Salvatore Alessi
Alessandro Baito
Marina Berra
Fiorenza Bertelli
Ivano Boselli
Anna Cesi
Paolo Cervino
Amos Crivellari
Pasqualino Festa
Roberto Fruggeri
Michelle Hold
Claudia Margadonna
Maeva Marrone
Lorenzo Massobrio
Maria Luisa Montanari
Malu'
Anna Serafina Olianas
Gino Pigolotti
Elisabetta Piu
Maria Luisa Ritorno
Alessandro Rossi
Catherine Schmid
Maria Spinelli
Luciano Valensin
Yarmilla Vesovic
Tea Volk
Carlo D'Orta
Danilo Susi
Rossana Nuzzo
Virgilio Patarini
Premio Il Segno 2012 / Premio Man Ray Il Segno 2011. In "Tracce" 25 artisti, tra astrattisti e informali, espongono i loro lavori, mentre in "Astrattismi paralleli" sono esposte le fotografie di D'orta e Susi.
A cura di Rossana Nuzzo e Virgilio Patarini
In mostra quadri, fotografie e sculture di:
Salvatore Alessi, Alessandro Baito, Marina Berra,
Fiorenza Bertelli, Ivano Boselli, Anna Cesi,
Paolo Cervino, Amos Crivellari, Pasqualino Festa,
Roberto Fruggeri, Michelle Hold,
Claudia Margadonna, Maeva Marrone,
Lorenzo Massobrio, Maria Luisa Montanari (Malù),
Anna Serafina Olianas, Gino Pigolotti,
Elisabetta Piu, Maria Luisa Ritorno,
Alessandro Rossi, Catherine Schmid, Maria Spinelli,
Luciano Valensin, Yarmilla Vesovic, Tea Volk
La parola *traccia*, in generale, indica un segno lasciato su una
superficie da un corpo, un attrezzo, un oggetto; sotto altre sfumature di
significato, *traccia* è sinonimo della parola *segno* che indotto
dall’esterno si imprime nella sensibilità e nelle emozioni di un uomo; *
traccia* può essere lo schema, la bozza, l’idea o il concetto stesso.
La mostra “Tracce” vede la partecipazione di 25 artisti selezionati tra
quelli che hanno esposto al Premio Il Segno 2012, svoltosi a Palazzo
Zenobio, Venezia. Venticinque artisti figli di un’arte astratta e informale
ereditata dal passato.
La tematica della mostra include *tracce* per l’appunto, di stili
diversificati, di contaminazioni, e di “gesti autobiografici” che convivono
insieme in stretto dialogo.
La filosofia dell’arte informale si fonda sull’atto del tracciare il segno,
stendere il colore, dell’incidere, del graffiare, del togliere o bucare la
materia. Tale gestualità spinta dall’energia creativa dell’artista si
traduce in un senso di materialità del fare e dell’essere. L’opera
informale supera l’estetica della mimesi e - senza la mediazione di alcun
contenuto figurativo - cancella il rapporto convenzionale con la realtà,
soltanto per affermarne un altro, nuovo con le radici più profonde dell’io.
Il percorso espositivo presenta oltre 75 opere tra pittura, scultura e
fotografia: dalla pittura materica di *Lorenzo Massobrio* e *Marina
Berra*agli accostamenti eterogenei di
*Alessandro Rossi*, dagli impasti di cartapesta di *Anna Cesi* agli
assemblaggi di *Gino Pigolotti*; per poi svilupparsi nella pittura
d’azione: i grovigli di *Paolo Cervino*, i tocchi rapidi di *Fiorenza
Bertelli*, il gesto fluido di *Claudia Margadonna*, le colature e chiazze
di colore di *Malù *e *Maria Spinelli*, le ampie campiture di *Michelle Hold
*, il “raggismo” (Larionov) e dinamismo futurista di *Pasqualino Festa*.
E
poi la pittura segnica su materiali leggeri e evanescenti di *Elisabetta Piu
* e i dedali di alfabeti visivi di *Roberto Fruggeri *e* Tea Volk*; e
un’eco di Spazialismo rintracciabile nelle opere di *Anna Serafina Olianas*.
Altri artisti si sono ispirati a un astrattismo geometrico, come i coni e i
tagli di luce di *Salvatore Alessi*, le forme rigorose delle sculture
di *Marialuisa
Ritorno*, in contrasto ad altre dalle linee più morbide.
La mostra presenta, infine le “estrazioni” (Arthur Dove) di *Luciano
Valensin*, le visioni soprannaturali* *di* Maeva Marrone,* la serialità di
moduli ripetuti in bianco e nero di *Catherine Schmid*, le campiture
rarefatte di *Yarmilla Vesovic*, le intense vibrazioni delle foto di *Amos
Crivellari, *i simboli tracciati dalla luce di *Alessandro Baito*, e i
mutevoli riflessi di *Ivano Boselli.*
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Astrattismi Paralleli*
*A cura di Virgilio Patarini*
Fotografie di Carlo D’Orta e Danilo Susi.
L’Astrattismo Parallelo "ritorna" a Milano dopo l'esposizione all'Oberdan
dello scorso anno curata da Valerio Dehò.
“Per l’artista l’arte è una scoperta continua e progressiva, il vero punto
di partenza è lo stupore del mondo.
Nello stesso tempo si definisce anche
il suo rapporto con il paesaggio che non è mai semplice memoria o traccia
visiva di un’emozione vitale. Come in altre situazioni, Carlo D’Orta pone
in essere una propria visionarietà dello sguardo che è un elemento di
sintesi non solo di esperienze personali, ma anche artistiche. Si fonde
ancora di più e ancora meglio l’ intreccio tra memoria dell’arte e memoria
della vita.
Così il risultato non è mai appiattito su di un’unica
dimensione, ma assume contorni sempre diversi.
E’ il nostro Io che si specchia nella realtà: l’immagine che ritorna
indietro si modifica in questo rapporto e sancisce l’unione definitiva tra
quello che abbiamo dentro e ciò che amiamo fuori di noi. In questi lavori
scompare completamente la linea d’orizzonte, che darebbe allo spettatore un
senso di riferimento e invece si tramuta quasi in una perdita della
distanza.
Sembra di capire che l’artista prediliga rappresentare il senso di uno
sguardo che si annulla nello spazio colorato di una Natura/Architettura
vasta e sconfinata, sempre nuova perché mutevole.
Spesso in D’Orta la
fotografia ha un andamento avvolgente, come se ci fosse un movimento che
cerca di far entrare nel quadro chi lo guarda. Anche in questo caso si
tratta di paesaggi pieni di colori e di forme in movimento, si tratta di
orizzonti mediterranei suggeriti dai soggiorni italiani o spagnoli, ma non
hanno nessuna riconoscibilità precisa: non vogliono essere delle cartoline,
degli strumenti della memoria, ausili di mnemotecnica, ma note di viaggio
tra l’uomo la natura.”
“L’artista rivela e si rivela progressivamente attraverso il ruolo della
fotografia; la sua capacità non solo di rappresentare l’armonia e la
serenità dell’esistente, ma anche di cogliere la Bellezza nel semplice e
nell’abituale, lo colloca tra i ricercatori dei costituenti dell’arte.
Questi certamente rappresentano al meglio non soltanto la Vita ma anche la
capacità della Natura di essere Poesia e di diffondere colori e sentimenti.
L’artista è un testimone interessato, anzi si può dire che sia il
catalizzatore di un processo, senza di lui non ci sarebbero testimoni di
quel determinato accadimento, della normalità che si sublima e diventa
altro.
Questo tema del particolare che si fa totalità, della sineddoche, ha
costituito se non un genere pittorico nella storia dell’arte, sicuramente
un aspetto creativo imprescindibile. Danilo Susi con la fotografia lo ha
trattato in vari modi e sempre diversi, anche se estremamente coerenti.
Dalla pura rappresentazione ha saputo astrarre un processo quintessenziale,
che cercava di cogliere le sfumature di colore più intime alla realtà,
evitando forzature e stravolgimenti.”
Inaugurazione: mercoledì 12 dicembre, ore 18,30
Galleria Zamenhof
via Zamenhof, 11, Milano
Orari: Dal mercoledì alla domenica, ore 15 - 19. Lun. e mart. chiuso.
Ingresso libero