Niente di superfluo. Nelle tre sale della galleria si snoda un pecordo costituito da trenta opere pittoriche realizzate tra il 1951 e il 1968, provenienti da importanti collezioni private italiane.
Venerdì 10 giugno la galleria Anfiteatro Arte di Padova conclude la stagione espositiva con una mostra antologica dedicata a Edmondo Bacci. Sono presentate una trentina di opere realizzate tra il 1951 e il 1968, provenienti da importanti collezioni private italiane. Il percorso della mostra si articola in tutte e tre le sale a disposizione della galleria. A marzo 2009, in queste stesse sale espositive, veniva presentata la mostra collettiva “Gino Morandis e lo Spazialismo a Venezia”. Prosegue così l’attività della galleria padovana nella riproposizione e nello studio dello Spazialismo, movimento italiano d’avanguardia sorto nel dopoguerra, con particolare attenzione a quel gruppo di artisti di scuola veneziana che vi aderirono grazie alla presenza attiva della Galleria del Cavallino e alla spinta propulsiva di Carlo Cardazzo. Nell’occasione, essendo passato molto tempo dall’ultima personale dedicata a Edmondo Bacci (tra queste si ricordano: nel 1989 la personale alla Galleria della Fondazione Bevilacqua La Masa e nel 1992 la personale presso la Galleria del Cavallino di Venezia, con presentazione del volume 1 del catalogo generale, a cura di Chiara Bertola e Toni Toniato) è stata completamente riscritta, aggiornata e corretta la biografia dell’artista. Un attento studio delle opere raccolte per l’esposizione ha permesso infatti di documentare l’esistenza di importanti rassegne all’estero presenziate dall’artista, sconosciute fino a questo momento. Edmondo Bacci, straordinario artista veneziano, classe 1918, è stato soprattutto un artista del mondo. Uno dei pochissimi artisti italiani capaci di raggiungere il successo in vita, esponendo nelle più importanti gallerie d’arte e nei più importanti musei in Italia e all’estero. La qualità del suo lavoro non ha eguali e come diceva Peggy Guggenheim: “c’è una veggenza nel colore, il quale esplode in tutta la sua gioiosa ebbrezza. Credo che sia oggi il colore più puro che si sia liberato nello spazio”. Nonostante ciò è doveroso constatare come le sue opere e il suo lavoro siano stati dimenticati per tanto e troppo tempo. Le cause sono note e molteplici: una produzione complessivamente modesta dal punto di vista quantitativo (la sua pittura non era irruenta, anzi era molto studiata e richiedeva del tempo) un collezionismo molto fedele (chi compera un’opera di Bacci difficilmente se ne priva) e infine le scomparse prima di Carlo Cardazzo nel 1963, poi dell’artista nel 1978 e infine di Peggy Guggenheim nel 1979. In questi venti anni Edmondo Bacci è stato trascurato.
Nel mercato dell’arte ha viaggiato da solo, abbandonato senza la guida di un mercante di riferimento, senza alcuna mostra degna di nota da parte delle istituzioni per spolverare la nostra memoria. Ciononostante i suoi prezzi sono sempre aumentati, anche durante la recente recessione economica. E la considerazione nei suoi confronti da parte degli addetti ai lavori è sempre stata smisurata. Visitare una sua mostra è un’occasione preziosa e imperdibile per ricordare un frammento della nostra storia di ieri, di quando l’Italia rinasceva nel dopoguerra distinguendosi per la propria eccellenza. La mostra, a cura di Mattia e Lalli Munari, resterà aperta al pubblico dal 10 giugno, giorno del vernissage, al 29 luglio 2011. Il catalogo della mostra verrà presentato in galleria giovedì 23 giugno alle ore 19.30. Nel catalogo è stato inserito in italiano e in inglese il testo che Peggy Guggenheim scrisse nel 1958 per presentare la sala personale dedicata a Edmondo Bacci alla 29° Biennale di Venezia. Da questo testo è stato estratto il titolo della mostra. da martedì a sabato nei seguenti orari: 10.00-12.30 / 15.30-19.30 o su appuntamento. (Anfiteatro Arte, Via Ognissanti 33, Padova T. 049 8075616) Analisi del percorso espositivo: Partendo dalla nicchia di ingresso è possibile osservare il bozzetto per “Avvenimento 1L” del 1956. Un lavoro preparatorio su carta destinato alla realizzazione di una edizione grafica in 60 esemplari, a cura della Galleria del Cavallino. L’ingiallimento della carta, la particolare forma allungata e l’occupazione degli spazi lo rendono sicuramente un lavoro interessante. Salendo la rampa si entra nell’accogliente sala di ingresso, caratterizzata dalla pavimentazione in cemento. Il primo gruppo di opere che ci accoglie è costituito da sei “Fabbriche” realizzate tra il 1951 e il 1953. In questo ciclo di opere è sempre presente una griglia geometrica di eredità post-cubista. La tematica è impregnata di sociale e l’artista sente la necessità di raccontare il disagio delle classi meno abbienti e in particolare della classe operaia, mostrando, seppure con un linguaggio astratto ed evocativo, le ambientazioni di lavoro, i cantieri e per l’appunto, le fabbriche. Ammirare assieme sei fabbriche di Edmondo Bacci è sicuramente un’occasione di estrema rarità. La possibilità di coglierne l’evoluzione e l’importanza, la qualità dei pezzi esposti e la cura dell’allestimento appaiono già ottime ragioni per visitare questa mostra. Sollevando lo sguardo si entra in contatto visivo con gli “Avvenimenti”. In queste opere vengono simulate delle vere e proprie esplosioni nello spazio. Alla ricerca di quello spazio oltre la tela che è stato scoperto e generato dai tagli di Lucio Fontana. Sulla parete principale, quella senza interruzioni e senza nicchie, campeggiano tre avvenimenti quadrati di grandi dimensioni realizzati tra il 1960 e il 1961. Tre avvenimenti per un unico spettacolo pirotecnico. Il colpo d’occhio per esaminarli nell’insieme è sufficiente per ricevere la loro onda d’urto.
Ogni opera esibisce la sua forza e la sua unicità, ma nell’insieme sicuramente l’effetto si amplifica. Ciascuna porta in dote la sua personale storia e il suo percorso. Si può dire che hanno girato il mondo prima di riunirsi in questo contesto: “Avvenimento n. 367”è stato esposto a Copenaghen e a Graz nel 1963; “Avvenimento n. 340” ha partecipato alla X Quadriennale di Roma nel 1972; “Avvenimento n. 370” ha partecipato al Premio Lissone nel 1961, quando questo premio aveva un’importanza internazionale e richiamava artisti da ogni dove per questa rassegna considerata al pari della Biennale di Venezia. Nella parete di fronte è impossibile non soffermarsi sulla coppia di Avvenimenti n. 228 e 229, realizzati sicuramente tra il 1955 e il 1957. I colori usati, la composizione di entrambi, la preparazione dello sfondo e lo stesso viaggio di andata e ritorno verso e dagli Stati Uniti, sono aspetti che legano indissolubilmente queste due opere in un abbraccio che assomiglia molto a quello di due amici che si ritrovano dopo molti anni. Entrando nella seconda sala si possono contemplare tre opere molto significative. A circa una settimana dall’apertura della 54° biennale di Venezia, quella diretta da Sgarbi e quella dei 231 artisti raccomandati da un amico intellettuale – tanto per intenderci – qui è possibile tornare indietro nel tempo e immergersi nel 1958. Allora i tre Avvenimenti n. 244, n. 246 e n. 293 venivano esposti nella sala XIX della 29° Biennale di Venezia, in una personale prestigiosa dedicata proprio a Bacci che portò per l’occasione 16 opere. Sul catalogo di quella biennale l’artista veniva presentato da “una certa” Peggy Guggenheim. Quella Guggenheim che si era letteralmente innamorata dei suoi quadri, che li aveva amati e comprati e poi mostrati e, a volte, venduti agli amici, che lo aveva portato sul palcoscenico internazionale, portando le sue opere in prestigiose collezioni straniere, facendolo esporre innumerevoli volte negli Stati Uniti, attraversandoli completamente, da New York a Pittsburgh, da Chicago a Beverly Hills. Assaporare quel clima, rileggere il testo della Guggenheim (che per l’occasione è stato riprodotto in catalogo), perdersi proprio in questi “Avvenimenti”, osservare la purezza del colore e la razionalità di ogni gesto e di ogni pennellata, sono cose che fanno riflettere sul valore eterno dell’arte e della pittura. La mostra si conclude con la terza e ultima sala dedicata agli anni Sessanta, dove tra le colonne della galleria si scorgono nuovi Avvenimenti dove compare l’uso della sabbia e il nucleo centrale dell’opera diventa catalizzatore di materia facendosi spesso, bianco e solido, grazie all’utilizzo del gesso che si accompagna alle stesse tempere grasse utilizzate in precedenza.
Note biografiche: Edmondo Bacci nasce a Venezia il 21 luglio 1913. Dopo aver frequentato la Scuola d'Arte, nel 1932 si iscrive all'Accademia di Belle arti di Venezia, dove segue gli insegnamenti di Virgilio Guidi e, al trasferimento di questi a Bologna nel 1935, completa gli studi con Guido Cadorin diplomandosi nel 1937. Nel frattempo, collabora con Ettore Tito nell'esecuzione di un affresco per la volta della chiesa degli Scalzi ed inizia ad esporre a partire dal 1934 partecipando alle collettive della Fondazione Bevilacqua La Masa. I dipinti di questo periodo, rivelano già un'attenzione particolare per il colore, ma è negli anni dell'immediato dopoguerra che si manifesta una svolta nella produzione pittorica di Bacci. Dopo un breve periodo nel quale l'artista sembra volgersi al realismo, il suo stile muta sotto l'influenza del Fronte Nuovo delle Arti e in particolare di Vedova. Nasce così la serie delle 'Fabbriche', nella quale Bacci, liberandosi da ogni riferimento esterno, muta l'immagine usuale dello scenario industriale. Nel 1945 tiene la sua prima personale alla Galleria del Cavallino di Venezia e nel 1948 partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia. Nel frattempo aderisce allo Spazialismo, di cui sottoscrive il manifesto redatto da A. G. Ambrosini in occasione della Mostra Spaziale tenuta a Venezia nel 1953 nel ridotto della Fenice, e nell'ambito del quale Bacci matura la propria ricerca sul colore-luce. Verso la metà degli anni Cinquanta entra in contatto con Peggy Guggenheim che lo appoggia facendogli da tramite con numerosi collezionisti. In questi anni la sua pittura si fa più materica, grazie anche all'uso degli impasti e delle malte, tiene un'importante personale alla Galleria del Cavallino nel 1955 e l'anno seguente la prima personale negli Stati Uniti, alla Seventy-Five Gallery di New York. Nel 1957 espone in personali alla Galleria del Naviglio di Milano, alla Galleria d'Arte Selecta di Roma, e alla Galleria La Cittadella di Ascona (Svizzera); sempre nel 1957 partecipa alla mostra Between Space and Earth alla Marlborough Gallery di Londra. Nel 1958 gli viene dedicata una sala alla Biennale di Venezia, e nel 1959 gli viene assegnato il Premio del Comune di Venezia alla Terza Biennale dell'Incisione Italiana Contemporanea. Nel 1961 espone alla Drian Gallery di Londra e partecipa alla mostra Neue italienische kunst, alla Galerie 59 di Aschaffenburg; l'anno dopo espone alla Frank Perls Gallery di Beverly Hills. Nel 1972 realizza alcune litografie per la poesia di Guido Ballo Il ciè-lo Kàinos. L'artista muore a Venezia il 16 ottobre 1978.
Inaugurazione venerdì 10 giugno 2011 dalle 19.30
Anfiteatro Arte
via Ognissanti, 33 - Padova
Aperta da martedì a sabato, ore 10-12.30 e 15.30-19.30
Ingresso libero