Dieci.due!
Milano
via Volvinio, 30 (passo carraio)
02 58306053
WEB
Antonio Piga
dal 28/6/2011 al 14/7/2011
mar-ven 15:30-19

Segnalato da

Maria Rosa Pividori




 
calendario eventi  :: 




28/6/2011

Antonio Piga

Dieci.due!, Milano

Antonio Piga replica sulle pareti l'idea e le sembianze di una serie di alberi, tracciati in una sequenza di linee spezzate, composte da capelli sospesi in delicati nodi che sembrano creare un bosco.


comunicato stampa

A cura di Maria Rosa Pividori

Presentazione di Matteo Galbiati

Semi-naturali.
Una favola appesa ad un filo.

"Un sentimento nuovo sta emergendo dalle ricerche di alcuni giovani artisti che, attenti a recepire anticipatamente il fermento silenzioso di quei grandi cambiamenti che aprono nuove stagioni del pensiero, riescono a guardare oltre le contingenze sfavorevoli del proprio tempo, oltre le prescrizioni di tendenze e mode. Questo sentimento sta crescendo e si sta radicando nel linguaggio di pochi talenti emergenti, forse non nei termini – non ancora – di una vera e propria corrente per la distanza che separa le poetiche, le espressioni, gli stili e gli interessi, che di fatto restano individualmente diversi, e per l’assenza di un coordinamento generale o di un’intenzionalità reciproca, ma di certo rimane nello spirito, nell’orientamento, nell’aver individuato un tema, uno spunto che si lega proprio al nostro momento storico. Se la superficialità dilagante continua a produrre deturpanti immagini, icone di un’esteriorità frivola a scadenza breve, l’impegno delle anime sensibili, proprie dei temperamenti riflessivi e lungimiranti che, in tempi difficili, sanno mantenere saldo il timone della propria concentrazione anche se si trovano a lavorare spesso ai margini del sistema, è il guardare oltre, precisare lo sguardo verso un orientamento determinato. Il sentimento che si riscontra è quello che si lega ad una sottile poetica fatta di un’intima leggerezza, fragile e delicata rappresentazione di un valore interiore ed esperienziale che scruta l’invisibile mistero dell’emozione, del pensiero profondo, del contatto con l’ignoto, con la pratica – quasi ascetica – della sottrazione, del silenzio, in cui lo sforzo visivo e riflessivo diventano libertà della conoscenza. Forte diventa anche l’esigenza di recuperare l’autenticità di un rapporto con la Natura e la sua dimensione originaria e primigenia, attraverso sia i materiali e le forme, sia col richiamo delle percezioni istintive e degli archetipi. In queste pratiche il coinvolgimento emotivo, mai semplice da comprendere quanto diretto nell’intuizione, diventa una forza trascinante che trova il suo epicentro scatenante nella semplicità dei mezzi. Una connessione che non imputa filtri menzogneri.
Proprio questi principi si applicano alle opere di Antonio Piga che evidenziano la sua volontà di ritrovare, sia nel piccolo formato che nel grande, la matrice narrativa e coinvolgente dell’arte e della sua pratica, in cui la condivisione partecipativa non si perde nell’intellettualismo esasperato, ma, anzi, riconduce l’espressività nell’alveo affascinante della ri-scoperta di antichi e nuovi valori. L’elemento chiave, cellula base del suo fare, è il segno lineare, visto come disegno nell’accezione basica del proprio stereotipo, e il ricorso ai capelli come sostanza da utilizzare nelle realizzazione dei lavori. I capelli, oltre ad ibridarsi col tratto segnico o arrivare a sostituirsi completamente a questo, diventano espressione simbolica della caducità, della perdita e del distacco e il modo con cui l’artista li lavora si offre come recupero della dimensione manuale e tradizionale della pratica artistica, anche nella sua dimensione e connotazione più decorativa e popolare, benché poi non lo sia mai nell’opera compiuta dietro al cui velo di semplicità si celano riflessioni, storie, narrazioni molto più profonde e complesse.
Non parleremo in quest’occasione di tutte le implicazioni psicologiche e simboliche della sua ricerca, ci saranno altri e più ampi spazi per seguire il percorso e lo sviluppo della sua poesia, ma ci dedichiamo invece al progetto di questa mostra che, concepito specificatamente per gli ambienti della galleria, non è stato limitato e circoscritto ad una selezione di opere provenienti dallo studio, ma è stato pensato come grande intervento ambientale che coinvolgesse tutto lo spazio, sovrastando e incombendo, sempre in maniera delicata e leggera, la vista dello spettatore. Questa scelta esemplifica e amplifica le qualità nascoste del suo sentire che pone proprio l’osservatore, come lo stesso artista, al centro e dentro l’opera, di cui diviene perno di senso. Semi-naturali – i capelli sono sia veri e quindi naturali ma anche finti, presi da parrucche sintetiche – intreccia una matrice di significazioni che, oltre a riferirsi alla fisicità dei materiali utilizzati, pone attenzione sull’ambiguità della percezione e sul possibile inganno, e conseguente disinganno, che se ne deduce. Piga replica sulle pareti l’idea e le sembianze di una serie di alberi, tracciati in una sequenza di linee spezzate – composte da capelli sospesi in delicati nodi – che sembrano creare un bosco e, benché evanescentemente inconsistente, riesce comunque a condensare simbologie e rimandi coinvolgenti e conturbanti. Antonio Piga arriva a pungerci nel vivo perché ricorre all’espediente della favola: proprio come nelle storie che si sentono da bambini, quando la fantasia e il pensiero sono meglio disposti ad accogliere l’imprevedibile e l’assurdo, perché non corrotti dal senso di una ragione stretto e limitante, la narrazione si fa semplice – le immagini sono chiare – ma a questa semplicità formalmente elementare si delega anche la complessità del simbolo, dell’esempio e del riscontro che si occultano nella metafora. Il saper contemplare il cuore nascosto della storia rimette nuovamente al centro l’intuizione dell’ascoltatore-osservatore, riportato però inconsciamente ad uno stato incorrotto dello sguardo.
Piga non lascia via di uscita: dobbiamo vivere quest’opera in modo partecipativo e umorale. Nell’opera l’artista pone tutta la sua fiducia e da sempre l’intende come un filtro che ripulisce le esperienze dalle scorie delle contingenze odierne. Un filtro che s’interpone come mezzo di ricognizione, indagine ed esplorazione delle relazioni, dei legami e delle possibili identificazioni con l’altro. Diventa una sorta di rituale para-mitologico – pensiamo a Penelope, Aracne o Arianna che hanno dipanato i loro fili come esempio intrecciato al destino e all’esistenza degli uomini – in cui le trame, i nodi, i capelli, i fili sintetici si pongono in bilico tra la verità del reale e della pratica e la finzione della rappresentazione scenica. Queste forme sono reperti emozionali ed antropologici che rivelano il grado di sensibilità, attuale e immaginifica, dell’animo e del suo carattere.
Ci addentriamo quindi davvero in un bosco o siamo circondati da una rappresentazione geometrica? Percorriamo la sua selva – oscura? – oppure la realtà è meno complessa di quello che appare ed è solo un’esigenza della nostra fantasia? Solo stigmatizzando le ambiguità vinciamo l’ostilità del banale e della retorica.
La schiettezza del sentimento, il suo sorgere nell’animo in modo tanto sincero ed incontaminato, e per questo tanto delicato e fragile come i nodi dei suoi capelli, non può, e non deve, essere cinicamente clandestino nel nostro tempo. L’intervento di Antonio Piga non ci tradisce perché ancora riesce istintivamente a stupirci, riportandoci e facendoci ri-trovare, grazie all’incanto tipico delle favole, in lui sempre in equilibrio sopra un filo e concentrate in punta di capello, il riscontro della metafora della vita. Colpiscono la nostra attenzione e destano la nostra curiosità, risvegliano il nostro spirito di osservazione. Ciascuno rimane libero di connettere le proprie corrispondenze. Il suo racconto, vissuto nelle immagini di cui noi diventiamo di volta in volta sempre i protagonisti, non raggira mai la sua – e la nostra – sensibilità immaginifica, il cui senso e la cui morale, nella libertà dell’individuale coscienza, rimangono, se nuovamente ascoltati nel loro messaggio più diretto e puro, eternamente senza tempo e per questo ancora tanto attuali. Iniziamo allora da qui, ma cosa diciamo… C’era una volta… o c’è oggi?"
Matteo Galbiati

Inaugurazione mercoledì 29 giugno 18:30-21

Dieci.due. International research contemporary art
Via Volvinio 30 Milano
Orari: da martedì a venerdì dalle 15:30 alle 19
Ingresso libero

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