni all'apparenza estremamente autoreferenziali che, tuttavia, se sottoposte ad un'analisi meno superficiale, rivelano l'intenzione di sottolineare l'assurdità di alcune norme comportamentali a cui tutti, seppure inconsciamente, siamo assoggettati. Tacchi vertiginosi che assumono le sembianze di protesi innaturali, creano un evidente contrasto con la nudità del corpo sul quale sono applicate; l'azione della depilazione, emblematico tentativo di negare l'ultimo residuo fisico che tradisce le nostre origini animali, è posta antiteticamente a confronto con i primi piani di un gatto che addenta dei pezzi di carne.
Roberta Ceresa focalizza la sua attenzione sulla necessità culturale di nascondere e addomesticare le spinte istintuali presenti nell'essere umano; scegliendo oggetti e circostanze appartenenti alla sfera del quotidiano, l'artista evidenzia la natura artificiale di tali dispositivi, ai quali contrappone un insieme di mezzi, altrettanto artificiali , progettati per riprodurre percezioni e sensazioni tattili tipiche delle primissime fasi della vita, quando l'individuo non ha ancora assimilato le sovrastrutture imposte dalla collettività. In questa prospettiva, una cella frigorifera calata in un ambiente insonorizzato diventa la trasposizione ideale di un grembo materno, in cui, anche in età adulta è permesso sperimentare la condizione di assoluto isolamento e protezione riconducibile all'esistenza prenatale; un tunnel di gommapiuma rosa, mimetizzato all'interno di un parco naturale, diventa un nido sintetico per abitanti umani; una bizzarra coperta disseminata di protuberanze simili a seni, rappresenta il tentativo -operato tramite una precisa scelta dei materiali- di ricreare l'impressione del contatto corporeo tra il neonato e la madre. Gli insoliti manufatti, realizzati ad hoc per occupare un ruolo centrale nello svolgimento delle performance, in sede espositiva si tramutano in installazioni destinate ad una fruizione polisensoriale, con cui l'artista ci invita a compiere il primo passo di un processo metaforico che, idealmente, prevede la sostituzione di tutti i tradizionali accessori scomodi e irrazionali con dispositivi artificiali alternativi, dalle proprietà meno ordinarie, ma più piacevoli.
Inaugurazione 16 aprile ore 18
Circolo Arci Sesto Senso
via Petroni 9/c - Bologna
Lun-sab 18-24
Ingresso libero