''through''. Viaggio nella morte, memoria, metamorfosi di cio' che noi chiamiamo corpo. L'artista presenta quattro ambienti percorribili in cui fotografie, oggetti, video, luce, odori, suoni, persone, matasse e gomitoli di lana ci vengono incontro come frammenti e ci rimandano un universo fatto di introspezione, emozioni.
Il giorno 9 dicembre 02, alle ore 19,30, presso la Fondazione Morra a Napoli, sarà inaugurata la personale dell’artista Melita Rotondo, dal titolo ''through'' viaggio nella morte, memoria, metamorfosi
di ciò che noi chiamiamo corpo.
L’artista presenta quattro ambienti percorribili in cui fotografie,
oggetti, video, luce, odori, suoni, persone, matasse e gomitoli di lana
ci vengono incontro come frammenti e ci rimandano un universo fatto di
introspezione, emozioni; eppure, contemporaneamente, è uno sguardo
aperto verso il mondo, disponibile all'altro ed al 'diverso': proprio
per questo, capace di parlare una lingua universale.
''L’essere corporeo - il corpo è una fetta di carne attivata dalle
scosse elettriche del desiderio'', scrive la filosofa Rosi Braidotti nel
contributo di presentazione alla mostra.
''Né sacro spazio interiore, né
un'entità puramente sociale, questo spazio corporeo interattivo è un
luogo di transizioni e di contrattazioni. È uno spazio intermediario,
dove si attivano affetti e si strutturano influenze che spiazzano la
distinzione tra l'interno e l'esterno del soggetto. Il corpo è un'entitÃ
dinamica e mobile, dotata di una memoria incarnata, un'intelligenza
della materia che, come insegna Bergson, è collegata alla capacità di
ricordarsi. Ri-cordare vuol dire saper ripetere, ri-trovare nello spazio
incarnato del tempo vissuto: è una forma di ripetizione vitale che non
deve nulla alla coscienza e tanto invece alla sensibilità . Il corpo è
quella materia dotata di memoria che, grazie alla capacità di ricordare,
e quindi di ripetere, riesce a restare fedele a se stessa, attraverso i
molteplici cambiamenti e le varie influenze subite.
La facoltà che consiste nell’essere "fedele a se stessa", non deve
essere letta come una dipendenza - più o meno sentimentale - dalla
propria identità nel senso psicologico del termine. Io non la
riallaccerei neanche alle interminabili discussioni sull' "autenticità "
del sé. Fa invece parte di un diagramma della soggettività fondata sul
concetto di durata, cioè di sostenibilità nel tempo e nello spazio.
L’opera di Melita Rotondo insegna così''.
Melita Rotondo, napoletana del 1954, lavora dalla metà degli anni
Ottanta utilizzando prevalentemente la fotografia, il video, oggetti di
uso quotidiano, il suono, gli odori, lo spazio per mostrare realtÃ
trasfigurate. Nota per aver usato la fiamma ossidrica su stampe
fotografiche raffiguranti immagini simbolo di Napoli e Berlino, ha
creato nuove immagini disancorate dalla cosiddetta oggettività della
visione, le ha rifotografate e quindi stampate su cibacromes di grande
formato, provocando nel pubblico emozione e spaesamento. Successivamente
ha incominciato a conservare 'memorie materiali' - frammenti veri di
corpi umani - all’interno di telai di vetro, composti come fotografie.
Dal 1997 è direttrice artistica del progetto In Opera, nel quale ragazzi
dai 5 ai 18 anni ed artisti contemporanei lavorano insieme e realizzano
opere d’arte.
dal 9 dicembre 2002 al 25 gennaio 2003
Fondazione Morra, via Vergini 19 Napoli
orario: lun.-ven. 10.30 - 13.00 / 16.00 -19.00