Questo spazio e' mio. Muovendosi, il visitatore rischia di urtare i tavolini allestiti con materiali inappropriati e sorretti da morsetti non troppo rassicuranti. Le fotografie esposte cercano invece di ricostruire, mortificandolo, uno spazio domestico.
Uno spazio espositivo addomesticato. Si potrebbe definire così questo lavoro che, appunto, pare pensato
per addomesticare lo spazio in cui viene esposto -26cc- di cui Mauro Romito è co-fondatore. Lo spazio
più che usato pare occupato dai materiali e dalle tracce di storia personale e il percorso per visionare
l’opera è quasi impedito dall’opera stessa. Muovendosi, lo spettatore rischierà più volte di urtare i tavolini
allestiti con materiali inappropriati e sorretti da morsetti non troppo rassicuranti. Si è chiamati dunque
innanzitutto ad un’esperienza percettiva precisa: la preoccupazione di urtare, rompere, sconvolgere lo
spazio organizzato da qualcuno che ne è il padrone, rischiando di violare qualcosa che potrebbe essere
sacro. Non può che nascere il sospetto che opera intenda farci immedesimare nella personale difficoltà di
percorrere lo spazio dell’arte contemporanea, inteso come lo spazio metaforico delle relazioni e come lo
spazio reale in cui espone e per il quale ha lavorato in questi anni. Ma l’impronta umana e lirica dell’opera
è restituita dalle fotografie esposte sui tavolini: oggetti e soprammobili, raggruppati per forma e uso. Sono,
di fatto, le collezioni con le quali la madre dell’autore ha ornato e organizzato la sua casa, cioè lo spazio
in cui Mauro Romito stesso è cresciuto. Insomma, l’intenzione è quella di ricostruire, mortificandolo, uno
spazio domestico.
Lo spazio nel quale si cresce da padroni impotenti all’ombra di scelte e di regole sacre e
imprescindibili, quelle materne. Sono ventuno le collezioni esposte, un universo organizzato per criteri di
verità estetiche indiscutibili, una selezione quasi politica di materiali, forme e colori, un’attitudine alla cura
dello spazio che toglie spazio al nascere caotico di qualunque idea d’altra forma, materia o colore.
Ed ecco, in cima a tutto, in fondo al percorso, quella stessa madre padrona assoluta dello spazio, chiusa in
un video, quasi un quadro animato, bendata, vittima di uno spazio domestico che non può vedere, vigilata
e controllata da un’altra madre, la sua, che se ne sta zitta e distratta ma che è pronta a fermare la figlia
quando questa troverà il coraggio di superare il limite, emettendo un nonnulla di voce che dice: torna.
Fabio Mureddu
Inaugurazione 18 maggio 2012
26cc spazio per l'arte contemporanea
via Castruccio Castracane, 26 Roma
Lun-ven 19-21
Ingresso libero