Museo della Scultura Contemporanea Matera MUSMA
Sculture, dipinti, disegni, progetti, dal 1944 al 1979. L'esposizione, attraverso 80 opere, delle quali 34 inedite, illustra la ricerca artistica di Sanfilippo basata su un sistema segnico-spaziale. A cura di Giuseppe Appella
a cura di Giuseppe Appella
Sabato 28 gennaio 2012 alle ore 18.00, il MUSMA inaugura la seconda mostra della stagione
espositiva 2011 – 2012 con il “RICORDO DI SANFILIPPO. Sculture, dipinti, disegni, progetti,
dal 1944 al 1979”.
L’esposizione, allestita nelle “Sale della Caccia” e nella “Biblioteca “Vanni Scheiwiller”, attraverso
80 opere, delle quali 34 inedite, intende far luce sull’originalità dell’artista siciliano, basata su un
sistema segnico-spaziale tanto rigoroso quanto libero, costruito sulla ricerca e gli sviluppi di un
segno che dal 1944 al 1979 copre l’intera parabola di un’attività resa insostituibile testimonianza del
dibattito artistico nazionale e dei temi del linguaggio internazionale più legato alla contemporaneità.
Aperta al pubblico sino al 18 marzo 2012, la mostra, a cura di Giuseppe Appella, rispecchia con
coerenza l’orientamento delle esposizioni temporanee perseguito dal 1978 con le annuali “Grandi
Mostre nei Sassi” e dal 2006 con le iniziative del MUSMA, indirizzate alla ricognizione di periodi e
personalità dimenticate o sommerse dell’arte italiana ed internazionale del dopoguerra.
Con Antonio Sanfilippo, viene ricostruito un tassello determinante di quella stagione ancora poco
indagata ma così fervida di stimoli e impulsi che si raccoglie intorno alla generazione di artisti
operanti in Italia, negli anni Cinquanta e Sessanta. Se, infatti, il carattere schivo e solitario ha senza
dubbio penalizzato Sanfilippo, e la scarsa propensione a esporre negli ultimi anni della sua vita ha
contribuito a prolungare una sorta di silenzio attorno al suo lavoro, l’artista siciliano non fu assente
agli appuntamenti che la sua epoca riservò allo sviluppo culturale, collocandosi in primo piano fra i
più attenti protagonisti delle vicende della sua generazione.
Partendo da un gruppo di tempere e pastelli dei primi anni Quaranta, la mostra illustra l’iniziale
approccio geometrico postcubista di Sanfilippo, il transito nello studio di Guttuso e il fecondo
rapporto con Severini, per poi documentare la ricerca volta a risolvere il problema della “nuova
pittura”. Ecco, allora, il passaggio obbligatorio all’astrazione, vissuto e sperimentato prima di tutto
con Carla Accardi, che diventerà sua moglie nel 1949, e poi con Pietro Consagra, Achille Perilli,
Pietro Dorazio e Giulio Turcato, artisti che nel 1947 a Roma costituiscono il gruppo Forma 1. Le
tempere della fine degli anni Quaranta, fanno emergere come Sanfilippo, condividendo con il
gruppo Forma 1 il dissenso verso gli assiomi del realismo e del populismo che caratterizzavano la
produzione artistica italiana di quegli anni, abbia rimesso in discussione il concetto di immagine,
partecipando al rinnovamento rivoluzionario di matrice socialista attraverso l’esigenza di una
ricerca che inserisse la pittura italiana nel filone della grande arte europea. Arte e società si
coniugano nella validità di un’esperienza condotta sui rapporti puri delle forme e sulla costruzione
di uno spazio sostanzialmente bidimensionale: orientamenti rafforzati dal viaggio a Parigi, a
contatto diretto con tutta la cultura artistica più avanzata d’Europa, che il gruppo compie nel 1946 e
che per Sanfilippo è la scelta definitiva di una sperimentazione fondata sul segno, divenuto negli
anni successivi linguaggio personalissimo, autonomo e maturo.
Guardando le ricerche condotte in Francia da Wols e in America da Pollock, la scoperta del segno e
la relazione lirica, non estetica, fra segni e spazio sono documentate dalle tempere degli anni
Cinquanta e Sessanta: nitide sintassi visive, percorsi possibili della mente concentrati o dilatati nello
spazio, tracce di un’astrazione mai gestuale che Sanfilippo affida a un colore timbrico e puro, a un
sistema che pone in relazione accumuli di segni più o meno uguali, concatenati in costruzioni
spaziali corpose, dense, sciolte o addensate sugli intervalli di silenzio della tela bianca: Mi servo
quasi esclusivamente di segni grafici posti sulla superficie con molta immediatezza e rapidità –
sostiene l’artista - e tali da formare un insieme non arbitrario o casuale ma conseguente ad un
determinato ragionamento formale. La forma viene così determinata dal complesso variamente
raggruppato dei segni che nei miei quadri hanno una grande variazione.
Durante gli anni Sessanta e sino agli albori degli anni Ottanta, Sanfilippo affina le proprie tracce
spostando lentamente la propria attenzione dal segno elementare, bacilliforme, stenografico, a un
segno che si avvolge e chiude su se stesso, in un ritmo che gli consente il pieno possesso
dell’immagine. Le frequenti interruzioni di un lavoro talvolta tentato e lasciato a metà, o soltanto
abbozzato, a causa di una crisi profonda che lo porta alla reclusione in studio e alla distruzione di
molte opere, non traspaiono nelle ricerche plastiche degli anni sessanta, qui rappresentate dalle
opere in legno della Collezione del MUSMA (le sei scatole, il vassoio verde, i rilievi, i segni
ritagliati nel compensato) cui va ad aggiungersi la donazione che Antonella Sanfilippo ha voluto
fare in occasione di questa mostra. Una crisi superata solo poco prima della sua scomparsa, quando
l’artista si avvicina all’incisione e in una stamperia romana, mediante il suggerimento proveniente
da un segno non più sovrapposto, divenuto il prolungamento fisico della mano, trasferisce, in un
coinvolgimento totale, dialetticamente formulato nei rapporti distributivi, i risultati di un
vertiginoso processo espressivo, di lì a poco pronto a scandire lo spazio per annullarsi nel vuoto
totale, non prima di essere tornato a proporre, con tonalità atmosferiche e linfe organiche, una
struttura formale costruita – l’isola – chiusa e compatta, fresca e trasparente, travolgente e cosmica,
con una fitta maglia di luci che avvolgono una materia che respira, che vive, per l’ultima volta, in
due acqueforti simili a una sindone.
Antonio Sanfilippo nasce a Partanna (TR) l’8 dicembre del 1923. Frequenta dal 1938 il Liceo
artistico di Palermo, ove ha tra i suoi maestri Guido Ballo, e tra gli amici più cari Pietro Consagra,
con il quale condivide una iniziale vocazione alla scultura. Nel 1942 si iscrive all’Accademia di
Belle Arti di Firenze, ove è allievo di Felice Carena, che ne orienta i primi passi nella pittura;
dipinge spesso en plein air sulle colline attorno alla città (e il disegno reca traccia di questo suo
modo iniziale). Nel ’44, a Palermo, conosce Carla Accardi; espone l’anno seguente al teatro
Massimo con Guttuso e altri giovani, quindi – nel ’45 – tiene nel capoluogo siciliano la sua prima
personale.
Nel ’46 si trasferisce a Roma; è sovente, quei primi mesi romani, ospite con gli altri compagni
siciliani dello studio di Guttuso in via Margutta (battezzato da Ripellino “il Palazzo dei
Normanni”). Alla fine dell’anno compie il viaggio di studio a Parigi, con Accardi, Turcato,
Consagra ed altri. Nel ’47 è tra i sottoscrittori del manifesto di “Forma” e, superato l’iniziale post-
cubismo picassiano e guttusiano, sperimenta le prime ipotesi astratte, inizialmente orientate sui
“Jeunes peintres de tradition française” e quindi neo-concrete, seguendo in particolare l’esempio di
Magnelli. Partecipa a tutte le principali occasioni espositive del gruppo “Forma” e, dai primi anni
Cinquanta, tiene personali di rilievo in gallerie fortemente orientate sull’avanguardia, quali la
Libreria Salto e il Naviglio a Milano, l’Age d’Or e la Schneider a Roma, il Cavallino a Venezia.
Nella seconda metà del decennio il suo lavoro ha crescenti riscontri internazionali (New York,
Osaka, Bruxelles, Losanna, Pittsburgh, Londra) e registra importanti adesioni critiche (Marchiori,
Vivaldi, Ponente, Serpan, Tapié), mentre si moltiplicano le esposizioni personali, le presenze alle
Biennali di Venezia (nel 1966 con una sala personale), alle Quadriennali di Roma, ai premi
(Graziano, Lissone, Michetti, Golfo della Spezia).
Gli anni sessanta vedono il definitivo affermarsi della sua pittura, in Italia e all’estero, con personali
a Londra, Roma, Milano e presenze importanti nelle esposizioni di Chicago, Boston, Parigi e Berna.
La sua ultima personale, prima del periodo esistenzialmente difficile, è del 1971 all’Editalia,
presentato da Cesare Vivaldi. Muore il 31 gennaio 1980, per i postumi di un incidente
automobilistico. In aprile la Galleria Nazionale d’Arte Moderna gli dedica una larga antologica cui
seguiranno, negli anni Novanta, oltre alle rivisitazioni del gruppo “Forma”, le grandi mostre di
Gibellina, Erice, Taormina, Aosta, Salò, Trento. Nel 2007 nasce l’Archivio Sanfilippo ed esce, a
cura di Giuseppe Appella e Fabrizio D’Amico, il “Catalogo generale dei dipinti dal 1942 al 1977”,
nel 2009, a cura di Fabrizio D’Amico, il volume dedicato a “Le Carte”.
In questo stesso periodo, nella Saletta della Grafica, viene esposta la cartella di Louis
Marcoussis (Varsavia 1883 – Cusset 1941), Planches de Salut, edita nel 1931 dalle Éditions
Jeanne Bucher, con dieci incisioni all’acquaforte e al bulino e una prefazione di Tristan
Tzara.
Nel bookshop, invece, 25 acqueforti e acquetinte di Assadour (Beyrouth 1943) ripercorrono la
vicenda di uno dei più grandi incisori viventi.
Prossimo appuntamento:
18 marzo 20012: OMAGGIO A TADEUS KANTOR (Wielopole 1915 - Cracovia 1990)
Sculture, dipinti, disegni, documenti, libri, video, le fotografie originali di Romano Martinis relative a tutti
gli spettacoli di Kantor .
Nella Saletta della Grafica: Hans Richter, Ultimi cori per la Terra Promessa di G. Ungaretti, 1971.
Per questa mostra, l’impegno viene condiviso con la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed
Etnoantropologici della Basilicata che espone in Palazzo Lanfranchi una parte delle fotografie di
Romano Martinis.
Comunicazione e pubbliche relazioni: Mariella Larato, ufficiostampa@musma.it, tel. +39 3290835148
Il MUSMA è un progetto culturale della Fondazione Zétema. Matera
Inaugurazione 28 gennaio ore 18
MUSMA - Museo della Scultura Contemporanea
Palazzo Pomarici - Via San Giacomo (Sasso Caveoso) Matera
Orari: dal martedì alla domenica, dalle ore 10.00 alle 14.00. Apertura pomeridiana per gruppi e su prenotazione. Giorno di chiusura: Lune
Biglietto intero 5 euro, biglietto ridotto 3.50 euro(Ragazzi 7 - 18 anni, over 70 anni, studenti (Facoltà di Architettura, di Lettere con indirizzo Archeologico o Storico-Artistico, delle Accademie di Belle Arti, di Conservazione dei Beni Culturali, di Scienze della Formazione), soci ARCI, soci Touring Club, dipendenti del MiBAC - Ministero per i Beni e le Attività Culturali, portatori di handicap con il loro accompagnatore, soci Touring Club, gruppi di numero superiore alle 20 persone, pubblicisti con tesserino aggiornato dell'ordine)
Ingresso gratuito (bambini fino a 6 anni, giornalisti con tesserino aggiornato all’ordine, guide turistiche nell’esercizio della propria attività professionale, i soci del Circolo Culturale La Scaletta di Matera)