La mostra "Athar", che in arabo significa "reperti archeologici", presenta una trentina di opere, su tela e carta, caratterizzate da un linguaggio che recupera l'incisione rupestre e il segno arabo.
a cura di Alberto Mattia Martini
La Galleria Marcorossi Artecontemporanea presenta, in concomitanza con la Galleria eventinove artecontemporanea di Torino, Athar/Ritrovamenti, il nuovo ciclo artistico di Medhat Shafik.
Athar, che in arabo significa reperti archeologici, presenterà circa trenta opere, su tela e carta caratterizzate dal consueto
linguaggio in equilibrio tra il mondo contemporaneo, l’incisione rupestre e il segno arabo. Un lessico che permette all’artista di
comporre una fitta trama di racconti evocativi di una dimensione antica, quasi a voler ricordare o ritrovare un’arcaicità, egizia ma
non solo, andata ormai perduta.
Per l’artista l’intento del ciclo Athar è quello di intercettare umori, suoni, luoghi, intrisi di valori epici e storici, che sappiano essere
riportati alla luce attraverso la scrittura segnica, che si configura come il tratto distintivo dei suoi lavori. Come di fronte ad uno scavoarcheologico, i valori ricercati dall’artista ritornano in vita, capaci di donare degli stimoli assolutamente necessari a vivere la nostra
epoca.
Scrive Alberto Mattia Martini nel testo del catalogo: “Vivere realmente, sensibilmente e soprattutto eticamente il proprio
tempo significa in primo luogo recuperare il senso storico, ripercorrere è quindi ritrovare le nostre origini. Per vivere la propria
contemporaneità sono imprescindibili le radici, le esperienze appunto radicate nel nostro DNA, quell’emozione culturale di
conoscenza e tradizione che rende ogni uomo unico ed esclusivo. Ecco allora la volontà di dare voce ed estrinsecazione all’Athar,
ritrovare cioè la memoria delle civiltà(...)”.
I Ritrovamenti che l’artista propone si dimostrano piuttosto eterogenei e sfaccettati, capaci di oscillare dal bianco candore delle
superfici pittoriche, arricchite dal gesso che rimanda ad una dimensione arcaica e al contempo sacrale, alla sensualità del colore e
della sovrapposizione segnica e di materiali. I valori che rievocano sono frammenti di una storia comune all’uomo, sono le feste
popolari e il clangore della vita quotidiana, sono momenti di comunità che sanno riunire all’interno di un’unica famiglia tutti i popoli
del mondo: “Differenti culture trovano tra questi molteplici colori e materiali un’unica identità; il Mediterraneo con le sue città, le
piazze, i porti, le architetture e soprattutto i mercati, si intrecciano evocando una stessa storia: quella dell’uomo” (A.M.Martini).
Medhat Shafik è nato in Egitto nel 1956, ma dal 1976 vive e opera in Italia, collaborando con la Galleria Marcorossi
artecontemporanea fin dai suoi esordi negli anni Novanta. Diplomato in pittura e scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di
Brera, dagli anni Ottanta partecipa con successo a molte rassegne artistiche nazionali e internazionali, arrivando ad una vera e
propria consacrazione alla Biennale di Venezia del 1995, in occasione della quale il Padiglione Egitto, da lui rappresentato con
due connazionali, viene premiato con il Leone d’Oro delle Nazioni.
La sua ultima personale, del 2011, ARCHETIPI - Le origini del futuro, è stata curata da Arturo Carlo Quintavalle e allestita alla
Fondazione Stelline di Milano.
In collaborazione con: KPMG, Meridiani
Ufficio Stampa: Cristina Ghisolfi, 02/89408401, cristinaghisolfi@marcorossiartecontemporanea.com, Serena Mariani,
serena.mariani@marcorossiartecontemporanea.com
Inaugurazione giovedì 17 maggio ore 19.00
Marcorossi Artecontemporanea
C.so Venezia, 29, Milano
mar-sab 11-19
ingresso libero