E' stato catturato un grande animale! L'artista "si ostina a 'mettere le mani in pasta' (quella pittorica) per risucchiarci in un vortice di collegamenti e associazioni mentali in cui sembra dibattersi l'animo e la natura umana, quindi anche la bestialita' primordiale e la pulsione creativa." (A. Zanchetta)
FURIE IN TRAPPOLA
di Alberto Zanchetta
Con le mani l’uomo ha marcato la propria presenza nella storia. Una storia che è databile ai tempi dell’Homo Sapiens, giacché l’uomo di Neanderthal (pur conoscendo l’uso dei materiali coloranti) non ci ha lasciato segni di sé. Quel calco delle mani, che troviamo impresso nelle grotte, è una pietra miliare che marca le distanze, fino ai giorni nostri. Da allora la razza umana è evoluta sempre più come specie palmigrada, serbando di tanto in tanto memoria d’essere anche/ancora plantigrada; non è quindi un caso se Rilke paragonava le mani a «un delta in cui molta vita confluisce da lontane origini per riversarsi nella grande corrente dell’azione». È così che i secoli si sono avvicendati, scanditi dall’imposizione delle mani che oggi ci consentono di coltivare il mito della specie e che ci permettono di continuare a esercitare i nostri gesti.
In questo palcoscenico biologico, Paola Angelini si ostina a “mettere le mani in pasta” (quella pittorica) per risucchiarci in un vortice di collegamenti e associazioni mentali in cui sembra dibattersi l’animo e la natura umana, quindi anche la bestialità primordiale e la pulsione creativa. Il titolo che suggella questa esposizione – È stato catturato un grande animale – intende parafrasare l’agone pittorico, cimento cui nessun artista può venir meno. Nelle opere qui esposte assistiamo a una mirabile congerie di immagini che nascono e si infittiscono sotto il “segno” dell’istinto, in preda a una riottosa motilità; i termitai di figure introiettano e rigettano i colori in un incessante divenire delle forme che sono sempre, strenuamente, avvinghiate al potere rigenerante delle convulsioni pittoriche, culmine dell’esperienza (cioè del fare) e della sopravvivenza (ossia dell’opera).
Resistendo alla “tentazione del nulla” che la tela bianca impone ai pittori meno coraggiosi, il supporto diventa improvvisamente reale e denso di significati. Angelini, infatti, si è avvicinata all'intimo desiderio transferale della pittura, capace di riversare sul supporto i propri umori, e i propri patimenti. Molto più che in passato, la pittura contemporanea è insidiosa, vi si annidano una miriade di asperità, ed è quindi necessario saper domare le forze, le furie e le forme. Ma dipingere è anche un “rapimento” fuori dal tempo e dallo spazio; a questo proposito l’artista ha rivisitato lo spazio espositivo convertendolo in una scatola chiusa, di cartone, così come in una gabbia immaginaria, serraglio ove è riuscita a imbrigliare l’ars picta. Attraverso un allestimento claustrofobico, l’artista ha dato sfogo al proprio horror vacui, saturando la galleria e lo sguardo del pubblico con i suoi quadri, che sono una sorta di diorama naturale in cui è possibile respirare un sentore di alchimia (come nel dipinto Il succo per fare l’oro). Oscillando tra l’opulenza degli arazzi e le conformazioni dei caleidoscopi, Angelini continua a lottare – con i propri strumenti – per ottenere l’opus finale.
Circonfuse da un’energica espressività, quelle di Paola Angelini sono presenze intermittenti, capaci di eccitare l’immaginazione e lo sguardo, quel tanto da desiderare di vedere meglio, e di più, e ancora. Proprio per questo motivo, lo spiraglio ricavato sulla vetrina della galleria ci introietta in un mondo che brulica, si agita e si contorce, così come accade alla bestia-sedia che si aggira all’interno di questa installazione pittorica, mettendo alla prova gli incauti spettatori.
Opening venerdì 12 Ottobre ore 19.00
ARTcore contemporary art project
via De Rossi, 94 - 70122 Bari
dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 17.00 alle 20.30
sabato dalle 10.00 alle 13.00
Domenica su appuntamento.