MACRO Testaccio - La Pelanda
Roma
piazza Orazio Giustiniani, 4
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Israel Now
dal 27/6/2012 al 31/8/2012
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MACRO Testaccio - La Pelanda




 
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27/6/2012

Israel Now

MACRO Testaccio - La Pelanda, Roma

Reinventing the Future. Il progetto, a cura di Micol Di Veroli, e' strutturato attorno a una selezione di artisti israeliani provenienti da esperienze e generazioni diverse che hanno tentato di superare il concetto di futuro conchiuso e definitivo. Espongono Yael Bartana, Elinor Carucci, Meital Katz Minerbo, Yehudit Sasportas e molti altri.


comunicato stampa

a cura di Micol Di Veroli

Artisti: Boaz Arad, Yael Bartana, Orit Ben-Shitrit, Ofri Cnaani, Elinor Carucci, Michal Chelbin, Keren Cytter, Shay Frisch Peri, Dani Gal, Tamar Harpaz, Lea Golda Holterman, Meital Katz Minerbo, Shai Kremer, Adi Nes, Uri Nir, Leigh Orpaz, Michal Rovner, Yehudit Sasportas, Nahum Tevet, Gal Weinstein, Shahar Yahalom e Guy Zagursky

Perchè reinventare il futuro
L’esperienza umana è strettamente connessa all’idea di futuro. Percepire ciò che deve ancora accadere, concepire speranze di progresso e di riscatto, superare l’ansia dell’incerto. Tutto questo rappresenta il motore centrale di un’esistenza pervasa dalla progettualità, dall’odisseica fiamma del sapere, della sete di conoscenza di ciò che appare imperscrutabile. Il futuro è illusione continua, un lungo viaggio sul nastro di Moebius che aiuta l’uomo a cancellare il concetto di finitezza dell’involucro terreno. Abitare una specifica idea di un tempo non lineare e di una realtà multipla è parte integrante della natura biologica dell’uomo e della sua espressione culturale. L’idea di futuro è onnipresente nelle urgenze linguistiche e spirituali ed è la possibilità che emerge dalle decisioni presenti, condizionate dal passato. L’incessante ricerca di questo regno delle casualità e della riprogrammazione continua di forme, concetti e significati rappresenta un’ossessione perfetta, la chiara manifestazione dell’estensione del pensiero e della sua immortalità attraverso variabili infinite.

L’immaginario collettivo contemporaneo, attraverso l’imperante insipienza rappresentata dalla reificazione, ha imparato a dissimulare il futuro all’interno del nuovo, per cui tutto viene immaginato come “cosa nuova”, un progresso commerciale che nello specifico manifesta solamente la condizione di un lento divenire perennemente identico a sé stesso. La surmodernità con i suoi eccessi di spazio, di ego e di tempo ha drammaticamente distorto ogni capacità o volontà precognitiva, limitando il futuro ad una vuota iperattività ideologica e mediatica che di fatto lo priva di ogni contenuto sensato. La società moderna deve per forza di cose liberarsi dal vincolo del nuovo come unica forma di progresso e reinventare il futuro, se vuole che esso torni ad avere un senso reale o sognato che sia. Decostruire una falsa concezione di futuro, pensandola assieme al suo diretto rovescio, vale a dire il passato, senza operare un’accelerazione della storia.

Reinventare il futuro significa non solamente evolversi ma trasformarsi in qualcosa di diverso, al di là del concetto di produzione del nuovo e dello spettacolare. In sostanza, ideare il futuro non può ridursi alla mera formulazione di una parola scenografica e posticcia ma alla materializzazione di un’entità astratta e cangiante che detiene un campo, uno spazio ed una visibilità proprie all’interno di un tempo non lineare. Questa concettualizzazione fa perciò appello alle problematiche di natura creativa, in quanto la trasformazione filosofica e plastica di estetiche, concetti e forme rappresenta una caratteristica fondamentale della produzione artistica che, traendo linfa dalle realtà del passato, compie continuamente un’attenta indagine sulle visioni presenti e future.

Reinventare il futuro è quindi possibile mediante l’attività artistica. Anche se il futuro dovesse in seguito manifestarsi esteticamente e concettualmente dissimile da quanto immaginato, esso può essere reinventato all’infinito, recuperando la sua nuova forma passata. Cogliere il significato oltre il significante, liberarsi dai vincoli narrativi e mitologici per approdare ad una personale mitopoiesi dell’avvenire. In questo la pratica artistica può aprire nuove finestre su mondi alternativi ed offrire al fruitore immagini libere da qualsiasi visione a compartimenti stagni. Tale traguardo può essere ottenuto solamente oltrepassando il concetto di conformità/non conformità della manifestazione artistica all’interno degli stilemi e delle tendenze del suo tempo.

Nel concepire Israel Now, Reinventing The Future si è pensato quindi alla possibilità di aprire molteplici scenari sul futuro, in modo da offrire una possibile concezione alternativa della produzione e della fruizione artistica oltre che dell'identità individuale e collettiva in relazione alle diversità del nostro pianeta. L'intento primario è altresì quello di comprendere l'entità dell'influenza delle forme estetiche e filosofiche del passato all'interno di una nuova concezione del “fare arte”, slegando il tutto da vincoli e preconcetti.

Il progetto è strutturato attorno ad una selezione di artisti israeliani provenienti da esperienze e generazioni diverse. La terra d'Israele rappresenta un concreto esempio di nazione proiettata verso il futuro, essa trae infatti linfa da una società multi-etnica, caratterizzata da una profonda e millenaria spiritualità che al tempo stesso è capace di aprirsi a scenari paralleli sia concreti che immaginari. Gli artisti israeliani sono quindi immersi in un ambiente che ha già sviluppato una solida idea di futuro. In uno scenario mondiale sempre più globalizzato, dove toppo spesso il mezzo rappresenta il messaggio, essi sono riusciti a mantenere un comportamento critico in relazione alle nuove tecnologie ed alle vecchie metodologie, salutando i notevoli progressi della scienza e della nazione in genere come un’ulteriore possibilità di sperimentazione. Su queste nuove direzioni, aperte da uno stato costantemente proiettato verso lo sviluppo sociale, gli artisti presenti alla mostra Israel Now- Reinventing the Future hanno saputo costruire sentieri alternativi, con uno sguardo rivolto alle indagini compiute dalle realtà artistiche internazionali pur mantenendo ben salde sia identità collettive che personali.

La questione della surmodernità dell’arte contemporanea
Aprire una finestra su circostanze future o futuribili tramite l’opera d’arte e,di riflesso, mediante un evento artistico come Israel Now-Reinventing The Future, implica l’abbattimento di determinate regole comportamentali che solitamente caratterizzano le mostre collettive di grande respiro internazionale. Nel suo scritto introduttivo al saggio HaraldS zeemann: Individual Methodology, il critico e storico dell’arte Florence Derieux asserisce che la storia dell’arte della seconda metà del XX secolo è ormai divenuta la storia delle mostre, dei grandi progetti espositivi e non più quella delle opere d’arte. Questo concetto, ormai ampliamente condiviso, implica l’esponenziale crescita di uno straordinaria potere decisionale da parte del curatore che finisce con l’oggettivare un eccesso di ego per il quale si tende a valorizzare unicamente il progetto a scapito del valore autonomo dell’opera e dell’immagine. Nel 2003 Molly Nesbit, Hans Ulrich Obrist e Rirkrit Tiravanija presentarono il loro progetto Utopia Station alla Biennale di Venezia. In quel frangente il concetto di utopia raggiunse una dimensione distopica, questo perché le opere d’arte inserite all’interno della mostra finirono con l’esser schiacciate dalla fin troppo ambiziosa visione curatoriale, trasformandosi così in tanti piccoli pretesti utili solamente a giustificare quest’ultima. Utopia Station è quindi un valido esempio di quanto affermato da Florence Derieux. Nell’ambito di questo specifico comportamento surmoderno, espresso dalla pratica curatoriale, il rischio è quello di perdere totalmente di vista l’importanza della figura dell’artista ed il peso specifico dell’opera.

Nel tracciare le linee guida di Israel Now -Reinventing the Future, si è cercato di rovesciare il funzionamento di questi meccanismi, evitando di trasformare la pratica curatoriale in opera d’arte ma senza per questo snaturare il concetto portante della mostra. Nello specifico, ogni decisione è stata concordata assieme agli artisti invitati ed ogni opera si giustappone alle altre pur mantenendo una sua identità specifica, come all’interno di un compendio di storie raccontate in prima persona singolare. Enfatizzare il processo di libera creazione del futuro ed al contempo riflettere la natura sperimentale di ogni manifestazione artistica, questi i perni centrali di un progetto mirato ad estendere i consueti criteri di fruizione artistica evitando inutili pretestuosità e colpi ad effetto.

Conclusioni
Uscire dal concetto di mostra statica e monolitica vista in funzione di una rigida visione curatoriale, verso esperienze radicalmente dinamiche come la ricerca di futuri possibili, equivale al passaggio dalla semplice collezione di oggetti ad una mostra viva e pulsante alla stregua di un organismo vitale in continuo divenire. Al di là delle strategie retoriche e della potenza immaginifica sviluppata da qualsiasi attività testuale, l’opera appare come l’unico ed insostituibile carburante sensoriale in grado di scavalcare il proprio tempo ed anticipare l’avvenire. Partendo da questo presupposto, gli artisti presenti all’interno della mostra hanno letteralmente superato il concetto di futuro conchiuso e definitivo, offrendo al fruitore una serie di teorie personali squisitamente aperte che scavalcano le evidenze oggettive per gettarsi in nuove dimensioni spazio-temporali, piuttosto che affidarsi ad un sistema di riferimento monodimensionale. Il futuro attende solamente di essere reinventato, sia esso un nuovo modo di pensare alla sfera sociale, di guardare alle nuove tecnologie o di creare nuove forme. In questo l’arte contemporanea rappresenta un punto d’osservazione privilegiato, su tutto ciò cui la nostra mente assetata anela.
(Micol Di Veroli)

Inaugurazione 28 giugno 18

MACRO Testaccio - La Pelanda
piazza Orazio Giustiniani, 4 - Roma
Orario: da martedì a domenica, ore 16.00-22.00
(la biglietteria chiude 30 minuti prima)
Tariffa intera: 5 €, Tariffa ridotta: 3 €

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