Enduring love e' un graduale avvicinamento a un'immagine, chiave dei lavori che compongono la mostra. Tutti sembrano convergere, anche se da lati diversi, verso quella fotografia che è insieme un documento biografico e la temperatura di una relazione, di un vincolo stretto: di una madre con sua figlia.
Enduring love
inaugurazione: giovedì 10 aprile 2003, h. 18,30
Enduring love è un graduale avvicinamento a un'immagine, chiave dei lavori che
compongono la mostra. Tutti sembrano convergere, anche se da lati diversi, verso
quella fotografia che è insieme un documento biografico e la temperatura di una
relazione, di un vincolo stretto: di una madre con sua figlia. Le persone
ritratte sono l'artista e sua madre.
Disposta su due piani, la mostra non ha in realtà un verso. È un sotto-sopra che
sembra indicare che il verso delle cose, i tempi, il passato, il presente, gli
stati e le epoche della vita individuale, sono tutte congiunte in una serrata
compresenza. Il sotto-sopra come indice della confusione ma anche dell'apertura
e della scoperta, secondo il suggerimento interrogativo posto da una bambina in
uno dei video in mostra: "Sì, sai che se scavi nella terra tanto tanto tanto,
dopo trovi di nuovo il cielo, eh?".
Secondo la modalità tipica della sua ricerca, Ottonella Mocellin adotta la
narrazione, articolata in voce e scrittura, in immagini e figure, come
dispositivo di scoperta del sé in un'ottica di condivisione che ospita il
pubblico. Tema di questa narrazione è, in Enduring love, l'essere adulti e
l'essere bambini, il ruolo genitoriale e quello filiale, per esteso i legami ma
anche l'eredità , la continuità , la diversità e la convivenza.
La voce, declinata nelle due video proiezioni, è un altro filo rosso. Mocellin
la restituisce con diverse intonazioni. Dando un corpo alle proprie voci,
restituisce fisicamente la molteplicità individuale: il quanti siamo o possiamo
essere in una volta sola. Lavora sulla gradazione del sotto voce - come era
stato in Let me be your eyes (1999) - e dell'alta voce - Separarsi è una pena
così dolce.(2001) - mantiene il voice over e in The second woman (2002)
sostituisce alla variante del doppiaggio - fulcro di Potremmo chiamare
ossessione (2001) - l'uso della forzatura e della deformazione, al fine di
ottenere un vero e proprio sdoppiamento.
Nel video Enduring love, che dà il titolo alla personale, l'approssimazione
all'immagine-chiave è la ricerca del punto di fusione con essa. "A volte vorrei
riuscire a prendere fiato. E tornare almeno per un attimo in quel posto lontano
nel tempo in cui io ero te e lei era me". L'artista veste i panni di sua madre,
dinnanzi a una bambina che potrebbe essere la se stessa di prima. Messa in
movimento la fotografia dei due profili, fronte contro fronte, rimarca
l'intensità del legame e ne mostra la durevolezza. Nell'inquadratura, stretta
sulle due teste, si scorge ogni piccolo movimento della tenerezza, fatta dello
stare molto vicini e del ritirarsi un poco, come mostra il gioco tra i capelli
delle due protagoniste. Quell'intimità ha le sue radici remote nella condizione
prenatale là "Dove alla logica dell'invasione si risponde facendo spazio da
dentro per accogliere uno sconosciuto", come sussurrano la voce e i suoi echi.
Il testo si amplia nella riflessione sull'ospitalità e sull'estraneo e tocca il
tema della convivenza e del conflitto.
La riflessione sull'identità prosegue con una serie di fotografie, alcune delle
quali accompagnate da testi. Il cambio di "velocità " nella pausa delle immagini
fisse, si risolve, in alcune, attraverso il fermo-immagine su un televisore
acceso (Tutto il giorno sto e Accaddero poi cose che non vennero mostrate in
televisione, 2003, cibachrome) e in altre nella citazione diretta di un frame da
film (Un ultima cosa., trittico, cibachrome e testo, 2003). Un gioco di rimandi
e di specchi ancora diretto alla moltiplicazione. I protagonisti, chiamati
dall'artista a confermare il proprio immaginario e i propri pensieri, sono il
bambino di The shinning - che trasforma il proprio dito in un alter ego a cui
parlare- Kurt Cobain con Boda, il suo amico immaginario, e Pippi Calzelunghe, la
ragazzina solitaria che sa cavarsela da sé.
Il racconto cambia ancora e si chiude nella continuità uniforme del rosso che
avvolge interamente le pareti delle stanze sottorreanee. Nel riverbero di quel
rosso, Mocellin installa il video The second woman ma lo fa precedere da due
cibachrome della serie Being. L'essere qualcun altro - come già in un'altra
serie fotografica del 1999, I'll be your mirror - comporta il vestirne i panni e
con essi anche le paure. In Being Phil Collins #1 #2, l'artista rinscena la
paura dell'amico completamente avvolto nella nebbia. Un'immagine ermetica che
introduce al video; un complementare al rosso nel netto viraggio verde. In The
second woman - presentato per la prima volta in Exit alla Fondazione Sandretto
Re Rebaudengo - l'artista fa due parti di se stessa. Tutta la scena si svolge
ancora alla luce dell'immagine-chiave, appesa in un ingrandimento fotografico a
una delle pareti dell'interno. A quella l'argomento del video si riferisce.
La compresenza tra l'io e l'altra - marcata da una forte dicotomia dei
caratteri, buona/ cattiva, misurata/smodata, severa/indulgente, sobria/ebbra - è
ottenuta dal cambio degli sguardi (da sotto in in su, da su a sotto) e dallo
sdoppiamento della voce, distinta nei passaggi dal tono normale a un tono
stravolto che sfiora la parodia. Le due, prese nella loro completa dissimmetria,
giungono infine a un "patto".
Giorgina Bertolino
Orario: dal martedì al sabato, h. 15,30-19,30
Galleria Luigi Franco Arte Contemporanea, via Sant'Agostino 23/q, 10122, Torino
- T. +39.011.521 1336 - F. +39.011.521.1066