L'artista ha creato una nuova lingua, con 39 simboli (grafemi) a cui corrispondono 39 suoni (fonemi), quasi come nuovo codice dell'arte, potendo diventare, metaforicamente, uno strumento linguistico-visivo universale.
David Reimondo ha utilizzato per anni il “pane” come strumento del suo percorso artistico. Il pane si presta a una molteplicità di rimandi simbolici e metaforici: metafora del “consumo” e soprattutto simbolo del “corpo” sia in senso religioso-metafisico sia in senso principalmente organico, vitale/nutritivo e molto altro ancora. Il pane come “corpo” era uno dei valori principali indagati dall’artista e anche il corpo (non solo umano) con le sue mimiche, comportamenti, posizioni è uno dei principali e “naturali” strumenti di comunicazione.
Il nuovo progetto di David Reimondo vuole unire in un completa armonia la profondità dell’idea e l’impianto scenografico dell’opera stessa; pensiero e forma, oltre alle grandi valenze concettuali, possiedono un notevole fascino estetico.
Pur essendo un lavoro totalmente diverso e innovativo nel suo percorso, possiede legami con la sua produzione precedente come l’uso di “unità basilari” che si aggregano per creare un organismo più articolato e le metafore/strumenti del linguaggio e della comunicazione. Dopo il “corpo” (indagato con l’uso del “pane”) ora l’oggetto d’indagine principale è il “pensiero”.
L’artista ha creato una nuova lingua, con 39 simboli (grafemi) a cui corrispondono 39 suoni (fonemi), quasi come nuovo codice dell’arte, potendo diventare, metaforicamente, uno strumento linguistico-visivo universale. E infatti la lingua e il linguaggio sono tra gli strumenti principali per trasmettere il “pensiero”, quindi il dialogo e la conoscenza. Il lavoro è un organismo completo, ma possibilmente aperto a ulteriori sviluppi compositivi, organizzato in 7 “sequenze” o “stazioni” tematiche e visive che unite insieme formano un percorso articolato ma unitario. In queste “stazioni” si alternano (a livello visivo, uditivo e tattile) simboli, suoni, installazioni motorie che permettono passo dopo posso di “entrare” nella nuova lingua/universo cercando di decodificarla, ascoltarla e forse infine comprenderla.
L’opera è “sinestetica” ovvero riesce a stimolare e a unire più sensi (la vista, il tatto, l’udito) armonizzando effetti caratteristici di altre forme o generi artistici come le “pratiche installative” e le rappresentazioni teatrali-cinematografiche. Il ruolo dello spettatore è “attivo” e “partecipe”, in alcuni casi può diventare quasi “co-autore” dell’opera, premendo i pulsanti per udire i suoni o componendo le parole grazie ai suoi gesti e volendo può avere attimi di concentrazione e meditazione nell’ascolto. Vi è inoltre un connubio tra la tecnologia contemporanea e alcuni mezzi o strumenti tradizionali coadiuvate dalle pratiche “manuali” e “concettuali” dell’artista.
Nuove idee e nuove forme; una nuova lingua per una nuova opera d’arte.
Inaugurazione 8 novembre ore 18
Moi
via giordano Bruno, 181 - Torino
gio-dom 12-24
Ingresso libero