Nick Botticher
Beate Engl
Leonie Felle
Franka Kassner
Alexander Laner
Marco Schuler
Michael Schrattenthaler
Mitra Wakil
Tim Wolf
ZeytmitRosa
Rosanna Schumacher
Johanna Zey
Olaf Metzel
Ritratti, opuscoli, testi o ritagli degli ultimi due anni. In "Stai zitto quando parli" Olaf Metzel discute sui mezzi di stampa tradizionali, il loro infinito flusso di immagini e la loro caducita'. "Gira la testa" e' una collettiva, curata da Metzel, di artisti che vivono a Monaco: un percorso fra e con le singole opere che focalizza condizioni sempre mutevoli della produzione artistica e della societa'.
Olaf Metzel
Stai zitto quando parli
Nella sua attuale mostra, la Galleria Gentili presenta le opere di Olaf Metzel, alcune nuove e alcune di qualche tempo fa. Alcune delle opere in mostra sono il proseguimento dell’annosa discussione di Metzel sul tema "Giornale". Già alla fine degli anni 80 esistevano delle opere da parete e una installazione con ritagli di quotidiano italiano (ad esempio "Il balletto della crisi", 1988; "Il messaggero", 1989).
"Saldie", "Veruschka", "Dolce Vita", "Ferie d’Agosto", " ´53", "Copertina", "Grazie" e "Gio Ponti" sono i titoli delle nuove opere degli anni 2010 e 2011. Non si può non cogliere le allusioni politiche e sociali, così tipiche di Metzel: rimane però da capire se si tratta di ritratti, opuscoli, testi o semplicemente di un ritaglio degli ultimi due anni. Metzel discute sui mezzi di stampa tradizionali, il loro infinito flusso di immagini e la loro caducità – perché niente è più vecchio del giornale di ieri. Come presentazione, si serve di argomenti dai più diversi aspetti della vita di tutti i giorni. Le opere sono documenti del tempo che generalmente spariscono subito, ed in fretta, dalla nostra vita, e finiscono appallottolati nel cestino della carta. Eppure i loro contenuti ci hanno tenuti impegnati – spesso più della loro stessa durata.
Metzel fa apparire queste immagini in rilievo. Mediante l’uso di nuove tecniche digitali, delle lastre di alluminio sono state stampate su entrambi i lati con diversi soggetti. Queste lastre alla fine sono state deformate– incurvate, piegate, corrugate –, in modo da dare l’impressione di carta di giornale appallottolata o di manifesti pubblicitari messi uno sull’altro.
Grazie alla resistenza del materiale e mediante collage, fotografia, pittura e rilievo, gli si aprono nuove possibilità, con la lingua plastica delle immagini. Attraverso la sovrapposizione dei singoli piani, la composizione si fa astrarre e l’immagine tridimensionale si fa contemporaneamente fissare come istantanea, sia come oggetto, oppure, in senso classico, come rilievo.
La fotografia, rappresentata da tre opere a grande formato (1993/2003), ha per Metzel una funzione simile a quella del disegno. Essa è scatto o idea, e cambia con la trasformazione in diversi mezzi artistici. Si puo’ trattare di una caduta da un cavallo un po’ ombroso, di un calciatore: sono situazioni di tutti i giorni, che diventano spesso il punto di partenza di grossi progetti di scultura. Gli esempi citati sono, alla lontana, legati ad un paesaggio marino. E’ una realtà irritante. I motivi sembrano Filmstill e costringono l’osservatore a riflettere sull’immagine e sulla sua storia. Il gioco al limite fra film e realtà continua nell’immagine della casa che brucia (foto di un set cinematografico, scattata agli Universal Studios di Hollywood).
"Ichhasseschule" (2010) ("Io odio la scuola") parla dell’ambiente della classe scolastica, che integra o no lo stato sociale da povero a ricco, da istruito a non istruito. Se delle suppellettili scarabocchiate e sgraffiate vengono messe in un disordine creativo, inizia qualcosa di nuovo o predominano la frustrazione e la devastazione? Qui, come in altre opere, ("Milieufragen", 2007 – "Domande sull’ambiente") di Olaf Metzel, si tratta di abbattere e tagliare, come un metodo di costruzione scultorea, la comparsa dell’occasionale e del casuale con la più efficace e precisa progettazione, le fotografie riferite al momento del posto e della scena. La messa in scena, e cioè la grande artificiosità dei collage di Metzel fatti con materiali di risulta di tutti i giorni, quali banchi di scuola, orinatoi, o pagine di giornali, sviluppa la sua paradossale attendibilità e un’enorme forza di provocazione proprio dal fatto che queste preparazioni fanno puntuale riferimento a problemi reali ed effettivi della società. Egli si serve della sua conoscenza, la scultura produce lo spazio in cui trova posto.
Olaf Metzel ha preso parte ad innumerevoli mostre d’arte in Italia. Una selezione: 1989 Per gli anni novanta, Padiglione d’Arte Contemporanea (PAC), Milano; 1998 Arte all’Arte, Associazione Arte Continua ("Velodromo di Montalcino"), 2006 Human Game. Vincitori e Vinti, Stazione Leopolda, Firenze 2007; STOP & GO, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino.
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Gira la Testa
Nick Bötticher, Beate Engl, Leonie Felle, Franka Kaßner, Alexander Laner, Marco Schuler, Michael Schrattenthaler, Mitra Wakil, Tim Wolff, ZeytmitRosa (Rosanna Schumacher & Johanna Zey)
mostra curata da Olaf Metzel
Bacetto a sinistra, bacetto a destra. Il solito rituale di saluto. Una volta, due volte, quattro volte? Si fa presto ad andare fuori tempo! Con l’opera in video "BussiBussi" il duetto di artisti ZeytmitRosa sperimenta per quanto tempo si resiste a baciarsi. Dopo un po’ di tempo i movimenti diventano meccanici, la mimica appare forzata e il rituale sembra senza fine.
46 minuti: dovrebbe bastare.
Nell’opera "Müzik Siti", Tim Wolff si dedica alla vita notturna incredibilmente vivace delle strade di Istanbul. Si attraversa la notte con i musicisti: bar, locali su terrazze a tetto, caffè, scene di strada in una metropoli. Gridi, sirene, frastuono di motori e brandelli di conversazioni diventano Beats, brevi frammenti di film girati velocemente diventano Snares und Hi-Hats, lenti frammenti diventano contrabbassi. Per ogni tonalità, l’immagine rimane visibile. Videoclip o Video-collage?
Nell’opera "Einer für alle" ("Uno per tutti") di Beate Engls, una bandiera rossa a forma di gagliardetto ruota in un secchio di zinco. Attraverso il movimento oscillante, la bandiera si dispiega e l’osservatore automaticamente retrocede. Allo stesso tempo, rimane un suono ritmico e monotono che potrebbe essere il rumore di una macchina o una parata militare.
Una normale situazione di ogni giorno in ufficio: una pila di libri e una tazza di caffè appoggiata lì. L’insolito è cha la tazza si gira all’indietro in un secondo, come un orologio. Il titolo dell’opera di Michael Schrattenthaler è "Nero e dolce".
In una bicicletta da corsa caduta a terra, una batteria nascosta avvia il dispositivo della catena, provvista di pick-up del giradischi, facendo risuonare nell’aria "La Traviata" di Maria Callas. Con le sue poetiche trasformazioni di oggetti prodotti industrialmente, Alexander Laner regala delle impressioni in contesti assurdi e sorprendenti.
"Auroritratto" di Leonie Felle è un diario visuale da foto istantanee (Polaroid). La macchina fotografica accompagna atmosfere, sensazioni e impressioni che si specchiano nel viso dell’artista stessa. Con circa 600 fotografie essa fissa i suoi ricordi degli ultimi cinque anni – dalla vita privata in situazioni quotidiane, da viaggi, da momenti con la famiglia o con gli amici.
Una revisione contemporanea: le bambole Matriosche hanno cambiato la veste a connotazione folcloristica e soltanto il viso è marcato, mediante una perforazione all’altezza degli occhi. L’oscillazione fra le culture è l’elemento centrale nella "Figura blù" di Mitra Wakil. Essa cerca, mediante questo, "di riflettere sulle cose che ho vissuto e di portarle ad una forma raggiungibile e accessibile anche per gli altri."
"Lambo" di Marco Schuler è un oggetto da parete a forma di cuscino, fatto con un telone da camion stampato su cui due buchi sembrano occhi infossati. Se lo si gira, sembra di vedere una Lamborghini che brucia. Oggetto di tutti i giorni, relitto, feticcio o simbolo poetico?
La palma è un fiore? Esistono piante nere? La "Natura morta di fiori” di Franka Kaßner pone domande e dà alcune risposte: non è questione di conoscenza della botanica o di amore per la natura. Questo è l’aspetto delle piante alle quali è stata tolta la natura e che non è possibile guardare con devota contemplazione. Davvero una natura morta: nera, morta, irrigidita, "nature morte”.
Situazioni o cose che spesso ti passano davanti inosservate e che diventano oggetti che forse richiedono un secondo sguardo. Reperti, oggetti di tutti i giorni, che stupiscono o addirittura sbalordiscono, come il "swoosh” di Nick Bötticher. Attaccapanni o logo?
Anche laddove non sia riconoscibile nessuna attività connessa, esiste un percorso, attraverso il proprio movimento, fra e con le singole opere. Che siano salti in aria contro la caduta libera o frammenti di movimento, la decisione è dello spettatore.
"Gira la testa" come invito? Rimane la domanda perennemente aperta sul motivo del movimento: gira nella testa? Si muove la testa propria o è l’ambiente a girare? Ci sono confini o tutto svanisce? Ci saranno sempre più domande che risposte.
Quello che conta è la propria opera ed il dialogo artistico. Una vivace scena artistica deve rinnovarsi e re-inventarsi continuamente. Condizioni sempre mutevoli della produzione artistica e della società, come confronto con se stesse, con tendenze e movimenti contro-corrente, in rapido cambiamento. Tuttavia, come Bill Copley scriveva, "soltanto quando si sa che cosa l’arte non è, si ha tutto il mondo aperto davanti." Perché non solo mediante la globalizzazione i confini tra i media sono diventati confusi – Crossover e tutto va.
Gli artisti che partecipano alla mostra provengono da Germania, Austria, Italia, Romania e Afghanistan. Tutti hanno studiato a Monaco di Baviera e là vivono e lavorano.
Immagine: Olaf Metzel, Excerpt from "Gio Ponti", 2010
Opening 21 Maggio 2011 ore 18
Galleria Gentili
via del Carmine, 11 Prato 59100
da martedi al sabato, dalle 14:00 alle 19:00