La mostra riunisce, seguendo un approccio tematico, all'incirca 300 lavori, la gran parte mai esposti al pubblico. Per la prima volta sono infatti esposti alcuni degli "incunaboli" del dagherrotipo: nature morte e vedute di Parigi, opere di Daguerre e di altri pionieri degli anni 1839-1840, testimonianze, rare e preziose, di questo tempo immobile.
Un objet photographique
La mostra è organizzata dalla Réunion des Musées
Nationaux, dal Museo d'Orsay, in collaborazione
con il Metropolitan Museum of Art di New York, e
beneficia del prestito eccezionale della Biblioteca
Nazionale di Francia..
La sua realizzazione è resa possibile grazie al
sostegno dell'italiano Gruppo Euromobil dei fratelli Lucchetta.
Il 7 gennaio 1839, il fisico François Arago, nel corso di una lezione all'Académie des
Sciences di Parigi, presenta un nuovo procedimento, messo a punto dall'inventore
francese Jacques Daguerre (1787-1851), che permetteva di riprodurre con un processo
meccanico e chimico, senza dunque interventi manuali, le immagini che si formano nella
camera oscura. È così che il dagherrotipo segna la nascita ufficiale della fotografia.
Immagine unica, su placca di cuoio ricoperta d'argento, dai riflessi cangianti, lucida e
spesso riflettente come uno specchio - al quale è stato spesso paragonato -, il
dagherrotipo rimane ancora, soprattutto in Francia, l'aspetto trascurato degli albori della
fotografia. Numerose sono le storie della fotografia che si limitano ad un breve accenno
all'invenzione di Daguerre, alla quale sembra legarsi solo la mania del ritratto, sfruttata
da Daumier e Nadar: una moda che attraversa tutta un'epoca durante la quale sono in
molti, persone importanti e perfetti sconosciuti, a posare, belli diritti, ma con risultati
abbastanza bui, davanti all'obiettivo. Il dagherrotipo appariva allora solo con un
tentativo, certo brillante, ma fallito, nello sviluppo della tecnica fotografica.
Eppure il dagherrotipo era destinato a modificare in modo definitivo lo sguardo posato
sul mondo e le conseguenti rappresentazioni artistiche e scientifiche. E' proprio "questa
arte nuova, nata nel mezzo di una vecchia civiltà ", secondo le parole usate dall'esperto
Guy Lussac nel 1839, che questa mostra intende far scoprire riferendosi alla produzione
francese.
Facendo seguito ad alcune belle manifestazioni dedicate in Francia a questo tema in
occasione delle celebrazioni dei 150 anni della fotografia, nel 1989 (Paris et le
daguerréotype, Le Temps suspendu, Le Daguerréotype en Alsace e La Photographie
révélée ), il Museo d'Orsay intende ora indagare il dagherrotipo in tutti i suoi aspetti di
originalità .
Al ritratto, che rimane, per tutta la durata degli anni quaranta dell'Ottocento, il principale
ambito di utilizzo di questo procedimento fotografico, è consacrata un'ampia sezione
della mostra, dove saranno affiancate opere amatoriali e di professionisti, ritratti di
sconosciuti e di personaggi famosi, autoritratti e ritratti post-mortem.
Accanto a questo nucleo centrale, saranno indagati i molti altri campi di applicazione
della tecnica. Questa invenzione, infatti, avviene in un'epoca che non vuole conoscere
alcun limite alla conquista del mondo - di tutti i mondi- e le cui scoperte scientifiche sono
eccezionali. In meno di trent'anni appariranno, come ricorda Gautier, "il vapore sulla
terra e sul mare, il gas, il telegrafo e l'illuminazione elettrica, la galvanoplastica, il
dagherrotipo".
La mostra riunisce, seguendo un approccio tematico, all'incirca 300 lavori, la gran parte
mai esposti al pubblico. Per la prima volta sono infatti esposti alcuni degli "incunaboli"
del dagherrotipo: nature morte e vedute di Parigi, opere di Daguerre e di altri pionieri
degli anni 1839-1840, testimonianze, rare e preziose, di questo tempo immobile.
Seguiranno le vedute di Francia, documenti ricchi di poesia sulla Parigi prima dei grandi
lavori del barone Haussmann, vedute delle città di Lione e Nantes prima del 1845, le
prime fotografie scattate sulle Alpi e durante viaggi all'estero, opere di dagherrotipisti
francesi, molto spesso degli appassionati cultori, che hanno portato al loro ritorno
vedute, ritratti e paesaggi dell'Egitto, dell'Estremo Oriente, della Grecia, della Siberia,
della Martinica e persino della Nuova Caledonia.
Sarà quindi ampiamente testimoniato il fascino che questo nuovo genere di immagine ha
esercitato sugli artisti e sugli uomini di cultura. Il comprensibile timore degli artisti di
vedere sminuito il proprio prestigio e l'entusiasmo degli scienziati che, ben presto, videro
in questa tecnica il mezzo per ampliare il proprio campo di ricerca, "fotografando" le
diverse fasi delle loro ricerche, erano entrambi giustificati.
Una ricca sezione della mostra indaga i numerosi legami tra le scuole di Belle Arti e
questo nuovo "intruso": dagherrotipi di nudi, tra erotismo e accademia d'arte, figure di
grandi romanzieri che hanno scritto sulla nuova tecnica, se non addirittura l'hanno
praticata (Hugo, Nerval, Dumas, Balzac), fino all'impiego di questo procedimento da
parte dei pittori (riproduzioni di opere, studi di animali). Parallelamente un'altra sezione
tratta alcuni grandi cultori di questo genere, già conosciuti come Bayard, Humbert de
Molard, o totalmente sconosciuti alla storia della fotografia come Eugène Le Boeuf, la
cui pratica può essere assimilata ad un procedimento artistico. La scienza è presente
attraverso la medicina - le prime fotografie ottenute con l'aiuto di un microscopio - la
fisica, l'astronomia, e soprattutto l'impiego del dagherrotipo da parte degli antropologi.
Inoltre, ogni sezione è anche l'occasione per meglio comprendere le mutazioni tecniche
del processo verificatesi durante gli anni quaranta: la colorazione, la messa a punto di
processi di incisione dagherriana, la creazione di sostanze acceleranti che limitavano i
tempi di posa. Sono esposti infine dei documenti dell'epoca: giornali, caricature, dipinti
sul tema del dagherrotipo, oggetti ( gioielli realizzati con dagherrotipi, accessori dei
dagherrotipisti), per rendere pienamente la rivoluzione suscitato in dal dagherrotipo alla
sua comparsa.
La mostra ambisce dunque a studiare il dagherrotipo non solo nella sua dimensione
estetica, tecnica e documentaria, ma a presentarlo anche come un vero e proprio
"fenomeno sociale".
Immagine: Alexis Gouin , Portrait d'Alexandre Dumas, Vers
1851, Paris, musée d'Orsay, (c) R.M.N.
Comitato scientifico: Quentin Bajac, conservatore, museo d'Orsay; Dominique de
Font-Réaulx, conservatore, museo d'Orsay. Curatore associato: Malcom Daniel,
Metropolitan Museum of Art, New York.
Orari:
Tutti i giorni, eccetto il lunedì, 10-18, giovedì 10- 21.45; domenica 9- 18
Biglietto:
Entrata al museo + mostra : intero 7 EUR, ridotto 5 EUR
Ingresso:
Visitatori singoli da quai Anatole France, per i gruppi entrata da rue de Lille
Catalogo:
Le daguerréotype français. Un objet photographique, éditions RMN, 60 EUR circa
Giornale di mostra: 3 EUR
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Linea d'ombra tel. 0438-412647 Email: info@lineadombra.it
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Musee d Orsay
Quai Anatole France
Paris