La serie di opere "Metamorfosi", presentate per la prima volta in questa mostra, hanno in comune la rappresentazione del corpo soprattutto quello femminile la cui sensualita' e femminilita' vengono trasformate simbolicamente.
A cura di Elena Cantori
Nanni Spano artista sardo, ma triestino d'adozione artisticamente parlando non esce molto spesso “allo scoperto” in quanto alla sua attività artistica predilige anteporre quella di curatore di eventi artistici e culturali per l'Associazione Culturale Daydreaming Project di cui è fondatore e presidente. Inoltre è il creatore della la rivista web d'arte visuale Daydreaming Magazine di cui ora cura anche la pubblicazione cartacea.
Il lavoro di Spano nasce principalmente dalla fotografia per poi focalizzarsi sulla grafica digitale e nella sua ricerca come artista digitale ha prodotto alcune serie di opere come Saturazione e Sintesi, Tarocchi perduti, Corpo digitale, In scena e Frammenti. Oltre alla sua attività di fotografo e grafico ha realizzato numerosi video e reportage di spettacoli teatrali.
L'artista è stato definito dalla curatrice di Studio Tommaseo Giuliana Carbi un costruttore di stratificazioni in quanto la sua caratteristica è di partire da uno scatto fotografico per poi rielaborarlo aggiungendo o annullando la materia quasi a simboleggiare la vita nella sua pienezza e nella sua eterna fragilità e intangibilità.
La serie di opere denominate Metamorfosi, presentate per la prima volta nella loro interezza cronologica in questa particolare mostra, hanno in comune la rappresentazione del corpo soprattutto quello femminile la cui sensualità e femminilità vengono trasformate simbolicamente quasi a voler riecheggiare il passo della sacra scrittura in cui viene detto “l'uomo viene dalla terra e ad essa deve fare ritorno”.
Infatti Spano mette in primo piano il corpo femminile la cui pelle viene trasformata in corteccia, pietra, foglia, alghe.... e come sottolinea Patrizia Milani “non è una pura sovrapposizione, o una confusione sensoriale di materia incongruente. E' corpo assoluto, che regna sovrano prima di diventare carcere dell'anima, recuperato dalla memoria di un tempo ancestrale dove tutto partecipava del simbolico, l'umano come l'acqua, la terra e il cielo. La pelle-corteccia, la pelle-pietra, è un tatuaggio che dolorosamente consegna l'essere al rituale di dare “morte” a una forma, per riscriverla, nello scambio simbolico, ad altra vita”
Sempre Giuliana Carbi così definisce la particolarità delle opere: “ L'alta definizione e la modalità macro che investigano i dettagli e le trame di alghe, cortecce, pietre e foglie sono penetrate inaspettatamente da altri mondi di immagini con sintesi violenta e classica nel contempo e l'artista conduce una sua personale indagine sulla nostra reazione, culturalmente condizionata, alla perfezione e alla bellezza: mentre crediamo che l'immagine sia limpida e ferma come cristallo e risponda al nostro piacere visivo, ne contamina e mescola gli elementi di senso insinuando l'inquietudine di una possibile inalterabilità”.
La mostra sopra descritta sarà visitabile al pubblico sino al 29 luglio 2011 presso lo spazio espositivo dell'Hotel Duchi Vis à Vis in piazza dello Squero Vecchio, 1 – Trieste.
Inaugurazione: sabato 9 luglio ore 19
Hotel Duchi Vis à Vis
Piazza dello Squero Vecchio, 1 Trieste
Ingresso libero