Cio' che resta. Nelle sculture esposte ci sono parti in attesa di acquisire una forma specifica cosi' come ce ne sono altre non ancora riconoscibili, in cui agiscono momenti diversi: alcuni passati e altri appena germinati, sospesi.
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(...) e dunque il tuo lavoro mi appare così, un mettere a nudo.
La ricerca del momento preciso in cui l'opera si palesa, in cui non c'è altro passo
possibile, perché essa è già lì, svelata, ridotta all'osso. Ciò che resta oltre l’accessorio,
il mutevole, il temporaneo è l’opera che si dà come scheletro, nella sua struttura, nel
suo grado minimo, solido, rimasto.
In effetti penso spesso al processo di realizzazione di un lavoro come ad
un’accelerazione temporale. L’oggetto subisce un procedimento d’irriducibile
semplificazione, una sintesi verso il suo potenziale più basico. Ciò che resta
presuppone l’idea di un appena prima e di un subito dopo, si tratta di scivolare lungo
una linea temporale senza la pretesa di confrontarsi con l’eternità o con l’effimero.
E’ semplicemente aver a che fare con delle cose, appunto, rimaste.
Ciò che resta è anche il frammento, qualcosa che si percepisce come mancante,
perdita d'altro, di una matrice, di un corpo. E' l'abbandonato, la parte rimasta che
conquista presto una sua autonomia formale. In questo senso Ciò che resta, resta solo
un attimo, l’attimo in cui il residuo smette d’essere tale per diventare già opera, già
forma compiuta.
E’ semplicemente come dici tu: un corpo. Qualcosa che è stato all’interno della vita, del
tempo e per un attimo (o da sempre) si trova qui. Ora. La sua magia sta nel fatto
d’essere presente. Ciò che resta allude a qualcosa che ha raggiunto una fissità formale
definita, ma che al tempo stesso, innesca un processo immaginativo. L’opera oscilla tra
l’ambiguità del materiale amorfo e un’immagine formale chiara e definita.
Ciò che resta è ancora l’incombenza della morte nel tuo lavoro o la beffa della vita.
Un memento mori forse. Alcune opere sembrano sacrificare una parte di sé per
continuare ad essere o per essere finalmente, un processo brutale di cui il lavoro porta
il segno. Penso a quelle opere che appaiono parzialmente erose, combuste, la cui
materia trasformata si rivela lentamente.
In questi lavori ad interessarmi è l’impossibilità di comunicare tutto e subito. Guardando
l’opera non è possibile averne un’impressione univoca, definita; è necessario vederla
complessivamente nei suoi scarti, nei suoi ritardi e nei suoi eccessi.
Ci sono parti in attesa di acquisire una forma specifica, che poeticamente devono
ancora avvenire, così come ce ne sono altre non ancora riconoscibili, nella scultura
agiscono momenti diversi alcuni passati, decaduti ed altri appena germinati, sospesi.
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(...) and hence your work appears to me like this, a getting undressed.
The search for that precise moment when the work reveals itself, in which no other
move is possible, because it is already there, disclosed, stripped down to the bone.
Ciò che resta (What Remains), apart from the accessory, the changeable, the
temporary, is the work which is given as a skeleton, in its structure, in its minimal
degree, solid, left.
Actually I often think of a works realization-process as of acceleration time. The object
is undergoing a procedure of irreducible simplification, a synthesis towards its most
basic potential. Ciò che resta, presumes the idea of a just before and an immediately
after, it is about sliding along a timeline without claiming to confront eternity or the
ephemeral. It is simply about dealing with things, in fact, remained.
Ciò che resta, is also the fragment, something that is perceived as lacking, another
loss, of a matrix, of a body. It is the abandoned, the remaining part which soon
conquers its own formal autonomy. In this sense, Ciò che resta, only remains for a
moment; the moment in which the residual ceases to be that in order to already
become a work, already a complete form.
It is exactly as you say: a body. Something which has been inside of life, of time and for
a moment (or for ever) is here. Now. Its magic is in the fact of being present. Ciò che
resta hints at something which has reached a defined formal fixity, but which at the
same time, triggers a process of imagination. The work swings between the ambiguity
of amorphous material and a clear and defined formal image.
Ciò che resta is still the rush of death in your work or the hoax of life. Perhaps a
memento mori. Some works seem to be sacrificing a part of themselves in order to be
able to continue or to finally become, a brutal process of which the work is marked. I’m
thinking of those works which appear partially eroded, burned, whose transformed
material is slowly revealed.
What interests me with these works is the impossibility of communicating it all and
immediately. Looking at the work it is not possible to have an unanmbiguous and
defined impression; it is necessary to view it as a whole in its waste, in its delays and in
its excesses. There are parts awaiting to acquire a specific form, which poetically have
yet to occur, just as there are others not yet recognizable. Different moments act within
the sculpture; some have already passed, fallen, and others newly germinated,
suspended.
Andrea Magaraggia
1984 Vicenza.
Lives and works in Milan
Education
2010 Mfa Fine Arts, Brera, Milan
2007 BA Fine Arts, Venice Artists Residencies
2011 Aperto 2011, Art on border, Distretto Culturale Valle Camonica, Brescia, in
collaboration with PAV Parco arte vivente, careof Docva and Fondazione Bevilacqua
La Masa
Selected Exhibitions
2011 Exploding fluid inevitable, Flussi quotidiani di piscine, curated by Anonima
Nuotatori, Milan.
2010 Ustioni, Private flat#6, Brucia Babilonia, curated by Matteo Bergamini, Florence.
2009 L’isola del giorno dopo, curated by Gianni Caravaggio, S.Carpoforo, Milan.
Passaggi di stato, Spazio per le Arti Contemporanee, curated by Matteo
Bergamini, Pavia.
2007 How to look at Venice? Galleria Contemporaneo di Mestre and Staatliche
Hochschule of Karlsruhe, curated by Elger Esser, Armin Linke, Guido Cecere and
Riccardo Caldura.
2007 Segni del presente, Palazzo Gerometta, collaboration with CRAF Spilimbergo
Fotografia, curated by Guido Cecere, Clauzetto PN.
2006 Dis-nascondimento, Centro Zitelle Culturale Multimediale of Venice, Giudecca,
Venice.
2005 Atelier aperti, open studios, Academy of Fine Arts in collaboration with 51°
Biennale, Venice.
Inaugurazione: mercoledì 14 settembre ore 19
Unosolo project room
Via broletto, 26 Milano
Orari di apertura: 15 - 18 settembre dalle 15.00 alle 19.00 (o su appuntamento), dal 20 settembre: martedì – venerdì dalle 15.00 alle 19.00 (o su appuntamento)
Ingresso libero