Mbrujo'. La ricerca di Marco Di Giovanni si esplichera' dunque in una triplice lettura: da una parte il recupero di vecchie, agresti, tubature per l'irrigazione di una terra - l'Abruzzo - che è luogo nativo dell'artista (temporalita' della/nell'arte che consuma, modifica, riqualifica le forme); dall'altra la pianificazione di un ordito, una rete di relazioni-comunicazioni tra una realtà interna, falsata ed enfatizzata, ed una esterna, alternativamente passiva o attiva a seconda dell'arbitrio di ciascun individuo.
'mbrujò'
curatore: Alberto Zanchetta
'mbrujò', titolo della sesta personale dell'artista, propone tre diversi
ambienti espositivi.
Incentrata sul tema del viaggio, la prima sala presenta un set di valigie il
cui interno è percorso da tunnel scintillanti e da una pavimentazioni di
terra arata a zolle che risucchia lo sguardo proiettandolo in un dedalo di
cui non è dato vederne la fine. Un'appendice metallurgica, nella fattispecie
di un periscopio, fuoriuscirà invece dalla parete inglobando la testa
dell'artista che, steso sul pavimento, rischierà d'essere calpestato;
all'altro capo della stanza i suoi due scarponi - proprio come le valigie -
alluderanno a un inerte nomadismo, a uno spostamento che ha lasciato a piedi
nudi il loro possessore.
Intervenendo sulla planimetria della galleria, la seconda sala circoscriverÃ
un ambiente fittizio tale da delimitare il raggio d'azione di un gruppo di
persone che giocano a 'tre sette con il morto'. Riconfigurando gli spazi
accessibili al pubblico, Di Giovanni renderà labile il limine tra ciò che è
all'esterno e quello confinato all'interno, innescando un cortocircuito
[contro-circuito?] tra lo spiare/guardare del pubblico e l'essere osservati
dai performers, in una duplice, sincronica, sollecitazione che esige la
presenza di un quarto giocatore, quella di uno spettatore qualsiasi (nel
ruolo del 'morto'... ).
Nell'ultima sala, infine, troverà posto lo sprofondamento edilizio di un
boiler che attraversa un muro da parte a parte, come a loro modo le
strutture in ferro arrugginito che hanno contraddistinto l'opera
dell'artista ['Tubi risorti dalla terra, sporchi e pesanti, che sbucano dal
suolo o dai muri per connettere alla visione fantastica del loro contenuto;
l'universo altro a un palmo dal proprio naso'].
Ancora una volta la ricerca di Marco Di Giovanni si esplicherà dunque in una
triplice lettura: da una parte il recupero di vecchie, agresti, tubature per
l'irrigazione di una terra - l'Abruzzo - che è luogo nativo dell'artista
(temporalità della/nell'arte che consuma, modifica, riqualifica le forme);
dall'altra la pianificazione di un ordito, una rete di
relazioni-comunicazioni tra una realtà interna, falsata ed enfatizzata, ed
una esterna, alternativamente passiva o attiva a seconda dell'arbitrio di
ciascun individuo; infine la percezione, 'satinata', la monoculare visione
che contratta a pochi centimetri di diametro svela situazioni e orizzonti
stranianti ribaltandone la prospettiva, ingrandendola o rimpicciolendola,
altresì deformandola anamorficamente.
inaugurazione: martedì 10 giugno 2003 ore 21.30
orari: lunedì-venerdì 10.30/13.00 - 16.00/20.00
per informazioni: tel 051.6449845 fax 0513393794
Disponibile catalogo in collaborazione con la gall. Arte e Ricambi (VR)
sede: OTTO GALLERY, via d'Azeglio 55 - Bologna