Le installazioni di Gerlach esplorano le possibilita' dello spazio instaurando un dialogo con l'architettura. L'oggetto impresso nelle fotografie di Schramm travalica il limite della cornice per acquisire una sua attitudine performativa.
Il freddo e il caldo, la sensazione tattile e quella olfattiva, sono
elementi che raramente risultano utili a definire una mostra. Tuttavia
fanno parte delle sensazioni che guidano l’individuo ad assorbire al
proprio interno la realtà e, sebbene la nostra parte razionale
riesca a suddividerle e classificarle separatamente, si può dire che ogni
tipo di approccio al mondo esteriore sia in qualche modo sinestetico. A
formare la nostra idea del mondo, infatti, sono un numero infinto e
concomitante d’informazioni che coinvolgono tutti i nostri sensi in unico
fulmineo momento.
Roman Schramm e Hella Gerlach partono da una premessa fondamentale che
considera l’occasione espositiva come un momento privilegiato per fare
esperienza diretta del luogo, delle opere, anche in quanto oggetti, ma
soprattutto dell’impercettibile compresenza di differenti sensazioni non
immediatamente riconducibili a qualcosa di fisico. I tessuti usati per le
installazioni di Hella Gerlach esplorano le possibilità dello
spazio, instaurano un dialogo con l’architettura, restituiscono un senso
d’intimità o di esclusione attraverso il gioco d’alternanza tra concavo e
convesso, tra trasparenza e opacità, tra traslucenza e saturazione. Le
piccole sculture in ceramica, che fanno capolino tra le loro pieghe
inaspettatamente, invitano il visitatore ad avvicinarsi e a fare un
ulteriore sforzo esperienziale, girando intorno all’opera, misurando
l’ambiente con la propria corporeità, facendo esperienza dei limiti fisici
attraverso la percezione e superandoli con l’immaginazione.
Le opere di Roman Schramm, invece, operano una traslazione attraverso la
quale la realtà quotidiana viene riproposta come categoria estetica, in una
pratica che ha senz’altro molto in comune con il ready-made, ma che fa un
passo ulteriore nella testimonianza della presenza dell’artista in un
determinato luogo. L’oggetto che sembra trattenuto e impresso per sempre
nella fotografia travalica il limite della cornice per acquisire una sua
attitudine performativa ed un nuovo valore di “messa in scena”,
nell’accezione adoperata da Gernot Böhme nelle sue considerazioni
sull’estetica. Lo scopo principale della fusione delle due pratiche
artistiche nel modulo che costituisce il Museo Apparente è dunque quello
di creare un’atmosfera, in cui le individualità scompaiono a vantaggio di
una dimensione unica che porti il pubblico a fare esperienza
dell’intangibile. Si scopre così, improvvisamente, che tutta la cura
dedicata al dato materiale di ciò che si viene invitati ad esperire ha
invece una tensione verso una sfera della conoscenza del tutto
inafferrabile a livello puramente oggettivo.
estratto da 'Attenzione: la percezione richiede impegno' di Nicoletta
Daldanise.
Opening Venerdì, 26 Ottobre dalle ore 18:00.
Museo Apparente
vico Santa Maria Apparente, 17 Napoli
su appuntamento
Ingresso libero