In concomitanza con la 68.ma Mostra del Cinema di Venezia, Jarach Gallery presenta 'Searching for a Perfect': mostra personale di Kensuke Koike. Il lavoro dell'artista e' il "distillato di un racconto con radici e ramificazioni rizomatiche, aperto ad accogliere e unire suggerimenti provenienti da tempi e luoghi differenti". (A. Bruciati)
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In concomitanza con la 68.ma Mostra del Cinema di Venezia, Jarach Gallery è lieta di
presentare 'Searching for a Perfect': mostra personale di Kensuke Koike, che ha esposto,
tra le altre, alla Perugi artcontemporanea (Padova), Virgil de Voldère Gallery (New York),
Galerie 5räume (Ludwigsburg), Mestna Galerija (Nova Gorica), Laterna Magika (Praga), Art
Gallery of York University (Toronto), Fondazione Bevilacqua la Masa (Venezia).
KENSUKE KOIKE
SEARCHING FOR A PERFECT
Testo critico a cura di Andrea Bruciati
Non c’è archivio, né accumulo di tempo in Kensuke Koike ma organico fluire delle forme che
trasmigrano da un’immagine all’altra. Non siamo solo dinanzi a quel trovato o ritrovato che svela il
processo cognitivo di ricollocazione del senso e dello sguardo, ma dinanzi alla creazione di altro,
nato per gemmazione e che risponde ad esigenze di vita autonoma. Non vi è solo un recupero di
riproduzioni obsolete per una inedita semiologia dell’immagine, ma questa viene adoperata di nuovo
con lo scopo di costruire un organismo differente, perennemente in connessione. Come nel filmato
rielaborato o nella composizione-manifesto, l’opera perde la sua funzionalità, la referenzialità con il
reale, rivelando così non solo il suo doppio ma una miriade di vettori che accrescono le sue
potenzialità immaginative.
La discussione non verte più sul binomio verità / finzione ma sull’analisi
del processo di posizionamento continuo di senso, quale condizione ontologica di fronte al reale e
alla sua rappresentazione. L‘incongruità apparente quindi è un processo che si compie per
accostamento, per illustrare un nuovo testo e rendere visibile la dimensione dialogica che intercorre
fra il significato originario e sconosciute concatenazioni narrative. In questo procedere Koike è
sempre sovversivo, perchè scardina e smaschera la logicità e l’ordine di lettura per rigenerare la
retina e la sua dinamicità propulsiva, seguendo una trama che conduce quasi ad una mise en
abyme. Entrare nel suo mondo è come colpire uno specchio, spezzare l’insieme, produrre
orientamenti, parziali, riflessioni multiple, sfaccettature ossimoriche. Un’alterazione da ricomporre con
forme poliedriche che tengano assieme le differenze, affinché si puntellino vicendevolmente e
raggiungano linee di pendenza capaci di riequilibrare la velocità fra comunicazione dell’immagine e la
sua fruizione, creando piani dove la storia possa scorrere al tempo giusto.
Un dispositivo, quello dell’artista, che riflette, interpreta, produce velocemente sempre qualcosa di
autentico, perchè parte di un tutto di cui siamo ben consapevoli. Alla fine è come il distillato di un
racconto con radici e ramificazioni rizomatiche, aperto ad accogliere e unire suggerimenti provenienti
da tempi e luoghi differenti. “Voglio essere lupo, uccello, tigre. Mi annoio a essere uomo”, mentre un
nuovo immaginario metamorfico evidenzia la mostruosità insita nelle pieghe della ‘forma bella’.
I’m not what you think: ma non so neppure io cosa sono diventato.
I’m looking for a perfect.
Andrea Bruciati
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During the 68' Venice Film Festival, the Jarach Gallery is pleased to present 'Searching for
a Perfect': exhibition of Kensuke Koike, who has exhibited, among others, at Perugi
artecontemporanea (Padova), Virgil de Vold Gallery (New York), Galerie 5räume
(Ludwigsburg), Mestni Galerija (Nova Gorica), Laterna Magika (Prague), Art Gallery of York
University (Toronto), Fondazione Bevilacqua La Masa (Venice).
JARACH GALLERY
KENSUKE KOIKE
SEARCHING FOR A PERFECT
Critical text by Andrea Bruciati.
There is no archive, nor time accumulation in Kensuke Koike but instead an organic flowing of lines
and shapes, which transmigrate from an image to the next.
We are not just faced with that particular discovery or re-invention which reveals the cognitive
process of re-collocation of meaning and vision, but also, we witness the creation of a new one,
originated by budding and responding to the needs of an autonomous life.
There is not just a restoration of obsolete reproductions for a brand new semiology of the image, but
this latter is used again to the purpose of creating a different organism, one that is constantly
connected. As in the re-elaborated video or in the manifesto-composition, the artwork loses its
functionality, its referentiality to the real, thus revealing not only its double but also a plethora of
vectors which increase its imaginative potentialities.
The debate doesn’t deal with the truth/fiction pair any more, but it has to do with analysing the
process of a continuous placement of meaning, as the prime ontological condition up against the real
and its representation. The seeming discrepancy is therefore a process which progresses through
juxtaposition, in order to illustrate a new text and to unveil the dialogic dimension which exists
between original meaning and unknown narrative concatenations.
In such approach, Koike is always subversive, since he disproves and exposes the cogency and the
reading sequence with the intention of regenerating the retina and its propulsive dynamicity, by
following a plot which leads almost to a mise en abyme.
Entering his world is like hitting a mirror, pulverizing the whole, creating directions, sketchiness,
multiple reflections, oxymoronic facets. An alteration that has to be reassembled with multifaceted
shapes in order to keep differences together, so that they would support each other and reach grade
lines capable of finding a new equilibrium between the speed of image communication and its fruition,
thus creating levels where history can flow at the right pace.
A device belonging to the artist who ponders, enacts and quickly produces something which is
always authentic, since it is part of a whole we are well aware of. In the end, it resembles the distillate
of a story with roots and rhizome branches, open to welcome and bring together suggestions coming
from various times and places. “I want to be a wolf, a bird, a tiger. Being a man bores me”, while a
new metamorphic imaginary highlights the monstrosity in the folds of the “good shape”.
I’m not what you think: but I don’t even know what I have become.
I’m looking for a perfect.
Andrea Bruciati
Vernissage: sabato 3 settembre ore 18.00
Jarach Gallery
Campo San Fantin, San Marco 1997 - Venezia
Orari: dal martedì al sabato ore 14-20, lunedì e domenica su appuntamento
ingresso libero