Galleria Maria Grazia del Prete
If you're feeling battered. L'artista ha realizzato per l'occasione una serie di nuove opere in cui risulta particolarmente accentuata l'ambivalenza tra un immaginario tenebroso e un'attitudine destabilizzante di leggerezza. Attraverso dipinti e sculture, Jensen introduce lo spettatore in un universo ''gothic'' fatto di apparizioni strampalate e umanissime.
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a cura di Pericle Guaglianone
Galleria Maria Grazia Del Prete è lieta di presentare If you’re feeling battered, prima personale in Italia dell’artista svedese Daniel Jensen (Malmö, 1972), a cura di Pericle Guaglianone. L’artista ha realizzato per l’occasione una serie di nuove opere in cui risulta particolarmente accentuata l’ambivalenza tra un immaginario tenebroso e un’attitudine destabilizzante di leggerezza. Attraverso dipinti e sculture, Jensen introduce lo spettatore in un universo gothic-friendly fatto di apparizioni strampalate e umanissime, sorprendentemente privo di connotati ammalianti e arcani.
La mostra è accompagnata da un testo del curatore
FONTI LUMINOSE NON CONVENZIONALI
Daniel Jensen è spesso in compagnia di soggetti improbabili. Tipi insoliti per carattere e connotati, personaggi che frequenta
lui soltanto. Condivide con loro gusti e opinioni, qualcuno sostiene addirittura che ci sia della somiglianza fisica. Potrebbe
trattarsi di vecchi amici, o almeno di sodali. Ma non è così. Di recente Jensen ha rivelato come stanno davvero le cose. Ha
ammesso che si tratta di creature che vengono alla luce direttamente nel suo studio. Puntualmente si dirigono insieme negli
spazi destinati alle mostre d’arte contemporanea.
Daniel Jensen è un artista-scoiattolo. Procede in modo meticoloso ma ha il pregio di risultare lesto, essenziale, conclusivo.
Mette al mondo esseri bizzarri anche se non ha nessuna voglia di imbastire epopee. Ai languori del plot preferisce il rigore del
via-vai, la forza dell’istantanea irripetibile. Nel suo universo c’è giusto il tempo per le presentazioni. Proprio perché
romantico punta dritto all’anima. Less is more, come si dice. Per contrappasso, alle mostre di Jensen il pubblico resta in
galleria più tempo del normale. Scatta l’istinto di vendicarsi con l’artista. Che non vuole saperne di dilungarsi, di mettere su
uno storyboard, di costruire saghe aventi come protagonisti i componenti di questa sua compagnia di giro. Al cospetto dei
lavori di Jensen, anziché sgattaiolare in direzione di altri opening, il visitatore tende a soffermarsi anche per ore. Vuole
conoscere uno ad uno questi strani personaggi che hanno il cuore sempre troppo vicino ai bulbi oculari.
Le opere di Daniel Jensen mettono di buonumore. Si avventurano su un versante di introspezione spinta, ma restano
saldamente su tonalità da sketch, anziché da dramma o da resoconto noir. Il tasso di sorprendente leggerezza che caratterizza
gli esiti del suo immaginario visionario, concerne la capacità di accennare ad un’oscurità sentimentale latrice di un mood
benigno, che in modo sottilmente sovversivo invece di immalinconire allieta, rinfranca, dà sollievo. Un dato fornito dalle
autorità sanitarie riguarda il numero di casi di sbalzi d’umore verificatisi al cospetto del lavoro di Jensen tra gli appassionati
d’arte, tutti passati dalla mestizia alla beatitudine, in pochi secondi e senza transitare per l’impassibilità. Per questo motivo,
valutati gli effetti positivi e corroboranti delle sue mostre, si sta pensando di organizzare dei pullman speciali per comitive di
visitatori, suddivisi in due categorie di soggetti beneficiari: i pessimisti cronici e coloro per i quali, soprattutto in Italia, tutto
ciò che appare “scuro” va considerato automaticamente anche opprimente.
Daniel Jensen è un artista screanzato. Ritrae l’eleganza quasi ultraterrena dei suoi personaggi e del loro habitat, ma lo fa
oltraggiando ogni levigatezza e ogni forma preconcetta di aplomb, ponendosi dunque su un piano non banalmente nominale.
Come se stesse giocando a nascondino, preferisce appropriarsi di elementi tratti dalla quotidianità, prosaici e di facile
reperimento; oppure servirsi di materiali allo stato grezzo; o ancora, esprimersi per mezzo di una pittura impellente, anti-
accademica, “pura” in un senso non purista. Jensen non ha alcun rispetto per i codici prefissati, per le convenzioni cui
dovrebbe attenersi un artista beneducato. Il suo comportamento risulta sconveniente anche da un punto di vista psicologico.
Dice di provare ammirazione per i suoi compagni immaginari, poi però li costringe in situazioni e pose sgangherate. Oppure
sceglie di immortalarli quando appaiono attoniti, crucciati o visibilmente malconci, esponendo così al ludibrio del mondo il
loro volto più umano, dunque impresentabile.
Daniel Jensen si dimostra comunque anche uno stratega. Il suo ipermondo gothic-friendly è il campo d’azione per un piano
sapientemente anti-retorico, per mezzo del quale assecondare il fascino del fiabesco e del favoloso, e nel contempo muovere
guerra al carattere ammaliante e arcano, che viene solitamente associato a queste categorie espressive. Per raggiungere
l’obiettivo prefissato, Jensen mette su un processo in due movimenti, per così dire di andata e ritorno. Interviene da
riduzionista nell'ambito del fantastico, agendo per sottrazione di aura, in direzione di un irreale intriso di affabilità, anziché
suadente o perturbante. Poi, con una mossa di segno opposto, interpone un elemento risollevante, di preziosità, che
irrobustisce la portata destabilizzante del controsenso in questione, e che risulta determinante rispetto alla possibilità di
affrancare la visione da esiti solo comici o dissacratori. Una manovra degna di una macchina, di quelle dotate peraltro di una
marcia in più. D’altronde è con le accelerazioni che gli artisti procurano vertigini.
Una curiosità. Quando è in mostra Daniel Jensen, i titolari degli spazi espositivi si vedono spesso costretti a prolungare il loro
orario di apertura, fino a mezzanotte e anche oltre. Questo perché il pubblico chiede di poter assistere a un fenomeno curioso
– la cui sussistenza non è stata ancora smentita, – in base al quale, di sera, le opere presenti prenderebbero a illuminarsi
dall’interno, come vere e proprie lampade. Probabilmente si tratta di una leggenda, frutto solo di dicerie. Però bisogna dare
atto di questo, che nello studio di Jensen in ripetuti sopralluoghi è stata notata l’assenza di interruttori per l’illuminazione. E
che le bollette a lui indirizzate risultano puntualmente a somma zero, senza nulla a pretendere da parte della competente
società erogatrice di elettricità.-
(Pericle Guaglianone)
Daniel Jensen si è diplomato presso The National Academy of Fine Art, Oslo. Tra le sue mostre personali: Cauldron, spazio 1646, Den Haag/L’Aia, Olanda (2010); The yes and no in all things, galleria Alp/Peter Bergman, Stoccolma (2008); Take me to your leader, Galleri 54, Göteborg, Svezia (2005). Ha partecipato a mostre collettive internazionali, oltre che in Svezia anche in Germania, Inghilterra, Olanda, Norvegia e Danimarca. Tra queste si segnalano: Sabine Knust – Knust Kunz Editions, group-show a cura di Sebastian Dacey, Monaco di Baviera (2010); The mask, galleria Mikael Andersen, Copenhagen (2009); Zoo Art Fair – Solo presentation, ALP/Peter Bergman, Londra (2009); Future Primitive, UKS Galleri, Oslo (2007); Imagine the world bursts into song, Laura Bartlett Gallery, Londra (2006). Le opere di Daniel Jensen sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private, in Europa e negli Stati Uniti. Attualmente l’artista sta ultimando un progetto per l’archivio pubblico della città di Lund, Svezia.
Daniel Jensen vive e lavora a Stoccolma
Si ringrazia Silvia Colaiacomo per la traduzione del testo dall'italiano e il prezioso supporto durante tutte le fasi dell'organizzazione della mostra. Si ringraziano inoltre Silvia Spath (progetto grafico) e Charlotte Tananbaum.
Inaugurazione: Sabato 7 maggio 2011, h 19
Galleria Maria Grazia Del Prete
via di Monserrato 21 – 00186 Roma
Orari: Martedì – Sabato 11-15 e 16-20
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Daniel Jensen
If you’re feeling battered
curated by Pericle Guaglianone
Maria Grazia Del Prete Gallery is pleased to present If you’re feeling battered, first Italian solo show of the Swedish Artist Daniel Jensen (Malmö, 1972), curated by Pericle Guaglianone. For the occasion, the artist has realized a new series of works in which the ambivalence between a gloomy imaginary and a destabilizing joyful attitude is particularly emphasized. Through paintings and sculptures, Jensen introduces viewers into a gothic- friendly universe made up by eccentric and human apparitions, surprisingly free from seductive and mysterious connotations.
The show is accompanied by a text from the curator.
UNCONVENTIONAL LIGHT SOURCES
Daniel Jensen is often in the company of odd types. Unusual characters both in personality and looks, whom only he meets. He
shares preferences and opinions with them. People even sustain there might be some resemblance. They might be old friends,
or at least acquaintances. But this is not the case. Jensen has recently revealed how things really are. He admitted these
creatures come to life directly in his studio. A such, together they go to contemporary art venues.
Daniel Jensen is a squirrel-artist. He works meticulously but he has the gift to look nimble, essential, conclusive. He gives life
to bizarre creatures although he is not willing to tangle epic plots. He prefers the rigor of busy streets, the strengths of the
unrepeatable shot than the slowness of a scenario. In his universe there is only time for presentations. Being truly romantic
he goes straight to the soul. Less is more, as we say. In reprisal, viewers of Jensen’s shows stay in the gallery longer than usual.
The instinct of revenge snaps toward the artist, who has no intention to dwell, to build up a storyboard or sagas involving the
members of his touring company. In presence of Jensen’s work the public stays for hours instead of sneaking to other
openings. Spectators want to know these strange characters, whose hearts and eyeballs are always too close, one by one.
Daniel Jensen’s works cheer up. They undertake a path of deep introspection, but solidly remain on sketchy tones, instead of
being dramatic or even noir. The surprising lightness that distinguishes his visionary imagination refers to the ability to
allude to a sentimental gloominess bringing a benevolent mood, which subversively brightens up, heartens, relieves, instead
of saddening. Data provided by sanitary authorities concern the number of mood swift cases among art professionals and
amateurs looking at Jensen’s work, all moved from sorrow to joy in very few second and without passing through
indifference. For this reason, having proved the positive and restorative effects of his shows, an idea is to arrange special
coaches for two benefiting categories of visitors: chronic pessimists and those who, especially in Italy, consider anything
“dark” as inevitably oppressive.
Daniel Jensen is a disobedient artist. He portraits the almost otherworldly elegance of his characters and their environments,
but he does so by affronting every form of silkiness or supposed aplomb, and therefore not placing himself on a trivially
nominal stand. As if he were playing hide and seek, he prefers snatching mundane elements, ordinary and easy to find. He
prefers using raw materials; or even expressing himself through urgent, anti-academic painting, “pure” in a non-purist sense.
Jensen shows no respect for settled codes, for the conventions that a well-behaved artist should follow. His attitude proves
unconventional from a psychological point of view. He says he admires his imaginary fellows but then he forces them in
wobbly situations and poses. Alternatively he chooses to portrait them when they look dazed, distressed or noticeably
battered, and by doing that he shows their most human nature, therefore the most unacceptable, to public derision.
However, Daniel Jensen also confirms to be a strategist. His gothic-friendly overworld is the battlefield of an anti-rhetoric
plan, through which he encourages an enchanting fascination but at the same time he declares war to the magnetic and
mysterious character generally associated to this expressive category. To reach his target, Jensen starts a double process; we
might call it ‘forward and backward’. He trims down visionary appearances by subtracting charmed aura and by moving in
the direction to a reliable unreality instead of a seducing and disconcerting one. Then, he introduces an uplifting, precious
element, which strengthen the unsettling meaning of the countersense at issue and which results to be decisive to free up his
vision from purely hilarious and desecrating outcomes. A move worthy of a car, with a plus. It is thanks to accelerations that
artists get us dizzy.
Peculiarity. When Daniel Jensen is being exhibited, gallery managers feel forced to extend opening times, up to midnight and
even further. The reason for this is that viewers ask to witness an eccentric phenomenon – which has never been denied –
according to which the works should light up internally at nights, as proper lamps do. It is most probably just a legend.
However we must acknowledge that in Jensen’s studio lack of power switches has been repeatedly noticed. And his electricity
bills always result to be of no cost for him, without any sort of complaints from the electric company in charge.-
(Pericle Guaglianone)
Daniel Jensen graduated from The National Academy of Fine Arts, Oslo. Personal shows include: Cauldron, Spazio 1646, Den Haag/L’Aia, Holland (2010); The yes and no in all things, Alp/Peter Bergman, Stockholm (2008); Take me to your leader, Galleri 54, Göteborg, Sweden (2005). He also took part in international group shows, in Sweden; Germany; England; Holland, Norway and Denmark. These include: Sabine Knust – Knust Kunz Editions, group-show curated by Sebastian Dacey, München (2010); The mask, Mikael Andersen gallery, Copenhagen (2009); Zoo Art Fair – Solo presentation, ALP/Peter Bergman, London (2009); Future Primitive, UKS Galleri, Oslo (2007); Imagine the world bursts into song, Laura Bartlett Gallery, London (2006). Works of Daniel Jensen are part of numerous public and private collections, in Europe e in the United States. Currently the artist is working on the project of the State National Archive in Lund, Sweden.
Daniel Jensen lives and works in Stockholm.
Special thanks to Silvia Colaiacomo for translating the exhibition text and her valuable support throughout all the phases of the show. We also thank Silvia Spath (graphics) and Charlotte Tananbaum.
Opening: Saturday 7th May 2011, 7 p.m.
Galleria Maria Grazia del Prete
via di Monserrato, 21 Roma
tuesday - saturday 11am-3pm and 4-8pm