Biblioteca Civica Verona
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VideoArtVerona - Playtime
dal 11/10/2012 al 17/11/2012
lun e merc ore 18, sab ore 11

Segnalato da

Anna Pasetto




 
calendario eventi  :: 




11/10/2012

VideoArtVerona - Playtime

Biblioteca Civica Verona, Verona

L'intero progetto e' caratterizzato da una sottile venatura ironica. In mostra i video di 9 artisti italiani che propongono una riflessione sulla quotidianita' in modo intimo e spontaneo.


comunicato stampa

a cura di Cecilia Freschini

Proiezioni della Rassegna: il lunedì e il mercoledì alle ore 18 – il sabato alle ore 11 Doppio allestimento - nei giorni di fiera all’interno del padiglione 7, e dal 12 ottobre al 17 novembre 2012 presso il Centro Audiovisivi del Comune di Verona, al primo piano della Biblioteca Civica sede dell’Archivio Regionale di Video Arte - per Playtime, la rassegna di video d’artista curata da Cecilia Freschini, giovane curatrice indipendente residente a Beijing, realizzata in collaborazione con l’Area Cultura del Comune di Verona e VisualContainer di Milano. “Quando si pensa all’arte contemporanea – dichiara Cecilia Freschini - è probabile che, di primo acchito, non venga in mente quel filone imperniato su gioco, scherzi o ironia. Eppure tutto ciò non solo costituisce una parte molto importante del nostro quotidiano, ma rappresenta anche una ricerca artistica ben precisa. Si tratta di un’attitudine sociale, che in modo significativo riesce a combinare sapientemente spirito ironico e critico al contempo. In Playtime i toni spesso irrazionali e disincantati evidenziano la concretezza di un presente incerto e imprevedibile.

L’intero progetto è caratterizzato da una sottile venatura ironica e richiama il fascino dell’assurda intelligenza. In mostra, i video di nove artisti italiani, che propongono una riflessione sulla quotidianità in modo intimo e spontaneo. Attraverso situazioni giocose e ironiche, questi lavori sanno creare un forte impatto e una facile comunicabilità, poiché fondati su canoni universali. In virtù di questa riconoscibilità, la ricezione e assimilazione dell’idea è immediata. Il messaggio passa agilmente e con una certa leggerezza per lasciare, una volta interiorizzato, un retrogusto amaro che conduce a specifiche riflessioni. Questa ripresa consapevole dell’immaginario infantile, di giochi, favole, tradizioni o credenze assimilate, suggerisce un momento di evasione da una routine prestabilita che soffoca e limita l’interiorità e ci porta in una dimensione più sincera. La visione propone un immaginario surreale, da cui può emergere un forte senso di precarietà: Biancaneve uccide un nano, una prostituta fuori moda vende solo baci, un italiano cerca di far sparire il proprio passaporto, qualcuno gioca con un mappamondo, un pentito mafioso racconta la ricetta degli arancini, altri ancora cercano, invano, equilibri impossibili e situazioni bizzarre”.

Artisti e opere in mostra 1. Enrico Bressan, Exercise#49, 3’ 25’’, 2010 2. Arianna Carossa + Ludiko, Qui si tocca / only swim in your depth, mov, 6’ 22’’, 2011 3. Gennaro Cicalese, Telecar starting view$, 3D video animazione, 3’, 2012 4. Girolamo Marri, How to make my Italian passport disappear, Video HD + suono, 2’ 23’’, 2011 5. Sebastiano Mortellaro, 675/96, Video PAL 6’29’’, 2008 6. Sabrina Muzi, Ninetta #2, 10' 50”, 2005 7. Maria Pecchioli, Kidding Time, colore/sonoro formato - Dv pal,1' 45'', 2008 8.

Natalia Saurin, Happily even after, 03' 20", 2008 9. Debora Vrizzi, Blinding Plan, video full HD, 8', 2011 Enrico Bressan, nato a Montebelluna (TV) nel 1968. Vive a lavora a Berlino. Con ironia e poesia Bressan adatta immagini, oggetti e situazioni presi dalla vita quotidiana e li colloca in un contesto artistico. Guidata da una costante messa in discussione della realtà, la ricerca di Bressan si sviluppa dal dialogo tra opposti: come l'ordine e caos, vita e morte, verità e ambiguità, quotidiano e il sublime. In Exercise #49 l’autore compie una serie di azioni al fine di scompaginare l’assetto e la disposizione degli unici oggetti presenti sulla scena: un tavolo e due sedie. Si tratta di un atto performativo in cui le simmetrie degli elementi, la sincronizzazione degli spostamenti e gli equilibri tra le parti, sono continuamente messi in discussione.

Arianna Carossa, nata a Genova nel 1973. Vive e lavora tra Genova e New York. Ludiko e' un duo multidisciplinare composto da Andrea Ruschetti aka Ludiko boy e Francesca Mendolia aka Miss Paka. Nato ad Omegna come laboratorio di ricerca dedicato al gioco e alle sue diverse manifestazioni, Ludiko indaga e rivela il significato di GIOCARE/ GIOCO/ GIOCATORE. "Giocare" come elemento centrale di azione, interazione, percezione e rappresentazione. Le manifestazioni di Ludiko prendono forma imprevedibile tra oggetti, immagini, opere, video, performance e installazioni. Arianna Carossa lavora prevalentemente con installazioni, che spesso includono video e fotografie. La sua intera opera ruota intorno al concetto di decostruzione e ricostruzione. Carossa crea innovative strutture immaginarie, assemblaggi architettonici, motivati dall’ambiente urbano come luogo di continua trasformazione. Il suo sofisticato lavoro mette a fuoco la riflessione sull'oggetto, che manipola e muove, cercando di trovare un punto di ambiguità nella forma. L’artista sceglie oggetti di tutti i giorni, della vita domestica, quali sedie, tavoli, biciclette, oggetti che lei vede come rappresentazioni simboliche di un determinato contesto. Questi oggetti, non sono semplici ready-made, ma una rappresentazione dell'essere umano. Arianna Carossa ricorda l'ironia e lo spirito di un artista Pop, ma arriva a esiti minimalisti che incarnano una grande sensibilità per i materiali selezionati. Questo lavoro strutturato per B.Y.O.B Milano 2011, è una piccola sintesi video del progetto che nasce dalla precedente collaborazione con i Ludiko, che ha come tema centrale il viaggio degli argonauti, che qui diventa una riflessione ironica sugli “argonauici” ovvero sul viaggio intergalattico, espressione di un limite, un limite anche fisico sostituto della Colchide. Nel video il protagonista è U.F.O. un quasi uomo col testone completamente avulso dalla realtà, ma che della realtà ne prende i riti per cercare conforto in una somiglianza che diventa posticcia e quindi fallace.

Gennaro Cicalese, nato nel 1964 a Castellammare di Stabia. Completati gli studi di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Napoli, ha cominciato la sua attività professionale collaborando con esponenti del movimento Fluxus in Italia e Germania. Nel 1990 si trasferisce a Milano dove prosegue la sua ricerca tra pittura e azione intermediale. Oltre alla pittura a olio e al collage, comincia a sperimentare installazioni, assemblage, pittura digitale, video e animazione. Cicalese è particolarmente attento alla contemporaneità e ai processi mediatici: nei suoi dipinti confluiscono influenze che vanno dal Pop al Naif, dal Concettuale al Fluxus, amalgamate sempre con un caratteristico tocco di ironia. I suoi lavori, presenti in prestigiose collezioni italiane e internazionali, sono stati pubblicati da Interni, Flash Art, Titolo, Juliet, Kunstforum, Amica, Vogue, il Corriere della Sera, etc. In Telecar starting view$, un veicolo avveniristico esplora una rete urbana di scontrini fiscali, biglietti vidimati, ricevute, simboli esausti, etichette folkloristiche... Attraversando zone, strade, trasmissioni, si interconnette allo scenario e condivide percorsi, tracciando una sorta di cartografia della dimensione virtuale collettiva.

Girolamo Marri, nato a Roma nel 1980. Vive e lavora a Shanghai. La pratica di Marri può essere sintetizzata in "performance", abusando il termine per classificare il lavoro che nasce da una vibrante interazione tra le persone o tra le persone e l'ambiente circostante. L’artista basa tutta la sua poetica sul rapporto che cerca di instaurare col proprio pubblico e con la gente con cui collabora. A Marri non interessa offrire un prodotto finito da ammirare passivamente, ma necessita di un forte coinvolgimento da cui dipende l’esito stesso del lavoro. La ricerca si incentra su nozioni che sono al tempo stesso intime e universali, quali l'identità, l'insicurezza, la violenza, instabilità, e soprattutto l'ambiguità intrinseca di forme di comunicazione. Il tutto sempre condito con l’intelligente ironia che distingue la sua produzione. Il passaporto Italiano è uno dei migliori al mondo e permette facile accoglienza all’estero. Eppure, spesso è un peso difficile da sopportare. “Ci sono giorni che il passaporto Italiano sembra decomporsi tra le mie dita. Ci sono giorni che vorrei mangiarlo e digerirlo. Ci sono giorni che vorrei semplicemente farlo sparire e non parlarne mai più. E’ un impeto incoerente o un moto ondoso che mi spinge verso, contro e lontano dal mio Paese. Fiero dell’Italia ma non degli italiani” GM.

Sebastiano Mortellaro, nato a Siracusa nel 1974. Vive e lavora a Siracusa. Il lavoro di Mortellaro si ricollega fortemente al territorio siciliano, alla Trinacria, alla serra, alle tradizione, ai costumi, all’antico, per arrivare a un contenuto che diventa un messaggio universale in grado di varcare i confini dell’isola stessa. Come altri lavori ideati in questi ultimi anni, 675/96 è un video che come sfondo ha la Sicilia e i problemi legati ad essa; in particolare qui si allude al cancro per antonomasia di questa terra, “la mafia”, e se ne parla in maniera ironica. Non necessariamente si deve parlare di un problema in maniera drastica, l’ironia è il mezzo che riesce e smorzare la drammaticità di qualsiasi cosa. Una figura ripresa di spalle, una posizione che si ricollega ai “pentiti di mafia” e che crea una certa suspense; le ombre sulla parete di fondo danno una maggiore forza a quello che potrebbe venire fuori dalla bocca di questa donna. Ma non emerge nessun racconto sanguinario, semplicemente la ricostruzione in maniera dettagliata della realizzazione dell’arancino, tutti i vari passaggi per arrivare alla fase conclusiva, quella della frittura, tutto espresso in dialetto siracusano. Allo stesso tempo ne viene fuori una bella sfida: l’individuo che deve in un secondo tempo, immaginato fuori dal video, annientare a suon di morsi questo involucro di riso per arrivare al nucleo, al ragù. Con questo si allude al siciliano che dovrebbe liberarsi di questi chicchi, intesi come omertà, non relazione, non ricerca, rassegnazione, per poi arrivare al succo e cioè a quella libertà che per decine o centinaia di anni è stata compressa da un’impanatura di silenzi.

Sabrina Muzi, nata a San Benedetto del Tronto nel 1964. Vive e lavora a Bologna. Sabrina Muzi indaga il rapporto tra soggettività e l'ambiente naturale e sociale, nell’intento di creare immagini e situazioni che portano lo spettatore a un coinvolgimento empatico ed emozionale. La sua ricerca si concentra su elementi che provengono dalla quotidianità e dal mondo organico e naturale che, attraverso azioni performative, installazioni, foto e video, suggeriscono la visione di un immaginario surreale, dove emerge un senso di precarietà. Ninetta è un lavoro che nasce da una ricerca iconografica e storica sulla figura di prostituta. Si sviluppa come una performance urbana ambientata in un preciso periodo storico, la fine degli anni Cinquanta in Italia e la legge Merlin. La figura di Ninetta incarna lo stereotipo di alienazione decadente, eppure al contempo è anche colei che dispensa preziosi momenti di familiarità e intimità, attraverso l’insolita vendita di un bacio.

Maria Pecchioli, nata a Firenze nel 1977. Vive a lavora tra Firenze e Milano. La sua ricerca si muove attraverso tecniche ed esperienze diverse, dalla fotografia alla pittura, dalla video installazione alle performance collettive, alle attività curatoriali. Il processo è teso a registrare e narrare l'aspetto grottesco e contraddittorio del reale, attraverso la costruzione di realtà parallele e paradossali, che investono uno spazio emozionale legato all’esperienza diretta col mondo, alle potenzialità da esso espresse e al connubio costante tragico/poetico, ironico/meschino caratterizza il quotidiano. Attraverso visioni futuribili e percorsi mnemonici l’artista applica un utilizzo libero dei materiali, che rielaborati e mutati nel loro contesto originale creano delle visioni inaspettate e consentono una presa di posizione e coscienza fuori da logiche cognitive lineari. Un linguaggio radicale, diretto e sporco che proviene da uno scontro non filtrato con la storia. Alla base della ricerca sulla performance e più in generale in gran parte dei progetti, è sottesa l'idea della cooperazione e della condivisione; cerca la partecipazione e il coinvolgimento di figure con cui interloquire. Nasce così, per ogni progetto, una rete di connessioni con figure professionali e non, che l’accompagnano nell'evoluzione del progetto stesso e nella realizzazione dell'opera, ridefinendo, in alcuni casi, il concetto stesso di autore. Kidding Time ritrae una semplice rivoluzione nelle leggi che determinano il costante e perpetuo scorrere del tempo. L’azione rappresenta una vendetta semplice e innocua verso le regole rigide che determinano l’universo. L’uomo si impossessa delle strutture e ne ricalcola i confini e il ritmo, si prende gioco del tempo che diventa per una volta asservito all’azione stessa. La visione dunque è costruita come una breve parentesi, una rottura morbida che si manifesta come una pausa nel caos percettivo, di cui il tempo stesso è responsabile.

Natalia Saurin, nata a Buenos Aires nel 1976. Vive e lavora a Milano. Italiana di adozione, Natalia Saurin è interessata a indagare il modo in cui percepiamo la realtà, come ciascuno di noi costruisce il proprio mondo, come viviamo e come resistiamo… Il filo conduttore che attraversa tutto il lavoro di Natalia Saurin è il tema del "per sempre": partendo dalle favole fino ad arrivare a religione e mito. L’artista parte dal quotidiano, ma i risultati esulano l’ordinario. Attraverso un linguaggio apparentemente comune pare aprirsi una botola nascosta che dà su un mondo inaspettato, ma conosciuto, ricco di rimandi a miti, antropologie, detti, usi, tradizioni, religioni e soprattutto vissuti e individualità. In questo video si materializza una versione alterata della favola di Biancaneve: uno dei nani viene infatti ucciso dalla stessa icona di purezza. L’artista impersona l’alterego di Biancaneve che, dopo aver giocato a nascondino coi nani, ne uccide uno varcando quel sottile limite che separa il melodramma dalla tragedia. Esposti fin da subito all’idea di un “per sempre”, la favola diviene coccola, aspirazione e «sonno della coscienza». Un anestetico per le angosce di un futuro ignoto.

Debora Vrizzi, nata a Cividale del Friuli (UD). Vive e lavora a Roma. Diplomata all'Accademia di Belle Arti di Bologna e successivamente al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, attualmente affianca alla sua ricerca artistica, quella di direttore della fotografia nel cinema. Dalla performance alla fotografia e dalla fotografia al video, questa l'evoluzione del lavoro della Vrizzi, che ha fatto della ricerca dell'identità e dell'affermazione, l'oggetto principe della sua opera. Proponendo uno sguardo sull'ambiguità dei segni in visioni ludiche, passando da una messa in scena a priori, a una messa in scena a posteriori. Ha vinto vari concorsi, come Migliore Fotografia, Arcipelago Festival Internazionale di Cortometraggi; Magmart festival internazionale videoarte, Napoli (2010); Migliore Fotografia, Capalbio Cinema International; Pitti Immagine, IT’s Photo # Seven, Trieste (2008). Blinding Plan è un lavoro che parte da un’idea molto semplice: l’artista scatta alcune foto e gira un video all’interno del MAXXI, in seguito fa sparire le opere esposte. Le immagini sono state girate in vari musei d'arte contemporanea sia italiani che esteri, cogliendo il momento come in un reportage. Le persone che ho fotografato pertanto non sono mai in posa. Vrizzi evidenzia lo spaesamento della gente di fronte all'arte contemporanea. Gli sguardi al vuoto del pubblico denunciano l'incapacità di vedere e capire l'arte che ci viene proposta/imposta. C’è ancora molta distanza da colmare tra proposta artistica e fruizione consapevole. Cancellare le opere d'arte è dunque come sollevare “il velo di Maya”, rivelando la banalizzazione della loro fruizione. “Rimango perplesso davanti a quelle folle innumerevoli che se ne stanno, per ore e ore, in paziente attesa davanti all'ingresso dei musei per avere l'incerto privilegio di varcare la soglia di questi preziosi magazzini”... (da “L'inverno della cultura” di Jean Clear). Screening dal 10 al 25 novembre presso 杂家 zajia lab // beijing project space. A gennaio la mostra sarà ospitata presso [.BOX] Videoart project space di Milano.

Immagine: VideoArtVr_02_Arianna Carossa Ludiko_Qui si tocca_2011

Biblioteca Civica Verona
via Cappello, 43 - Verona
Proiezioni della Rassegna: il lunedì e il mercoledì alle ore 18 – il sabato alle ore 11

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