Figura muraria immaginata. Attraverso il processo di pareidolia si trovano volti, strani animali, bocche aperte, che sorridono o che urlano. Poi mappe con isole e mari e paesaggi di pianeti alieni.
A cura di Enrico Maddalena
Wim Wenders scriveva in “Una volta” – Francoforte 1993:
“Si pensa sempre che ciò che viene strappato al tempo si trovi davanti alla macchina fotografica. Ma non è del tutto vero. Fotografare è infatti un atto bidirezionale: in avanti e all’indietro. Certo, si procede anche “all’indietro”.
Il paragone non è poi tanto stravagante. Come il cacciatore appoggia il suo fucile, mira alla selvaggina davanti a lui, preme il grilletto, e quando parte il proiettile viene spinto indietro dal contraccolpo, così anche il fotografo viene risospinto verso se stesso premendo il dispositivo dello scatto. Una fotografia è sempre un’immagine duplice: mostra il suo oggetto e – più o meno visibile – l’immagine di colui che fotografa”.
Perché questa citazione a proposito delle fotografie di Bruno? Nel dicembre del 2011 girovagava con la sua Nikon fra i vicoli del Borgo Antico di Città Sant’Angelo. Anziché dagli angoli pittoreschi, è rimasto affascinato dalle forme e dai colori di mura scrostate.
L’uomo comune guarda compiaciuto ciò che è nuovo, lindo; storce le labbra di fronte al vecchio ed al consunto. Non è così per il fotografo. Un muro intonacato di fresco, liscio ed uniforme, non racconta nulla. Diviene interessante solo dopo che il tempo lo ha trasformato, consumato, ne ha sollevato e scolpito la superficie. Un muro vecchio è come il volto di un anziano, ricco di rughe che raccontano la storia di una vita.
Scattare foto ad un muro è allora un puro esercizio di documentazione? La foto è solo una impronta, una fotocopia di ciò che è davanti all’obiettivo? Assolutamente no ed ancor meno per immagini dal contenuto astratto come queste. Dal generale Bruno è passato ad isolare dei particolari, a porre le forme in una precisa relazione con i bordi del quadro, a costruire lo spazio fotografico che è cosa ben diversa dallo spazio referenziale da cui ha origine.
È una attività creativa perché il senso di ciò che viene prodotto è dato da ciò che abbiamo incluso e da ciò che abbiamo escluso, dalla composizione, dall’accostamento di zone cromatiche diverse, dall’attenzione posta a forme e linee che, isolate dal tutto, acquistano un loro significato.
Quando guardava attraverso il mirino, Bruno in fondo guardava in se stesso, nei ricordi, nelle emozioni e scattava quando ciò che era all’esterno entrava in sintonia con ciò che era all’interno dell’anima.
La fotografia è un esercizio sensoriale ed introspettivo. Lo è non solo per l’autore ma, particolarmente in immagini come queste, anche per il fruitore. Una specie di “macchie di Rorschach” utilizzate nei test psicologici proiettivi.
Nelle colorate immagini di Bruno ritroviamo, per un processo che viene chiamato “pareidolia”, volti, strani animali, bocche aperte che sembrano voler dirci qualcosa, che sorridono o che urlano. In alcune sembra di vedere delle mappe con isole e mari. In altre la distanza fra microcosmo e macrocosmo si annulla e si possono scorgere paesaggi di pianeti alieni con crateri e forme geologiche complesse.
Buon viaggio.
Inaugurazione: Sabato 5 Gennaio alle ore 18,00
Corte de' Medici presso Casa Mannucci
Via Roma 142, Montevarchi
Orario di apertura dal martedì al sabato: mattina 9,15-12,45, pomeriggio 16,15-19,45
Ingresso libero