Tempo e memoria. Un'opera fotografica composita che mostra l'immagine di lavoratori che assistono, coinvolti e "vestiti a festa", a una sfilata di automezzi da loro prodotti in azienda.
Andrea Lunardi è uno dei giovani pistoiesi che hanno dato vita a quella generazione di artisti di cui la critica più accorta si è interessata con particolare attenzione; così come le gallerie, attente alla ricerca innovativa, hanno ospitato le loro opere. Andrea si è diplomato presso l’Accademia di Firenze nella scuola del noto artista concittadino Giorgio Ulivi e il suo iter formativo, sul piano del linguaggio, non è stato quello intrapreso abitualmente da chi, uscito dall’Accademia, desidera saggiare in fatto di tecniche, di mezzi e di poetiche, quanto è in auge in quel momento. Al contrario per lui, fin dagli inizi, da considerare preminente in un’opera è il suo contenuto, la filosofia da perseguire per esprimerlo. Per tutto questo ha messo a disposizione del tema dell’identità, ogni mezzo tecnico ed espressivo che gli consentisse di suggerirne o tracciarne l’immagine.
Quando parliamo d’identità in arte, il riferimento va al linguaggio e al suo stile, alle caratteristiche del medium utilizzato, al significato palese o enigmatico dell’opera, all’attualità o all’anacronismo della stessa. Ogni artista che sia tale non può prescindere da questi fattori, perché fanno parte di quella “misura” e di quel “codice” identitario che lo distingue e che può consentirgli di apportare rinnovamento. Andrea sa bene tutto questo e certo non ha rinunciato a perseguire tale obiettivo però, dalla sua, ha una sensibilità che l’ha indotto a intraprendere un percorso complementare rispetto a quello che può dirsi congruente con il bagaglio della grammatica percettivo/estetica; ovvero, si è calato a tal punto nella ricerca di un’identità pragmatica e affatto emotiva, che quando si accinge a rigenerare linguaggio, tecnica e processo rappresentativo, il fine identitario è così forte che domina e “piega” gli stessi strumenti della resa in immagine così, ogni volta, il risultato è un successivo passo avanti verso altri ambiti della ricerca.
Se è vero che siamo tutti in cammino verso la nostra identità è altrettanto vero che gli artisti ne esaltano in maniera esponenziale il senso filosofico alcuni, in senso spirituale altri e così, per loro, il tangibile, l’imperscrutabile o il metafisico, diviene punto di riferimento sostanziale. Ed è in questo modo per Andrea Lunardi.
La sua indagine già intrapresa ai tempi dell’Accademia si manifesta poco dopo in maniera probante con una serie di opere fotografiche talmente atipiche, rispetto agli standard, da interessare i più avveduti fruitori. Si tratta dell’immagine di un volto sul quale un’ombra netta ne preclude, di foto in foto, la visione di singole parti della fisonomia. Andrea dunque, cela intenzionalmente i dati della riconoscibilità e così facendo definisce il suo iter programmatico con una chiara premessa: ciò che non distinguo e che mi è “nascosto” o “si nasconde” corrisponde, di fatto, alla condizione umana, al suo “catalogo” d’ignoto che soltanto attraverso l’investigazione più “scientifica” mi può consentire di scoprire i dati fondamentali per l’identificazione dell’essere. Ebbene tutto quanto in opere ha dato seguito a questo presupposto, fa parte della ricerca di Andrea; ricerca che si è evoluta felicemente con intuizioni immaginative e soluzioni formali sempre coinvolgenti quanto esplicite. Infatti, le attività espositive, la partecipazione a cantieri e a stage per giovani artisti, l’hanno visto affermare il proprio ruolo in maniera decisa, tanto che la critica e i galleristi non hanno potuto fare a meno di interessarsi di lui e di quanto va producendo.
La mostra a Lo Spazio di via dell'ospizio presenta le ultime fasi del suo lavoro e riguarda un’opera composita che mostra l’immagine di lavoratori che assistono, coinvolti e “vestiti a festa”, a una sfilata di automezzi da loro prodotti in azienda. Inoltre sono presenti anche altri dettagli inerenti al lavoro di fabbrica: materiali rotabili e autoveicoli da trasporto. Due di queste opere sono inserite in teche di plexiglas e l’immagine, come le precedenti, è stata prodotta con la tecnica del trasferimento su carta tramite solvente, di fotocopie tratte dal materiale d’archivio di un’azienda tedesca operante nella prima metà del ‘900 e provenienti dal materiale mandato al macero dai responsabili della fabbrica pistoiese San Giorgio. Ebbene, Andrea ha sgualcito l’insieme di carta creando un involucro, a forma di “marmo” sbozzato, sul quale emerge l’immagine di un bianco e nero visivamente “precario”, che induce l’osservatore a pensare di trovarsi di fronte a un reperto fossile.
A mio avviso, tali opere, rappresentano una versione altra del tema dell’identità, ora riferita al mondo del lavoro e alla condivisione comune dell’essere collettivamente artefici; ora collegata al mondo scientifico della geologia e alla testimonianza prefigurata, di un tempo di cui si è persa la memoria. Allora tempo e memoria, per il nostro artista, divengono i parametri indispensabili per altre identità e in tal modo la sua ricerca è senza soluzione di continuità. Per terminare quindi, la forma fluens che scaturisce dal suo lavoro di ricerca, non può prescindere dal confrontarsi con il vincolo del tempo/immagine e con la memoria che ne riporta dall’oblio le tracce o ne nobilita gli eventi, qualificandone in tal modo l’identità".
Siliano Simoncini
Marzo 2012
Inaugurazione 11 marzo ore 18
Lo Spazio di Via dell'Ospizio
via dell'Ospizio, 26-28 -Pistoia
Orario: lun-sab 9.30-13.00/16.00-20.00