D.o.p. denominazione origine pittura. Una mostra sull'astrazione nella pittura da parte di un artista maturo come Mario Giovanardi, in contrapposizione al giovane Pavel Rifa.
Mi viene da negare il mio pensiero per la semplice paura che lasciandolo libero si possa perdere. Non voglio descrive ne tanto meno criticare e rincorrere qualsiasi citazione tanto cara alla migliore critica d’arte che negli ultimi decenni ha perso tutti i suoi pensieri.
Ed ora vittima allegra e complice del mercato non sa fare altro che curare, promuovere e dichiarare i suoi successi continui imperturbabili e altrettanto inutili nel tempo.
Voglio essere sbagliato in questo tentativo di analisi culturale che la pittura di questi due artisti ignoti viventi e di provincia si permettono di praticare. Se il mestiere dell’arte è stato quello di costruire, tramandare con la volontà della perdita, motivo dominante della capacità di continuare nel corso del tempo a dare nuovi ed ulteriori significati, oggi è quello di stupire, in fretta, acutamente con disciplina, con controllo strategico economico, celebrando miti viventi sostenuti da aste, musei, fiere, gallerie e critici a getto continuo. Mi viene il vomito. Ma non riesco a stare male perché mi ritengo ancora capace di vedere e assorbire la possibilità che in fondo questo contorno speculativo è poca cosa rispetto a chi come me ha ancora voglia di non capire.
Una mostra sull’astrazione nella pittura da parte di un’artista maturo, nascosto e “poco tosto” come Mario Giovanardi in contrapposizione al giovane Pavel Rifai è la volontà di aprire verso chi continua ossessivamente a ripetere il suo gesto figlio di ricordi vicini e lontani.
Mario Giovanardi nasconde la sua pittura tra i contrappunti di Bach e letterature sovrapposte, con l’idea di ritrovare la propria terra impastando con sapienza i colori con sabbie di altre terre lontane, il tutto per assumere la costanza inutile ma sapiente del raggiungimento celeste della propria cifra linguistica, oggi tono improprio, leggero e modaiolo vittima negli artisti contemporanei delle stagioni della moda.
Che noia: e allora il bello, la scoperta la si può solo trovare in luoghi nascosti, in vicoli di provincia dove si riesce ancora a parlare, guardare e come in questo caso a presentare qualcosa di autentico senza la pretesa di essere la storia, perché questa in questo momento siamo noi e poi si vedrà. Quindi l’ossessione tragica sublime della pittura di Giovanardi si contrappone al linguaggio astratto corporale violento di Pavel Rifai, giovane artista siriano che lascia la sua memoria naturalistica viandante a farsi attraversare dall’istinto passionale del suo inconscio fragile ed emotivamente astratto.
La sua è la scoperta attraverso la pittura di una traduzione consapevole ma libera del proprio io. Le sue opere ti imbrattano lo sguardo di segni e colori che sembra non vogliano mai finire di mescolarsi per dare un senso compiuto.
Giovanardi invece traduce il suo dono naturalistico usando la superficie terrestre per dipingere il cielo, sono opere fortemente orizzontali in fondo calpestabili con lo sguardo.
Rifai Giovanardi e Giovanardi Rifai diventa un metronomo oscillante che grida ancora che la pittura nell’era digitale può per via della sua essenza primaria continuare solitariamente ad esistere senza porsi troppe domande e tanto meno tante strategie di successo per un’arte che non nasce con l’unico scopo di raggiungerlo ma solo semplicemente con la sofferta volontà di essere fatta.
La dignità di un quadro è ancora quella di essere unico e non riproducibile, quella immensa sosta temporale che contiene è ciò che può portarci sulla terra e aldilà di essa, e nell’epoca dell’alta tecnologia, della rete e della velocità questo diventa una piccola ma concreta possibilità di fermarsi nel tempo. Della terra.
Guardate.
Inaugurazione 14 aprile ore 18
Galleria 42 Contemporaneo
via Carteria, 42 - Modena
merc - sab 16,30 19 (per app. 3455967763)