Terre senza tempo. Una fascinazione per l'Oriente: in "Vanarasi" i colori caldi della citta' protesa sul suo fiume si coagulano in ombre appena modulate.
Non è necessario essere un critico d’arte per rendersi conto, alla prima impressione con l’opera di Teodosio Campanelli, che per quante sovrastrutture e intellettualismi possiamo imporre al nostro bisogno di creatività, “l’amor che muove il sole e l’altre stelle”, a prescindere dal tempo, sia il motore e la premessa di ogni velleità - o anelito- universale, anelito che la società globalizzata non affievolisce: semplicemente, ne trasforma forme e contenuti.
La premessa era d’ufficio per delineare due aspetti fondamentali dell’opera di Teodosio Campanelli qui presa in esame. In primo luogo, l’artista ci propone una personale di opere finite: ciò non significa, naturalmente, che tali opere si presentino come veicoli di un preciso messaggio o “lenti” di un unico punto di vista, altrimenti sarebbero immagini didascaliche che non meriterebbero la nostra attenzione; significa, al contrario, che le immagini, o meglio, le forme con cui Teodosio Campanelli ci mette in contatto sono un esito, nello stesso tempo necessario e casuale, di una sensibilità che trova in quelle immagini e in quelle forme una concentrazione di senso, di ispirazione e di volontà che non si risolve con l’opera, ma quantomeno si imprime nell’opera. Non è un caso, forse, che l’artista abbia cominciato da scultore; le stesse opere che noi oggi vediamo sono rilievi, talvolta assemblaggi, su tavola, ma in una tecnica plastica e lavorata a forza, anche nelle soluzioni più figurative; l’olio e l’acquarello consentono una leggerezza nel tratto e una disponibilità alla correzione e al cambiamento in itinere che non sembrano appartenere all’esigenza dell’artista in questo scorcio di produzione, né ai soggetti.
Un’opera, dunque, che già dal punto di vista tecnico si propone come l’impronta di una personalità, esiste già di per sé e chiede già di essere guardata, osservata, fruita, chiede tempo, apertura e libertà emotiva. I risultati di tale interazione, o meglio, di tale gioco, saranno diversi per tutti.
La seconda osservazione da rilevare non è di carattere tecnico, ma altrettanto importante, sebbene forse più opinabile. Dobbiamo infatti accennare alla possibilità di un commento poetico, infatti, il motivo risiede in un aspetto dell’opera che a scapito di ogni prudenza chiameremo ispirazione, che è strettamente legato alla scelta della tecnica e nello stesso tempo si propone come la vera cifra dell’arte di Teodosio Campanelli al di là del mero dato oggettivo.
L’artista sceglie in questa personale predilige l’oriente e i suoi echi, che sono divenuti i suoi propri, grazie alla loro storicità. La nobiltà delle rappresentazioni non risiede dunque nei soggetti stessi, ma nel lungo, intimo lavoro di ricordo e di ricostruzione spaziale e percettiva che ha seguito i viaggi e le acquisizioni dell’autore; in “Vanarasi”, ad esempio, i colori caldi della città protesa sul suo fiume benedetto si coagulano in ombre appena modulate, su cui si dispongono i singoli blocchi resi più scuri dall’intaglio, e nella loro composizione simbolica ed emotiva tali cavità sono nello stesso tempo i palazzi, le folle anonime e variopinte dei credenti, le scale sul fiume azzurro, e le impressioni dell’artista, la sua vita e la ricezione di un momento.
Non siamo davanti a un procedimento di comunicazione, ma di espressione: un certo tempo e un certo spazio dell’artista diventano nell’opera un’intimità che si confessa, un flusso che, aprendosi all’esterno in una forma, offre al fruitore infinite possibilità immaginative e suggestioni; un osservatore attento può ritrovarsi in ogni opera, in ogni soggetto, sia esso una rielaborazione fantastica del motivo ad arabesco tanto caro all’oriente, l’impressione coloristica di un certo ambiente, come il deserto, o la registrazione ermetica dello scorrere del tempo. L’osservatore si ritrova, perché il ricordo e le emozioni, nel tempo e del tempo, non appartengono esclusivamente a una sensibilità illuminata, ma sono gli strumenti naturali della consapevolezza umana della vita di cui l’artista si fa servo per suo bisogno.
Quale tipo di commento potremo riservare allora alle sue composizioni di colori e forme, in cui ciascuno si ritrova in modo unico, se non poetico? “L'arte è magia liberata dalla menzogna di essere verità”, diceva Adorno.
Teodosio Campanelli ha prodotto e continua a cercare tale magia in un coerente atto creativo.
Inaugurazione 24 novembre ore 18.00
Spazio Sette designstore
Via dei Barbieri, 7 - Roma
Orario: mar-sab 9.30-13.30 e 15.30-19.30 info: designstore@spaziosette.com