Palazzi di Parole. Gli edifici fotografati e stampati direttamente su pagine di libri d'epoca ci interrogano.
Arte, immagini, parole, dibattiti e incontri sull’architettura e la città.
Heart pulsazioni culturali incontra i Palazzi di Parole di Nicolò Quirico, un’occasione per una riflessione radicale sull’architettura, la sua pratica e il suo statuto. Gli edifici fotografati dall’artista e stampati direttamente su un collage di pagine di libri d’epoca ci interrogano in modo profondo: che cosa significa costruire e organizzare lo spazio? Che rapporto esiste tra l’architettura e la vita quotidiana dell’uomo? E tra l’architettura e la storia? Come si può ripensare lo spazio cittadino contemporaneo? Che cosa significa costruire oggi?
Un tema complesso, affascinante, che va affrontato da più prospettive; un progetto artistico in continua costruzione e crescita (come una città che continuamente si ripensa e si riorganizza). Al fianco della mostra dedicata alle opere di Quirico – che si inserisce significativamente in Ville aperte, manifestazione dedicata alle dimore storiche della nostra zona –, verranno organizzati eventi e conferenze con architetti, letterati, filosofi, sociologi, storici che offriranno sguardi diversi sul tema.
Una delle prime chiavi di interpretazione ci viene proprio dal lavoro di Quirico. Nelle sue “fotografie” a essere interrogati sono due temi: architettura e cultura, ma insieme. Se da un lato, infatti, nell’opera di Quirico, gli edifici sono il luogo in cui la vita dell’uomo, le sue relazioni, i suoi prodotti culturali prendono vita e si stratificano, diventano storia; dall’altro è la cultura stessa, la parola, il libro a farsi a sua volta edificio e a scrivere lo spazio. Architettura e cultura, palazzo e parola: due poli indivisibili di un unico chiasma.
La voce della città
“Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure”, scriveva Italo Calvino nel suo celeberrimo Le città invisibili. È quasi inevitabile: davanti ai Palazzi di parole di Nicolò Quirico il pensiero corre al testo di Calvino, alle città che, sempre di più vanno somigliandosi l’una all’altra e che pure, però, se sapute ascoltare, possono dare risposte alle nostre domande. Ed è proprio sulla voce della città che si concentra questo suggestivo progetto di Nicolò Quirico. Come gli angeli di Wim Wenders osserviamo la città da un punto di vista inconsueto, raggiungiamo il suo ventre e ascoltiamo la sua voce, o meglio: le sue mille voci. Una babele di voci eterogenee, suoni, parole, melodie e rumori… sussurri, grida, pensieri, ricordi. Vita, insomma, poiché la città è, innanzi tutto, nel bene e nel male, un luogo vitale e dinamico, in continuo mutamento.
Della città Nicolò Quirico sa rubare l’anima, soffermandosi, quasi casualmente, sui molti edifici che la compongono: palazzi di epoche diverse, stili diversi, pensati per modi di vita diversi, messi tra loro in relazione, talvolta quasi uniformati, dalla trama inquieta e nervosa del tessuto urbano. Dai luoghi storici ai palazzi più insignificanti, lo sguardo dell’artista scorre qua e là per le strade delle città che gli sono vicine, che in un certo senso più gli appartengono, professionalmente e culturalmente: Milano, Como, Lugano… Il suo non è uno sguardo interessato alla qualità architettonica o all’importanza storica dell’edificio, né tanto meno bada alla sua estetica. La sua attenzione è tutta rivolta alla vita che in quei luoghi è passata, passa e passerà in futuro. Alle cento, mille storie che si sono svolte dentro quei muri. Quelli di Nicolò sono palazzi fatti da uomini, abitati da uomini che crescono in città popolate da uomini. Forse per questo a far sentire più forte la loro voce sono quei palazzi che a un primo, superficiale sguardo, sembrano tutti uguali, monolitiche presenze senza vita e senza pregi estetici, freddi oggetti immobili privi di virtù. Mettiamo da parte, per un attimo, il sapere; dimentichiamo il loro ruolo nella storia dell’architettura, lasciamo stare le ragioni, le ricerche e le sperimentazioni formali che talvolta si nascondono dietro a questi edifici. Trattiamoli, per un attimo, come li percepisce lo sguardo del passante, dell’uomo qualunque, schiacciato dalla loro incombenza e dalla loro disarmante uniformità, alienato dalle loro forme geometriche e poco inclini al dialogo. Poco importa che siano le innovative ed eleganti forme della giustamente celebre Torre Velasca o quelle inutili e banali di un palazzone di periferia: essi ci appariranno tutti come mostruosi edifici inanimati, tristi e disarmanti cattedrali di una modernità che non bada più al progetto urbanistico, al bello pubblico o al luogo vivibile. Lo sguardo di Nicolò ha saputo passare oltre la dura scorza anche di questi palazzi, penetrando nelle loro pareti, superando il cemento e la pietra delle loro facciate, per ascoltare le loro voci. Voci che sono rimaste intrappolate nei loro muri, che recano in sé la testimonianza di chi, in quei palazzi, vi ha abitato per giorni, per mesi, per anni, spesso per una vita.
Già da tempo avvezzo a progetti che travalicano i confini tra le arti e mettono in dialogo arti visive e letteratura, Quirico ha immaginato di analizzare i palazzi con una macchina “ecofotografica”, un ipotetico sistema di indagine diagnostica che utilizza ultrasuoni per catturare l’eco degli abitanti. Ed ecco che, con uno straordinario escamotage (le pagine di libri multilingue stampati all’epoca di costruzione del palazzo), gli edifici prendono vita, esplodono in vibrazioni vitali, liberano suoni, parole, immagini, ricordi… Rendendo visibile la voce della città, la sua anima più profonda.
In bilico tra fotografia e pittura, con le loro superfici materiche che animano la staticità delle immagini, i Palazzi di Parole offrono sensazioni visive, sonore, tattili, perfino olfattive, proponendo un punto di vista nuovo su panorami a noi talmente famigliari da darli quasi per scontati.
Un progetto che, pur concentrandosi perlopiù su edifici realizzati nei decenni passati, invita anche a un possibile ripensamento degli spazi urbani attuali, che apre riflessioni importanti sul ruolo dell’architettura nell’epoca moderna e che pare, a tratti, strizzare l’occhio agli architetti e agli urbanisti di oggi, invitandoli a ripensare lo spazio cittadino in una dimensione più “umana” e accessibile, in costante dialogo con l’ambiente e i fruitori degli edifici progettati. Per questo Palazzi di parole non vuole essere semplicemente un progetto di arte visiva: intende aprire dibattiti, stimolare pensieri, coinvolgere il singolo individuo – e non soltanto l’esperto di settore – , con uno sguardo ampio, critico, intelligente, globale sulla realtà che ci circonda.
Simona Bartolena
Il cammino del progetto Palazzi di Parole
Il progetto Palazzi di Parole è stato presentato al pubblico a dicembre 2011 dallo storico della fotografia Roberto Mutti, durante l’incontro con il pubblico e l’esposizione di un’unica opera presso lo studio di architettura OSA di Milano. La prima mostra a Como, ospite dello Spazio Natta, ha inaugurato un itinerario espositivo, la cui prossima tappa sarà presso lo Spazio Heart di Vimercate. Se a Como prevalevano le opere dedicate agli edifici del capoluogo lariano, in una sorta di percorso ideale tra antico e moderno in città, nell’edizione Vimercatese prevarrà l’indagine su Milano e dintorni. Che si tratti di Como, di Milano o di tutte le altre città indagate dall’artista, l’accostamento di siti storici – il Duomo, il Teatro… – agli anonimi palazzoni che costellano i centri e le periferie urbane o i siti di archeologia industriale, offre comunque un interessante motivo di indagine e riflessione. Un dibattito già accolto da molti visitatori della mostra di Como che l’edizione di Vimercate trasformerà in un vero e proprio momento di incontro, invitando architetti e studiosi di urbanistica a confrontarsi con letterati, storici dell’arte e, soprattutto, con la gente comune che questi luoghi li vive ogni giorno, per aprire nuove prospettive sul tema.
Il progetto Palazzi di Parole ha recentemente vinto il concorso nazionale indetto per le selezioni del Premio di fotografia contemporanea italiana Confini n.10. Una selezione delle opere sarà esposta nei prossimi mesi nelle gallerie: Roma, MassenzioArte; Milano, Polifemo Fotografia; Genova, VisionQuest; Trieste, Sala Fenice; Torino, Officine Nadar.
Palazzi di Parole sarà presente anche al festival di fotografia FOFU in Toscana, dal 13 ottobre al 4 novembre.
Inaugurazione domenica 23 settembre ore 17.30
Ogni sabato e domenica dalle 16 alle 19,domenica 30 settembre dalle 10 alle 19 in occasione di Tracce di contemporaneo in Ville Aperte 2012, sabato 6 ottobre dalle 10 alle 19 in occasione dell’ottava edizione della Giornata del contemporaneo AMACI
Seconda sede:
QuiLab, via garavesa 2, Imbersago LC. Su appuntamento. quirico@quirico.com