Bertasa e' un hacker della comunicazione artistica nella difficile operazione di far avanzare l'arte oltre i confini in cui e' rinchiusa. Finelli dipinge ispirandosi al cinema noir degli anni '40.
Fausto Bertasa
Fausto Bertasa ha fatto entrare nel suo laboratorio mentale gli scenari tipici di popoli, merci, contratti, viaggi, per cercare dietro le parole e le immagini i segni di un dialogo, e di un universo, che va ben al di là di noi stessi e della nostra immaginazione sulla comunicazione dei saperi e l’avvicinamento a culture sconosciute. Bertasa, ben conscio che l’attività artistica, oggi, è sempre più messa in angolo – fatta eccezione per quella dei “divi-fenomeno” celebrati dal mercato – ha deciso, con un notevole margine di anticipo rispetto ad altri, di dialogare con computer, reti a fibre ottiche, multimedialità insomma, ma anche con icone che portano in superficie situazioni di marginalizzazione di certe popolazioni oggi a rischio di sterminio, come una sorta di hacker della comunicazione artistica, che tenta la difficile operazione di far avanzare l’arte oltre i limina dell’omologazione, oltre i confini in cui è stata rinchiusa negli ultimi decenni, per muoversi parallelamente al progresso tecnologico della società, non rinunciando peraltro a quelle caratteristiche di riconoscibilità necessarie per trovare una collocazione giusta nell’universo di quella pittura in cui Bertasa continua pervicacemente a credere, perché la spinge continuamente a rifondarsi e autoanalizzarsi, perché crede che la pittura può ancora oggi essere uno dei luoghi nei quali incontriamo “qualcosa”, e ci invita a farne esperienza (Marisa Vescovo).
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Pietro Finelli
La pittura di Pietro Finelli è “scrittura colta”; non nell'accezione, tuttavia, di quanto s'intende, comunemente, nella storia dell'arte. Con quest'affermazione, infatti, non mi riferisco a quelle tendenze diffuse negli anni ottanta del secolo scorso note come Anacronismo,Pittura Colta, né alludo, al tempo stesso, alle evidenti incursioni nella letteratura e nel cinema compiute dall'artista - come sa bene chi segue da tempo il suo lavoro - quanto alla capacità da parte di Pietro, di dar vita ad un linguaggio incentrato sugli strumenti peculiari del dipingere. Penso, a riguardo, sia alla qualità del suo tratto pittorico evidente nella raffinatezza del bianco e del nero lontana eco di Goya e di Manet sia alla scala dei grigi che sfumano nel verde tipica di una tavolozza ricorrente, tra il XVII e il XVIII secolo, in molte opere di area fiamminga, francese e anglosassone. Infine, e certo di non secondaria importanza, mi riferisco alla capacità di realizzare una pittura che non solo s'impone nello spazio ma che diviene, essa stessa, generatrice di spazio. Come traspare, evidentemente, da questo ciclo recente dedicato al cinema noir statunitense degli anni quaranta del Novecento. (Gabriella De Marco)
Inaugurazione 81 gennaio ore 18
Centro Civico Culturale
vicolo Bicetti, 11 - Treviglio (BG)
Ingresso libero