Prozac. In mostra dipinti prodotti degli ultimi dieci anni: pillole, capsule, pasticche, siringhe, rasoi, bisturi, proiettili, fiale, coltelli, tutti disposti sullo stesso piano, come se si trattasse di un deposito o di un'armeria.
a cura di Francesca Barbi
Pillole, capsule, pasticche, siringhe, rasoi, bisturi, proiettili, fiale, coltelli. Tutti disposti sullo stesso piano, come fosse un deposito o un’armeria. Scorte di munizioni a totale disposizione dello spettatore per difendersi e inebriare, “virtualizzare” il sangue malato del vivere contemporaneo.
Cocktail inebrianti come sollievo chimico e mentale per indurci a dimenticare nostre origini di homo naturalis.
Prozac è il titolo della mostra dell’artista Giorgio Lupattelli che la D.d’Arte - in collaborazione con l’Accademia del Lusso - inaugura a Roma presso gli spazi espositivi de Il Margutta RistorArte di Tina e Claudio Vannini, in Via Margutta 118. Le pitture esposte vanno a coprire l’arco temporale degli ultimi dieci anni.
“La capsula di Prozac - rimedio farmacologico maggiormente diffuso per combattere la depressione - è nell’opera Elettroshock un proiettile che fuoriesce sfondando il pianeta terra, la madre terra, per entrare in collisione con la mente umana, già oggettualizzata.
“L’immagine che fissa l’attimo di tale potente deflagrazione è maestosamente fallica perché, come il sesso, l’essere e l’agire in questo mondo è sempre più rispondente ad una proiezione alimentata dall’immaginario collettivo mediatico. Resistere è mostrare, denunciare, e nelle opere di Lupattelli le immagini urlano agli occhi tale pericolo di omologazione virtuale che va sostituendosi alla vita. Il Prozac, leggiamo nel foglietto illustrativo, stimola l’elasticità della mente, svolge un’azione di potenziamento dei circuiti nervosi cerebrali. Sono i messaggeri chimici per il cervello che ricaptano la serotonina, cavalieri salvifici della modernità. È così che una percentuale elevatissima di popolazione si assicura la forza per rimanere ‘pensante’. Resta da chiederci se tale formula, tale accanimento per la sopravvivenza di una presunta e assunta dignità non porti a far esondare quei margini che andrebbero invece salvaguardati da un imminente pericolo di impaludamento.
“Lettore acuto della contemporaneità - spiega la curatrice Francesca Barbi Marinetti - Lupattelli punta il dito e l’occhio sulle forme di manipolazione virtuale della vita attraverso l’uso di stupefacenti farmacologici e mediatici, analizza al microscopio i tessuti della struttura vitale. Gli effetti collaterali, sono l’agitazione e l’anormalizzazione dei fili conduttori del pensiero e del desiderio. I sogni collettivi conducono ad una deflagrazione di mostri digitali che minacciano subdolamente un brain damage condiviso.
Ogni battaglia e ogni storia vuole i suoi eroi. Con ironia d’artista Lupattelli fa icone di supereroi, come l’Uomo Ragno o il San Sebastiano qui esposti, e di ciò che li minaccia, come bombe, ammortizzatori chimici dei nostri attriti con la realtà, o la fredda spinta a conquistare sempre più distanti spazi cosmici in cui affermare l’attitudine umana alla potenza.
Prevalgono i colori acidi e acrilici che ricordano la dirompente influenza della pop art come avanguardia di un’arte che non può più esimersi dal confronto con la comunicazione. Al teschio di Warhol, simbolo classico della vanitas, Lupattelli sostituisce il potente rapporto di dipendenza da sostitutivi virtuali o farmacologici della vita. Ed è l’alterazione mediatica della vita a portare all’affermazione dell’oggetto che si fa icona”.
Immagine: Brain Damage, 2010. Pittura 180x270
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Inaugurazione: Giovedì 23 Febbraio 2012 – ore 18.00
Il Margutta RistorArte
via Margutta 118 - Roma
aperto tutti i giorni ore 12,30-15,30 e 19,30-23,30