Visioni essenziali, ma caricate d’una spinta emotiva pulsante, densa, che Baricchi padroneggia scandendo gli spazi della pittura secondo geometrie interne, oppure agenti come irritazioni sottili della superficie, in una interpretazione dell’inserto pittorico, o del collage, tutta interna all’avvertimento materiale dell’immagine.
Materia tinta
Mirko Baricchi, enfant du pays (è nato alla Spezia nel 1970), debutta già nel 1992 e oggi, poco più che trentenne, si ritrova nella stagione d’una prima, fervida maturità .
Abbastanza solitario e intransigente da non smaniare per le mode di deriva mediale attualmente in corso, egli è affetto da una sorta di ineludibile febbre, e verrebbe da dire demone, per il disegno.Le sue visioni sono essenziali, ai limiti dell’elementare. Apparizioni minime in un clima visivo fatto tutto colore, l’animale o il personaggio o lemuri di figura, come inghiottiti e pericolanti in quel rosso, in quelle ocre dilavate.
Visioni essenziali, ma caricate d’una spinta emotiva pulsante, densa, che Baricchi padroneggia scandendo gli spazi della pittura secondo geometrie interne, oppure agenti come irritazioni sottili della superficie, in una interpretazione dell’inserto pittorico, o del collage, tutta interna all’avvertimento materiale dell’immagine.
Baricchi ha rastremato la propria concentrazione a poche sostanze, e soprattutto a uno spettro circoscritto di toni.
Sono, sempre, colori incarnati in spessori smagriti sino a farsi inameni, aggirantisi intorno a tonalità che sentono un rosso disagiato, rugginoso, e altrimenti eccitato a temperature alte e impure, oppure frequenze di giallo malato, nelle more dell’immediata captazione estetica; e bruni che si aggirano intorno alla misura del noir couleur.
Essi si danno per stesure larghe, quasi invasive, trovando più aree di collisione e di scambio, come se l’antica Monochrome Malerei, per il tramite di poggiature nobili come un Tà pies e gli esempi più alti di “poetica del muro†– echeggiati, anch’essi dai graffiti di sottile divagazione che vi si inscrivono – si facesse sostanza propria dell’immagine, percepibile al livello doppio dell’alterità del pittorico e dell’oggettività fisica dell’esperienza sensibile.
Baricchi, oltre alla propria evidente qualità , un’altra riflessione suscita d’acchito: quella sulla persistenza incoercibile della pittura, dell’arcangeliano pezzo di tela o di tavola in cui ancora, ove si voglia, tutto può essere detto, di ciò che si è, che si pensa, cui si aspira.
E’ una scelta che non sa di passato, ma di rivendicazione: ora, a fronte dell’attenzione abdicante all’immagine leggera, alla mobilità arbitraria del fare, a una sorta di continuamente alleggerita visione debole. Baricchi è artista di pensieri forti, e scommesse dure. E’ un pittore, orgoglioso d’esserlo non per disciplina ma per amore della sostanza, della durata, della qualità dell’immagine.
Tratto dalla presentazione in catalogo di Flaminio Gualdoni
Cardelli & Fontana arte contemporanea
via Mazzini 35, Sarzana (SP)