Doppio appello. Due artisti e il Museo: Giannetto Bravi con le sue quadrerie d'arte, una ricerca che da quarant'anni contraddistingue la sua poetica e Chiara Pergola con Madeleine, un'ipotesi di lavoro sull'idea di museo che si articola in azione grazie alla presenza di Antonella Huber.
Due artisti e il Museo: Giannetto Bravi con le sue QUADRERIE D’ARTE, “il museo di tutti i musei”, una ricerca che da quarant’anni contraddistingue la sua poetica, e Chiara Pergola con MADELEINE, un’ipotesi di lavoro sull’idea di museo che si articola in azione grazie alla presenza di Antonella Huber, docente di Museologia del Contemporaneo.
Quadreria d’arte, Giannetto Bravi
La fonte si trova in quella sorta di minimarket del turismo culturale costituito dal bookshop dei musei d’arte di tutto il mondo. Dunque cartoline e l’interminabile proposta di gadget (dalle matite ai block notes, dalle statuette agli oggetti più fantasiosi) che a volte trattiene e intrattiene il turista più dell’esposizione stessa.
Si tratta di simboli di un consumo “alto”, rassicuranti punti di riferimento di un “grand tour” mordi e fuggi, che perdono inevitabilmente per strada il senso vero della loro origine, e che qui diventano occasione per una riflessione “sui modi di presentazione dell’opera, del rapporto tra l’opera e il contesto museale, sulle modificazioni che ne segnano lo spazio e, al tempo stesso, sulle relazioni con il pubblico.”(Angelo Trimarco), come nella grande mostra realizzata nel 2007 al Museo di Capodimonte a Napoli.
A tale poetica si lega l’intera esposizione di Doppio appello, in cui è proposta una Quadreria di sedici pezzi con cartoline aventi per tema paesaggi e nature morte, due generi topici della fenomenologia museale, ai quali si affianca una copia del libro d’artista Pompei composto di postali ripetute che rimandano all’evento storico. A completamento otto lavori che racchiudono dei singolari gadget museali, un pezzo che assembla quattro sottopiatti con medesimo soggetto, “le Signore di Giovanni Boldini”, e una sorta di piccola scultura surrealista, la tazza presa dal fantasmagorico repertorio iconografico di Salvador Dalí messo in scena dai musei che lo rappresentano.
Madeleine, Chiara Pergola con Antonella Huber
Che cosa significa aprire un museo?
In origine era il luogo sacro alle muse, figlie di Zeus e Mnemosyne, il luogo del farsi della memoria collettiva, e in analogia al funzionamento del corpo, distillato dell’interazione di tutta l’attività corticale, di quell’insieme di parti interagenti che chiamiamo società. Ma se il museo sia questo oggi, non è chiaro. A quanto pare, risulta sempre più difficile, in un’epoca di atomizzazione individualistica, riconoscere come proprio un tracciato comune. Ammesso che fosse tale; può essere che il sospetto di una “cultura di parte” sia giustificato. E che questo sospetto sia la causa di fondo della sostanziale amnesia contemporanea. Può darsi che nessuno abbia voglia veramente di ricordare, finché tutti, fino all’ultimo individuo che popola la terra non avrà messo al mondo il proprio segno personale, la propria scrittura, la propria traccia (e qui si intende esattamente “la sua”), e l’avrà vista riconosciuta da tutti. Tutti gli altri che pure chiedono lo stesso riconoscimento. Ma come è possibile ricordarsi di tutti? Potrà mai il segno di ognuno, formare un linguaggio? E che forma deve avere, questa lingua, perché possa essere parlata? La domanda prende la forma di un esperimento volto a sondare il grado di preparazione al riconoscimento reciproco.
Si ringrazia per la collaborazione Costanza Candeloro.
Giannetto Bravi
Dopo aver esordito a Roma con una mostra presentata da Achille Bonito Oliva alla Galleria Fiamma Vigo, prosegue l’utopica “Operazione Vesuvio” - avviata nel 1972 dal critico Pierre Restany e dall’artista Gianni Pisani - inviando cartoline postali del mitico vulcano con indicato il luogo preciso in cui il destinatario doveva prelevare un “pezzo di Vesuvio” da invaligiare e riportare in tempi migliori, quando si fosse placata la corsa alla speculazione edilizia, per ricostruire il cono vulcanico. Alle cartoline soltanto scritte seguono quelle con l’aggiunta di “reliquie” di polvere vulcanica; poi i quadri con cartoline assemblate in una sorta di paesaggio “ricostruito”, astratto; quindi, Bravi man mano dilata i suoi tappeti di illustrate, iterando sul supporto la stessa immagine, operazioni capaci di aprire un dibattito che ha coinvolto alcuni dei maggiori critici contemporanei (dal già citato Restany a Lea Vergine, da Gillo Dorfles a Vicky Alliata) in occasione di una mostra alla Galleria Milano di Carla Pellegrini. Ancora, un’unica cartolina riprodotta su una grande tela o montata su un’alta asta come un’icona sacrale sono altri esiti dell’investigazione che da anni l’artista conduce su questo ready-made della comunicazione turistico-culturale, muovendosi, come scrive Angela Vettese, su un duplice binario “quello caldo della semantica sociale e quello freddo sul linguaggio dell’arte”.
http://www.giannettobravi.it/
Chiara Pergola
La sua ricerca è legata ai contesti e può essere descritta come un modo di collocarsi, di cui la produzione artistica rappresenta la traccia. Ha iniziato il proprio percorso espositivo utilizzando come medium testi politici e filosofici di riferimento del ’68 italiano; partendo dalla propria abitazione di origine, in cui erano raccolti (Clausura a cura di Andrea Cioschi, 2005) ha progressivamente sconfinato occupando librerie (Epifania a cura di Annalisa Cattani e Donatella Franchi, Libreria delle Donne di Milano, 2006) biblioteche e luoghi di cultura (sCulture a cura di Roberto Daolio, Melbookstore, 2007; Galleria Civica di Modena, 2008). Nel 2009 dopo la laurea in Pittura, segue il laboratorio di paesaggio manUfatto in situ tenuto da Tania Bruguera, con cui tutt’ora collabora in relazione a specifici progetti (di recente, International Migrants Day, 18 dicembre 2011). Nel 2010 ha vinto il 52° premio Campigna, con la proposta di intervento nello spazio urbano Via, in corso di realizzazione, ed è tra i finalisti del concorso Qui l’arte è di casa indetto da GAMeC e dal Comune di Bergamo. Ha fondato nel 2009 il museo-opera Musée de l’OHM all’interno di un comò del XIX secolo, che accoglie mostre di arte contemporanea ed è stato a sua volta oggetto di mostre presso varie sedi; tra queste: galleria neon>campo base, Museo d’Arte Moderna di Bologna, Museo Civico Medievale di Bologna dove è visibile a tutt’oggi all’interno della Sala Cospiana.
http://www.mambo-bologna.org/news/news-29/
Antonella Huber
Docente di Museologia del Contemporaneo presso la Scuola di Specializzazione in Beni Artistici e Storici dell'Università di Bologna, inizia l'attività didattica per l'insegnamento di Museologia e Museografia a partire dal 1990 in qualità di professore esterno presso diverse sedi universitarie (Politecnico di Milano; Facoltà di Architettura dell'Università di Ferrara; Facoltà di Architettura dell'Università di Sassari; Scuola di Specializzazione in Storia dell'Arte dell'Università di Bologna). Le sue ricerche riflettono sulle pratiche e i modelli adottati nella costruzione dello spazio espositivo, in particolare, sulle pratiche espositive più significative del Novecento, sul display come espressione autoriale e sul museo come fonte di ispirazione per l'artista contemporaneo (tra le pubblicazioni: Il Museo italiano, Milano 1997 e Le ragioni del museo, Bologna 1999). Da oltre vent’anni è consulente per lo studio degli aspetti museologici e museografici nell'ambito della progettazione di mostre e musei.
Inaugurazione 2 marzo ore 18
Studio di Ermanno Cristini
via San Pedrino, 4 (cortile interno) -Varese
Su appuntamento, tel 335 8051151
Ingresso libero