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27/7/2012

Ugo Maria Cionfrini

Palazzo Breccia Fratadocchi, Fermo

Zampilli di...Vita. Cionfrini ha fissato in alcune immagini fotografiche lo sgorgare dell'acqua dal getto di una fontana romana.


comunicato stampa

L’acqua ha sempre concorso in vario modo alla realizzazione di forme plastiche suggestive, modellando la roccia con il suo lento scorrere o scavandola goccia dopo goccia fino a farle assumere forme antropomorfe: ma l’acqua ha contribuito anche alla riuscita di alcune tra le più stupefacenti creazioni dell’età barocca, come dimostrano le scenografiche fontane concepite da Gian Lorenzo Bernini e dai suoi epigoni settecenteschi per alcune delle più belle piazze di Roma.

È possibile immaginare la Fontana dei Quattro Fiumi, quella del Tritone o, infine, la Fontana di Trevi, senza che l’acqua intervenga con il suo suono e i suoi effetti luminosi a rendere le immagini scolpite nel marmo così sorprendenti? Variamente modulata grazie all’abilità di provetti idraulici diretti da un regista sapiente, l’acqua si dispone infatti a formare ampi ventagli che si sovrappongono alle immagini plastiche modellate dal Bernini o generano sottili zampilli che, candendo di vasca in vasca, rendono luminose e vibranti le dinamiche sculture concepite dall’artista: nè si dovrà sottovalutare la componente musicale prodotta dall’acqua, i cui suoni, assimilabili a quelli generati da uno strumento, creano una suggestione uditiva che esalta la teatralità degli apparati scultorei.

Abituato da sempre a guadare con occhio attento la città nella quale ha studiato, Ugo Maria Cionfrini ha fissato in alcune memorabili immagini fotografiche lo sgorgare dell’acqua dal getto di una fontana romana: come lui stesso ammette, si tratta sempre della stessa fontana, come se le “potenzialità artistiche” connaturate all’acqua si possano esprimere soltanto in quel luogo, dove aspetti in apparenza imponderabili, quali la forza del getto o il movimento prodotto dall’aria, possono produrre situazioni altrove impossibili.

Fissando a lungo con l’obiettivo lo sgorgare del liquido dal getto, Cionfrini è riuscito a fermare forme liquide che richiamano animali e figure riconoscibili: cani, come il carlino, il terranova, il barboncino e il pitt-bull o volatili come il germano o forme più esotiche come quelle dell’elefante e dell’orso, vengono subito alla mente osservando con attenzione la disposizione dell’acqua che sembra corrispondere ad un preciso disegno partorito dalla mente di un geniale creatore. Con le sue fotografie Cionfrini fissa delle immagini destinate a svanire nell’arco di un attimo, riuscendo così a cogliere nell’acqua forme zoomorfe o antropomorfe che non esistono se non nel momento in cui vengono fotografate: per tanto è la fotografia ad eternare delle soluzioni plastiche altrimenti perdute, sopraffatte dalla liquidità della materia generatrice e dalla forza di gravità.
Non resta che chiedersi se Ugo Maria Cionfrini sia soltanto un fotografo fortunato, che ha avuto la ventura di cogliere quanto sfugge all’occhio distratto del passante, o se invece non sia un artista dotato di una sensibilità particolare e di una capacità creativa che si esprime attraverso modalità finora inedite. Naturalmente propendiamo per questa seconda ipotesi.
Stefano Papetti

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