Autoportraits / Une semaine de malice. Una raccolta dei 'pezzi' che compongono la quotidianita' dell'artista senza che egli stesso sappia bene dove/come/quando accade quel che accade. A cura di Roberto La Carbonara.
A cura di Roberto La Carbonara
Deliberata intenzione di nuocere, fare del male - “fare qualcosa con m.” Conoscenza ed esperienza di ciò che è male - “un bambino ancora senza m.” Tendenza a vedere il male anche dove non c’è - “allusioni piene di m.” Allusione erotica sotto un’apparente ingenuità - “occhiate cariche di m.” Astuzia, furberia - “convincilo, usa un pò di m.” Si inaugura il 16 Gennaio 2013, nello spazio City Art di Milano, la personale dell’artista FANUCCIO. La mostra è un autoritratto clandestino. Una raccolta dei “pezzi” che compongono la quotidianità dell’artista senza che egli stesso sappia bene dove/come/quando accade quel che accade. Fanuccio raduna le sue “cose”, gli oggetti di lavoro e di svago, di uso domestico e di carattere intimo, quelle che servono per viaggiare e quelle che lo trattengono in un posto, a sorvegliare il mondo fuori. Une Semaine de Malice (contravvenendo alla “Semaine de Bonté” con cui Max Ernst aveva nominato la cartella dei lavori prodotti nel suo indimenticabile viaggio in Italia) è il diario di vita di una settimana affatto significativa, apparentemente normale. Accade tuttavia che l’artista trascorra questo tempo a trasportare qua e là i frammenti che compongono la normalità, scortandoli presso i luoghi e i contesti che rendono pubblico il proprio passaggio (nei giorni precedenti la mostra, Fanuccio documenta fotograficamente le proprie azioni e lascia tracce di vita - fiori e frutti - in tutti luoghi segnati dal proprio passaggio). E accade inoltre che ogni frammento, ogni oggetto e ogni lascito, appaia improvvisamente impersonale, violato nella possessività di colui che solamente ne possiede accesso. Ed ecco venir fuori la piccola, ingenua malizia, la “deliberata intenzione di nuocere, di fare del male”: Fanuccio colloca oggetti vivi, biologici, “freschi”, vicino alle cose perdute, perché tutto lentamente si consumi e marcisca, perché tutto quanto è stato allontanato da sé possa perire lontano da sé. Salvo che non sia egli stesso, l’artista, a cambiar l’acqua ai fiori, ad imporne di nuovi, a comprare le arance e i limoni, banane verdissime, angurie. E tutto ciò per fare del mondo un viaggio perenne, sempre in cerca di un’identità distribuita in mille luoghi. Nel corso della mostra, lo spazio si trasforma in una vetrina di interiorità. Ogni opera è un sedimento temporaneo eppure monumentale, in virtù dei valori affettivi e memoriali che hanno intenzionato i gesti e le scelte dell’artista. L’operazione, pertanto, configura l’ipotesi di un paradosso relazionale fortemente egoico, pubblico sebbene intimo, imperscrutabile ed inalienabile.
A chiusura della mostra il 2 febbraio ore 17 ci sarà "the Cavatelli Incident?" "Nulla che non s’abbini alle mie scarpe!" workshop di Michele Ardito
Per prenotarsi e maggiori info tel.3283412474.
Inaugurazione: 16 gennaio, ore 18
City Art
via Dolomiti, 11- Milano
Apertura: mer/sab, 15-19 o su appuntamento Via Dolomiti 11, 20127 Milano [MM TURRO]