Tutto torna come dopo. L'artista tocca la materia e la rende altro da se', la de-contestualizza e la ingloba con soggetti diversi sviluppando un'opera autonoma.
a cura di Martina Cavallarin
Da mercoledì 12 dicembre 2012 Fabbri Contemporary Art espone opere inedite e installazioni project specific di Alessandro Bergonzoni.
“Dove sta scritto che tutto deve tornare come prima?
E il prima è sempre un quando, o può e deve diventare un cosa?
Pezzi: di prima, (da prima), divisioni solo cronologiche, interamente tratte, e già l’intero
sapeva d’esser fatto, a pezzi, quando lo si costruiva.....
E allora ecco l’esempio degli arancioni, delle loro lamiere e dei loro cementi, il muro
contro muro (arco di tempo circolare), grondaie da leggere, scrittura piovana (il pensiero
per l’imbuto), la parte scheletrica del volo pindarico che due finestre bloccano, tra se e
se, piccioni compresi.
Quel dopo del sismico che continua a muovere, già prima del previsto.
Si sa che i lassi staccano delle parti, e il tutt’uno è già qualcos’altro, anche appena unito.
E se l’intatto fosse un senso che non abbiamo mai avuto?”
(Alessandro Bergonzoni)
Tutto torna come dopo è la prima esposizione personale milanese di
Alessandro Bergonzoni, artista visionario, resiliente, bulimico, possente e delicato, poverista e
postproduttivo nel recupero di ciò in cui inciampa “con la coda dell’occhio” e che riabilita attraverso altre
modalità duttili e possibili. In Tutto torna come dopo le opere - che abitano tangenti i luoghi della
residualità, lo spazio delle cose e le architetture della galleria Fabbri Contemporary Art- raccontano di
vite emigrate altrove.
Nel processo di Bergonzoni la ricerca si rafforza nella resilienza, una plasticità che non intende farti
tornare come e dove eri prima, ma avanzare nel dopo, cerchio maestro di una crescita oltre a ciò che
avresti previsto. Comunque. L’Opera contiene sempre in sé, nella potenza che esprime proprio perché
Oggetto Arte, un’attesa escatologica connaturata nella sua stessa alterità liminale che si spalanca nuda
e forte alla possibilità di risorgere e rifiorire, e germogliare e germinare nuove direzioni del senso.
E lo fa
disseminando un ordine di mutamento nello stesso ordine con il quale lo speleologo, il negoziatore
Bergonzoni gestisce filari di tassidermie bloccate nella calce, organismi simmetricamente composti in
teche a temperatura calda della “vetrinizzazione dell’arte”. Parallelismo da funambolo perché il
passaggio da materiale a materiale, da vita a cristallizzazione della vita ci restituisce una replica poetica
del reale. Se i piccioni tra i molteplici livelli di grigio ci osservano più di quanto non c’è dato
comprendere, perché tornati come dopo, la scrittura di lettere battute a tastiera ci spiano dai loro anfratti
di lamiera dandoci sempre, con eleganza gentile, la percezione di arrivare prima noi alla loro ispezione.
Anche i frammenti di muro strabici e dissimmetrici sono contrazioni jazzistiche incollate a un altro muro,
come una stratificazione coatta di poetica di mescolamento che Alessandro Bergonzoni ci segnala di
continuo e con insistenza per evidenziare spazi e luoghi che abbiamo già abitato, quei muri squarciati di
case mai davvero possedute.
Le conseguenze dell’impatto con il suo lavoro lasciano tracce da interpretare, macchie e lettere e buchi
di ferro corroso consistenti come aloni sottili che contaminano il bilico della soglia per guadagnare più
distanze con il solo gesto atletico di un muscolo che si torce.
Quella dell’artista bolognese è una pratica contemporanea che viene da lontano, da un uso consueto di
raccogliere e ammucchiare, dalla polvere, dai macchinari industriali e dalle macchinazioni mentali.
L’artista tocca la materia e la rende altro da sé, la de-contestualizza e la ingloba con soggetti diversi
sviluppando un’opera autonoma, straordinariamente altra, contrastante il suo passato e sbilanciata nel
presente. Tramite queste fusioni Bergonzoni sottrae cose divenute già archeologie di se stesse
all’ulteriore fluire dei tempi e alla loro funzionalità, in un processo conservativo che li eleva al grado di
opera d’arte che è di per sé parossismo dell’apparenza rispetto al valore originario.
In questa mostra da annusare e accarezzare Alessandro Bergonzoni genera un cortocircuito dolce,
ancora un Tutto torna come dopo colmo di una leggerezza che è in verità simulazione, eccesso di più
verità e per questo colta solo dalla mano agile e sapiente dell’arte, ma donata come un fiore reciso che,
come ogni essere vivente, ambisce a tornare come dopo.
Martina Cavallarin
Catalogo: con testo di Martina Cavallarin
Inaugurazione: mercoledì 12 dicembre, ore 18.30
Finissage: Martedì 5 febbraio alle 18.00. Martina Cavallarin presenterà il catalogo della mostra insieme all'artista
FABBRI c.a.
Via Stoppani 15/C, Milano
Orari: tutti i giorni 15.30 – 19.30; mattina su appuntamento, domenica e lunedì chiuso
ingresso libero